I ristoranti sono un po’ come le squadre di calcio. Ci solo quelli che militano nei campionati minori: rendono allegre le domeniche del campetto vicino a casa, fanno felici parenti e amici.
Poi ci sono quelle che provano a diventare grandi ma sono agli inizi: diciamo la serie B.
Poi ci sono i ristoranti maggiori, le squadre importanti: la serie A.
Infine c’è la crema della crema, quelle che stanno proprio in cima alla piramide, che hanno un respiro internazionale. Nel calcio sono i club che giocano la Champions. Nella ristorazione sono i locali che godono di buona reputazione non solo nel nostro Paese, ma nel mondo.
Per un ristorante italiano affacciarsi sul mercato internazionale non è facile. A maggior ragione se è piccolo. Stare sulla ribalta globale vuol dire parlare le lingue, viaggiare, farsi conoscere, partecipare ai convegni, vincere dei premi, dedicarsi alle consulenze, fare una cucina convincente per un italiano come per un giapponese.
Sono pochissimi quelli che ce la fanno. E da ieri c’è n’è uno in più.
Vi scrivo infatti da Londra dove questa sera verrà svelata la classifica OAD-Opinionated About Dining, inventata dall’americano Steve Plotnicki nel 2004 e gemmata in Europa nel 2012: da allora con un complesso algoritmo che somma i voti di centinaia di gastronomi, pensandoli a seconda dell’autorevolezza del votante, Plotnicki crea una classifica Top100+ (perché in realtà arriva fino a 200).
La classifica 2018 verrà svelata stasera. Ma ieri sera sono stati presentati i “New to the list”, cioè i ristoranti entrati nella Top100 per la prima volta. L’anno scorso Luigi Taglienti e il suo Lume non solo furono New to the list, ma anche l’ingresso più alto nella classifica.
Quest’anno su 13 novità, una sola è italiana. Ed è… rullo di tamburi… Giuseppe Iannotti del Kresios di Telese Terme.
[Il Buonappetito: meglio se cucina lo chef o la mamma dello chef?]
Il Kresios è un gioiello inaspettato: chi c’è stato lo sa. Inaspettato perché Telese è nella campagna verso Benevento, non esattamente via Montenapoleone. Inaspettato perché il Sannio è terra di grande cucina ma super-tradizionale: nelle cucine si mangiano i peperoni ripieni e i cicatielli, non si sperimenta granché.
Invece, in mezzo a questa Italia italianissima, c’è un’oasi di contemporaneità che dimostra un’audacia difficile da trovare anche nelle grandi città italiane. “La verità è che io i clienti me li devo conquistare, devo convincerli a sfidare tutti i disagi che ci vogliono per raggiungermi”, scherza Iannotti, mentre assieme agli altri 12 “newcomers” prepara la cena di festeggiamento alla OAD Kitchen (il piatto migliore sarà la trota del tedesco Felix Schneider, del Sosein Restaurant di Heroldberg).
“L’Italia è un po’ ferma. Sono pochi i cuochi che hanno in testa un concetto, un’idea di cucina. Non parlo di storytelling, ma proprio di progettualità.” dice Iannotti, mostrando le foto del suo LAB, un nuovo spazio dentro al ristorante di Telese che sarà una sorta di test kitchen per lui e per altri cuochi.
Sbruffone? Iannotti è così, dice pane al pane, è sicuro del proprio potenziale, ma chi abbia provato il ristorante sa che sotto il fumo è tutto arrosto: locale condotto alla perfezione, il tocco del sommelier Alfredo Buonanno, forse il più grande talento della propria, giovanissima, generazione, un menu da 36 portate buone, divertenti e tecniche servite come un orologio.
Del resto se questa sera è qui a Londra, unica novità italiana, c’è un perché.
Ci sentiamo domani sempre dall’Inghilterra, con tutte la classifica 100+ Europe, chi vince, chi perde, chi sale, chi scende.