“A causa di spiacevoli inconvenienti dovuti alla mancanza di educazione dei genitori, in questo locale non è gradita la presenza di bambini minori di 5 anni lasciati allo sbando”.
Dite la verità: quanti di voi leggerebbero con piacere queste parole all’entrata del ristorate in cui si stanno recando, magari in dolce compagnia, pregustando una dolce e romantica cenetta a lume di candela?
Invece spesso vi siete beccati nell’ordine: bambini urlanti e piangenti in ogni dove, passeggini e carrozzine spinti quasi in braccio, urla di richiamo di genitori che lungi dall’idea di alzare il didietro dalla sedia continuavano a mangiare pensando di placare le piccole bestioline schiamazzanti con un semplice urlaccio gettato da un capo all’altro della sala.
E ovviamente, guai a dir qualcosa: vi sareste beccati le giuste ire dei genitori lesti a ricordarvi che razza di individuo spregevole siete, pronto a sfogare le frustrazioni personali sulle piccole perle che vi corrono tra i piedi facendovi andare di traverso il boccone di risotto mantecato al timo fresco e a monte la tranquilla e romantica cenetta.
Ma finalmente qualcuno, tempo fa, aveva pensato anche ai sacrosanti diritti e alla tranquillità di coloro non dotati di figli.
Questo qualcuno è il titolare del ristorante La Fraschetta del Pesce, che un paio di anni fa aveva esposto all’ingresso del suo locale un cartello che informava senza mezzi termini, con le parole riportate all’inizio di questo post (visibile anche nel sito del ristorante), che i bambini alla sbando non erano graditi nel locale.
Apriti cielo! Cori unanimi di sdegno erano seguiti alla bieca iniziativa, arrivando persino all’apertura di una pagina Facebook chiamata “Far chiudere La Fraschetta del Pesce di Casal Bertone“.
Insomma, quando già ci eravamo rassegnati alla scomparsa di ogni locale “bimbo-free”, e conseguente tranquillità, ecco comparire, alcuni giorni fa, segnalato da Il Post, un articolo del Wall Street Journal che è parso a molti di noi come una boccata di ossigeno.
Si evidenzia infatti che la singolare iniziativa del ristoratore di Casal Bertone, singolare non è affatto, e che anzi in Germania i locali vietati ai bambini, o “kinder verboten” sono una realtà diffusa e popolare.
Il gruppo di hotel TUI, per esempio, vieta l’ingresso ai bambini in ben 250 dei suoi 300 alberghi presenti nel mondo, mentre il gruppo Thomas Cook tra il 2013 e il 2015 ha raddoppiato la presenza di questi locali, per un totale di 198 strutture alberghiere vietate ai bambini.
Addirittura è stato creato un sito, da parte di tal Renè Weiss, chiamato “Urlaub ohne Kinder” e dedicato esclusivamente alla ricerca di hotel kinder-verboten, con ben 672 strutture attualmente elencate, molte delle quali a Maiorca, meta in cui evidentemente i bambini sono considerati, più che in altre, un disturbo e un impiccio per coloro che non siano i rispettivi genitori.
Molto variegati sono i divieti nonché le età minime dei pargoli per poter accedere a strutture quali piscine, aree benessere e ristoranti, che vanno dai 14 ai 16 anni. Una politica che già negli anni ’70 era stata intrapresa da Club Med, celebre tour operator, e in seguito dalla catena Sandals, che aveva creato i primi “pacchetti vacanze” indirizzati agli adulti.
Tornando alla Germania, occorre segnalare che è uno dei Paesi maggiormente attenti alla questione generale dei rumori e che fino al 2011 le urla dei bambini erano considerate “dannose dal punto di vista ambientale” (come dar loro torto).
Come risolvere allora la questione, tra coloro che giustamente reclamano un po’ di tranquillità durante il pasto, soprattutto quando questa tranquillità è pagata, spesso a caro prezzo, e i genitori che vorrebbero godersi una serata in famiglia tutti assieme, pargoli compresi?
Intanto a questi ultimi consigliamo di leggere le soluzioni in genere adottate per limitare i danni.
In Italia si segnalano anche posti dove le famiglie con pargoli ricevono offerte ad hoc. Va forte soprattutto il brunch: i bambini mangiano cotoletta con patatine e poi via nell’area gioco, e i genitori sorseggiano pacifici un bloody mary, attendendo i grassi saturi.
Al brunch del San Vittore di Milano i pargoli hanno a disposizione animatrice, truccatore, mago e burattini. Al Bar del Fico di Roma i piccoli vengono impegnati a fare collage e cake design (!). Al Ketumbar giocano e disegnano in un bel contesto e Al Rec 23 si meritano addirittura ponti tibetani e scivoli.
L’equazione e semplice ma da non sottovalutare: fai felici i bambini, fai felici i genitori, e loro fanno felice te prenotando e riprenotando insieme agli amici e pargoli
Ma cosa ne pensano loro, i diretti interessati, i bambini? Se a noi può far piacere andar fuori a cena per gustare vivande raffinate o comunque diverse dal pasto casalingo, possiamo esser così certi che questo nostro piacere non corrisponda invece a una noia mortale nella mente delle piccole creature, che reagiscono nel modo che è loro proprio, cioè con giochi, corse e urla?
Ecco, forse è questa la chiave per risolvere la questione: i bambini non sono un pacco da trascinarsi appresso, volente o nolente, senza badare alle loro giuste esigenze: qualche decina di euro, una volta ogni tanto, da corrispondere ad una fidata baby – sitter, oppure il ricorso a nonni, zii o parenti vari, possono essere la giusta soluzione per mettere d’accordo tutti: genitori, single e anche bambini.
Perché dove vige il buonsenso, non vigono i divieti.
[Crediti | Link: Il Post, Wall Street Journal, Dissapore]