Come già accaduto per altri ristoranti di cui abbiamo parlato, anche Ai Mercanti si trova a pochi minuti da Piazza San Marco e dal centro turistico di Venezia ma riesce a nascondersi sufficientemente bene da risultare immune da certe dinamiche legate al passaggio di massa.
La meta turistica più vicina è Scala Contarini del Bovolo, un capolavoro di avvitamento in altezza che non si può certo considerare una delle attrazioni in cima alla lista per chi visita la città (ed è un gran peccato). E così, in una corte (Corte Coppo) che sembra farsi set cinematografico, ecco un luogo che bisogna cercare apposta o nel quale ci si imbatte solo se si sbaglia percorso.
La storia del locale
Il locale odierno è il risultato di una evoluzione misurata e ponderata e frutto di un passaggio generazionale compiuto con intelligenza e senza cesure, anzi con un affiancamento tuttora presente, e che rappresenta uno dei punti di forza del luogo. Aperto nel 1980 vicino al mercato di Rialto – da Nadia Locatello con il marito Diego – con cucina tradizionale e mescita, nel 1996 vede un cambio di sede che lo porta nell’attuale indirizzo e che segna una prima svolta: la cucina passa nelle mani di Nadia, che imprime un indirizzo preciso. Sorvolando sugli ormai triti interventi circa una presunta “mano femminile in cucina” (alla stregua di quella invisibile di Adam Smith), la capacità di Nadia è quella di cogliere il cambiamento, affinando ricerca e tecnica, fermandosi un attimo prima del tecnicismo.
Nel 2013 un altro passo, ancora una volta capace di cogliere mutamenti e suggestioni: il locale, guardando all’esperienza delle bistronomie d’oltralpe – il merito in questo caso si deve al figlio di Nadia, Simone – vira verso una formula che mescola gourmandise e accessibilità (sia economica sia dell’ambiente), ricerca e apertura al pubblico, in modo privo di narcisismo.
Ai mercanti diventa così la “gastrosteria Ai Mercanti”, strizzando l’occhio da un lato alla rivisitazione contemporanea dell’osteria (che se ha abbandonato le tovaglie a quadretti, o piuttosto, direttamente le tovaglie, trova nella lavagna con piatti ed etichette scritti con il gessetto uno dei suoi must have), dall’altro guardando alle evoluzioni della tecnica, alle influenze orientali e alle riletture della tradizione, in una cornice complessiva che fa del livello dei prezzi (estremamente competitivo considerata la posizione) un tratto distintivo.
Una sorta di benvenuto non solo economico ma soprattutto gastronomico e culturale, verrebbe da dire, sia per i locali che per i turisti.
Ambiente e servizio
Se della posizione defilata s’è detto, quello che coerentemente con le intenzioni conferma la volontà di offrire ai clienti un contesto accogliente, intimo e rilassato sono i soffitti bassi, il bancone all’ingresso, le luci soffuse, che trasformano ogni tavolo in uno spazio quasi privato, i toni neri/scuri che giocano in contrasto con le applique da muro (firmate Catellani & Smith) rivestite in foglia d’oro, ed in generale un’atmosfera che se rimanda all’idea del bistrot – complici le bottiglie di vino sistemate all’inizio del breve corridoio che conduce alla cucina, con lo sfondo dei mattoni faccia-vista – accenna anche ad atmosfere che rimandano al jazz, con le due piccole sale nelle quali non ci si stupirebbe di trovare, accanto ai tavoli, un trio e musica dal vivo.
Parte integrante di una sosta ai Mercanti è il servizio di Simone, al quale si deve in primo luogo una carta dei vini che è un manifesto di ricerca volta alla “collezione” di etichette provenienti da realtà artigianali di tutta Italia e o oltre (in particolare, Francia), ed in secondo luogo un servizio che non si limita ad essere una guida enologica ma un’interpretazione di quanto contenuto nella bottiglia al pari di quanto preparato nei piatti dalla cucina. Preciso, travolgente, non parco di parole, Simone riesce a restituire l’anima del luogo senza tuttavia sovrastare i clienti.
La cucina e i piatti
Se variazione stagionale del menu, riletture svecchiate e accostamenti creativi sono ormai tratti caratteristici che si assumono come acquisiti, l’identità di un luogo è data allora dalla capacità di rielaborarli dando loro un senso e non riducendoli a somma, facendo invece in modo che ogni ingrediente sia valorizzato, riconoscibile e non confuso. La carta dei Mercanti si muove con disinvoltura tra riferimenti tradizionali locali e nazionali, accostamenti che occhieggiano ad Oriente (sia per l’uso di ingredienti che per preparazioni) e solide colonne portanti oltre che veri comfort food (è il caso dell’hamburger, il cui destino è slegato dalla presenza turistica ed è scelto frequentemente dai “locali”, e dell’uovo “all’apparenza croccante con spuma di patate e alici”).
Si coglie piacevolmente il numero contenuto delle proposte (4 o 5 per sezione), per cifre più che corrette: gli antipasti sono tra i 14 ed i 16 euro, i primi tra i 12 ed i 16 euro, i secondi tra i 23 ed i 26 euro ed i dolci tra i 9 e i 10 euro. Tra gli antipasti, la scelta cade sullo sgombro leggermente affumicato, caprino e pesche, probabilmente il miglior piatto della serata ed un vero e proprio palleggio di sapori e consistenze tra la morbida carnosità dello sgombro, ingentilito ed esaltato dalla freschezza acidula delle pesche e dalla loro croccantezza da una parte, e dal caprino dall’altra, il cui acidulo viene reso in toni vellutati. Menzione per l’affumicatura ben calibrata, ad esaltare e non a coprire. Semplici e golose le fettuccine al burro di acciughe, limone e crumble di grissini al timo, che giocano su pochi ingredienti e usano sapientemente grassezza, sapidità, torni agrumati e croccanti per invogliare al boccone successivo.
Nettissimi i sapori dell’ombrina, accompagnata da insalata iceberg bruciata, piccadilly e polvere di capperi. Cromaticamente bilanciata, ritrova lo stesso equilibrio al palato, con la delicatezza del pesce pronta a ricevere la spinta sia dalla salinità dei capperi, sia dalla carnosità dell’iceberg bruciata. Tra i dolci, ormai vero signature è la variazione di cioccolato, che ha il merito di costruire una declinazione di consistenze e sapori che, tra crumble terrosi, assaggi cremosi, bocconi che pretendono il morso, riesce non solo a non rendere stucchevole un dolce al cioccolato a fine di un intero pasto (dovremmo dire cioccolati, tra fondente, latte e gianduia) ma anche a evitare il cul de sac dei tortini, (troppo cotti effetto muffin, colanti-crudi o solo crudi).
Opinione
Una “gastrosteria”, che porta a Venezia la dimensione del bistrot d’Oltralpe, combinata a riletture della tradizione, tecnica governata con mano intelligente, influenze orientali. Ai Mercanti, a pochi minuti da Piazza San Marco, è un indirizzo di interesse in città che dimostra sia come i passaggi generazionali possano trasformarsi collaborazioni energiche più che risolversi in conflitti ma soprattutto che permette ti godere di una cucina dinamica, curiosa e piacevole.
PRO
- Perfetta corrispondenza tra atmosfera del luogo e piatti
CONTRO
- Mancanza di uniformità nel servizio di piatti, che tra forme tonde, rettangolari, quadrate e colorate, risulta un po' caotico