Conosciamo tutti il vecchio mantra della politica sulle colpe dell’amministrazione precedente, ma a parlare con Stefano Cigarini c’è da riscontrare una dose di pragmatismo ben lungi dalla retorica che non convinse di FICO Eataly World, l’impresa più ambiziosa del patron di Eataly, che ci riprova. Al netto del silenzio stampa, degli ingressi assai inferiori alle aspettative, dei ristoratori che hanno abbandonato la struttura.
Un nuovo amministratore delegato, 30 nuove attrazioni, la suddivisione in 7 aree tematiche, 26 ristoranti e street food, 12 fabbriche con show multimediali, una fattoria: la mega scommessa di Oscar Farinetti e Coop riapre così, dopo una ristrutturazione da 5 milioni di euro e 6 mesi di lavoro.
Fico riparte, il 22 luglio, dagli scivoli maccherone e da una forma di formaggio alta sei metri, promettendo 1 milione di visitatori annui contro i sei annunciati nel 2017 e dalle parole di Cigarini si evincono, chiaramente, due intenzioni: rifocalizzare Fico, trasformandolo (questa volta davvero) in un parco divertimenti “da gustare”, e ridimensionare.
Perché è stato scelto lei?
È la domanda che mi sono fatto anche io, che non distinguo una verza da un cavolo. Quello che credo di aver sviluppato professionalmente è la capacità di costruire esperienze. L’ho fatto nella musica, facendo il direttore marketing da Universal in poi, l’ho fatto per la Ferrari La scelta è ricaduta su una persona che potesse tradurre concetti alti in attività, esperienze ed emozioni. Mi hanno scelto accettando il mio “difetto”: continuerò a fare l’ad di Cinecittà World.
Quanto è difficile la sfida che si trova ad affrontare?
Devo trasformare Fico da parco del cibo a parco delle persone, renderlo coinvolgente. Ed eliminare l’effetto “lezione fuori dalle aule”, partendo dal presupposto che non si insegna niente dicendo esplicitamente che gli si vuole insegnare qualcosa. Non ti devo spiegare cos’è il formaggio, devo fartici entrare dentro, che tu sia un bambino oppure no. Insomma, voglio prendere la visione di Farinetti (che resta valida, anzi, il parco del cibo italiano è l’uovo di colombo) e realizzarla, seppur senza benchmark, senza esempi da copiare. La sfida è grossa, ma si consideri anche che Fico è una start-up con 3 anni di vita al netto della chiusura per Covid, tecnicamente molto innovativa e senza precedenti. Nessuno direbbe che Gardaland sia un insuccesso: ebbene, quel parco ha 50 anni di vita e dopo tre era un accrocchio di giostrine.
Difatti i numeri non sono un granché, fotografando la situazione pre-Covid
Nel 2018 Fico fece 38 milioni di fatturato, finendo più o meno in pareggio. Nel 2019 perse 4 milioni di euro, fatturando 30 milioni. Da manager non mi sembrano brutti numeri per il secondo anno. Il problema è sempre il mix tra le aspettative che si creano e risultati che si portano. Qualcuno ha detto faremo “milioni e milioni di visitatori”.
Stiamo dando la colpa a Farinetti? Gli articoli più recenti parlano di 5 milioni di visitatori raggiunti dall’apertura, ma è il pronostico che lui fece su base annua.
Invero parlava addirittura di 6 milioni di visitatori l’anno: Oscar è assolutamente consapevole di averla sparata grossa, ma è altrettanto consapevole che nessuno fa risultati più grandi del sogno che ha avuto. Il problema è a monte: si era fatto un piano prevedendo 1 milione e 800 mila turisti stranieri, che corrisponde a 9000 aerei. Ripeto, 25 aerei al giorno che atterrano all’aeroporto Marconi di Bologna. Se lo immagina? Uno scenario davvero irrealistico.
Okay, un problema di aspettative, ma anche un problema di percezione. Lei stesso ha dichiarato a Il Sole che “era percepito come un mega ipermercato”. Cito testualmente?
Testuale. Sia chiaro, gli ingredienti c’erano tutti (giostre, fabbriche multimediali, animali, giostre multimediali, gli operatori) ma mancava una regia, qualcuno che li mettesse a sistema. Penso alle fabbriche (una grande intuizione!) erano quasi sempre chiuse e passandoci davanti, per quanto fossero in funzione, non si capiva nulla dai silos attivi. Ci volevano show multimediali al termine dei quali gli operatori aprissero le porte.
E poi era un posto troppo serio, didascalico e accademico, per quanto il concept fosse generico. Era dispersivo e poco interattivo: abbiamo ridotto e rimodulato gli spazi, completato e riprogettato i padiglioni multimediali, includendo tutta l’offerta Luna Farm, messa in piedi con un leader del settore come Zamperla. 30 attrazioni incluse nel biglietto d’ingresso.
Ecco, il biglietto. È chiara l’intenzione di rendere Fico, finalmente, la Disneyland del cibo (d’altronde s’è mai visto un parco divertimenti gratuito), e se posso permettermi, quando l’ingresso è gratis, mi si vuole per forza vendere qualcosa. Ma non sarà respingente, a questo punto?
In un posto come Fico non si può andare da visitatori passivi. Se non si paga, non si cercano le cose interessanti. E i dati che abbiamo raccolto parlano chiaro. Prima si entrava gratis e si pagava tutto (parcheggio, giostre multimediali, oltre ovviamente ai ristoranti e alle degustazioni) e le attività collaterali penetravano pochissimo. Solo il 2% dei visitatori facevano il tour guidato, per dire. La permanenza media era di due ore: ebbene, considerando che l’80% delle persone mangiavano pranzo o cena a Fico, a conti fatti, rimanevano nella struttura tra la mezz’ora e i 40 minuti. I feedback migliori ci sono arrivati dagli utenti più “evoluti”, che hanno pagato e sono rimasti. I visitatori non paganti erano meno soddisfatti. Value for money, come si dici.
So bene che in termini di visitatori i numeri saranno abbattuti, per quanto il biglietto sia economico: 10 euro per le 30 attrazioni, il tour guidato e il parcheggio. A 19 euro si hanno, in più, 4 degustazioni a scelta o, in alternativa, un corso su pasta, pizza, vino, gelato o mortadella).
Fico diventerà una meta, a prescindere da Bologna?
Non automaticamente, ma ha la finalmente sua chance di diventare meta turistica proprio in virtù del biglietto, e non è solo una questione di pubblico svogliato o curioso: Fico, gratis, era invendibile. C’è tutto un mondo, che in Italia rappresenta il 14% del PIL, che un motivo economico per considerare FICO appetibile. Pensiamo ai tour operator e agenzie di viaggio, ai portali online, che da settembre proporranno il nostro biglietto.