Prendi la recensione di MiTo scritta da Allan Bay per il Corriere della Sera.
Quella in cui l’autore di molti bestseller culinari interrogandosi sull’invasione dei sushi bar a Milano, visita appunto MiTo, acronimo per Milano Tokyo, piccolo locale fedele ai modelli giapponesi, sushi bar sì, ma con in lista anche piatti caldi come il tempura e specialità coreane.
“Sta in via Cagnola, dove una volta c’era il Desiderata, un ristorante vegetariano. Lo hanno voluto Lee Heejung, coreana, arrivata a Milano per studio e qui felicemente rimasta, e Katsurashima Masakazu, giapponese del Giappone, arrivano per fare il sushi man nel 1990 e attivo in questi anni in tanti locali, da ultimo allo Zen“.
D’accordo, direte, ma per quale motivo resuscitare una recensione di qualche tempo fa, e perché proprio MiTo, il micro ristorante giapponese di Milano?
Perché da quelle parti è passata Selvaggia Lucarelli, icona social, penna acuminata e di recente esperta di beghe meneghine legate ai ristoranti, vedi il caso Ricci Milano.
E il suo giudizio si allontana da quello di Allan Bay.
Se il critico si sofferma sul bancone dietro il quale lavora Katsurashima, sullo stile spartano ma curato, sulle lavagnette con disegni che spiegano alcune preparazioni, senza dimenticare le proposte canoniche di sushi e sashimi, l’onnipresente soia particolarmente leggera, profumata e poco salata e le birre Kirin e Sapporo, Lucarelli sulla sua pagina Facebook se la prende con i post-it.
Per la precisione con la famigerata sequela di post-it piazzati all’ingresso del locale, dal contenuto certo poco invitante nonché scritto in un italiano zoppicante.
Qualche esempio? Ce n’è per tutti:
per gli intolleranti: “Chi soffre l’allergia alimentare è meglio non entrare perchè non vogliamo essere causa di vostro malessere (poi sinceramente ci rompe)”
per gli ittiofobici: “Assolutamente vietato entrare chi non mangia pesce!”
per i fissati della linea: “Hai poca fame? Non entrare qua”
e via discriminando. “No take away, NO carrozzine!” (ma quali carrozzine, per disabili, per bambini?)
fino al risolutivo: “Chi fa foto ai post-it è deficiente”. E grazie tante.
Ora, la questione può essere affrontata in diversi modi. Ad esempio, si può dire che stando alla legge un pubblico esercizio non può vietare l’ingresso a intere categorie di persone. E più in generale che la scarsa cortesia, peraltro espressa con molte sgrammaticature, non è sintomo di una gestione illuminata.
“E’ l’atteggiamento altezzoso e controproducente diffuso oggi a Milano”, si legge in un commento al post di Selvaggia Lucarelli.
Ecco, rileggendo Allan Bay sul Corriere viene da chiedersi: possibile che oggi a MiTo, ex “sushi bar a regola d’arte” sia rimasto soprattutto quello?
[Crediti | Link: Corriere Milano, Facebook. Immagini: Facebook]