Ci siamo abituati. Eccome, se ci siamo abituati a non abituarci. Perché i ristoranti stanno cambiando, lo sappiamo bene.
Anche i fast food stanno cambiando. Abbiamo visto la svolta salutista di McDonald’s Next, abbiamo visto le sue app e l’imminente food delivery.
Ricordate Ichiran, la catena di ramen bar dove si mangia da soli? Ecco, moltiplicate lo sgomento e avrete Eatsa, il nuovo fenomeno, adorato da molti, che si sta prendendo Manhattan.
Il cibo, da Eatsa, innovativa catena di ristoranti automatici che ha appena aperto il primo locale a New York, si ordina grazie a delle colonnine collocate in una lato del locale, mentre i piatti vengono serviti in una specie di cubo di vetro.
Il cliente è libero di aprire questo cubo e di servirsi da solo. Nessun cameriere a porgere il piatto, né tantomeno a spiegarlo.
Meno costi, più scena. Zero rapporti umani.
Dopo averne sentito tanto parlare, quelli del sito americano Mashable, assai coraggiosi o, più banalmente, misantropi, hanno deciso di provare il nuovo Eatsa a Manhattan.
L’impressione entrando da Eatsa è quella di aver messo piede in una galleria d’arte: gli occhi sono attratti dai colori sulle pareti che sembrano enormi tele di arte contemporanea, e l’orecchio si fa trasportare dalla musica in filodiffusione.
Niente, insomma, che richiami immediatamente l’idea di ristorante.
Qua e là, perfettamente mimetizzati nell’ambiente, si possono scorgere le “mascotte”, così Eatsa chiama il suo personale pronto ad assistere gli avventori, in caso di necessità.
“Siamo qui per aiutare i clienti durante tutti i passaggi di un pasto da Eatsa”, dice Scott Bruggman, un trainer della società.
Sul lato destro del locale ricoperto da pannelli di legno ci sono le colonnine per scegliere i piatti del menù.
Su quello sinistro invece sono disposti i tavoli: se ne trovano anche per gli inguaribili socievoli, razza umana ormai in via d’estinzione che si ostina a conversare con qualche sparuto vicino.
Ma è in fondo al locale, la vera magia: una parete fatta di cubi elettronici trasparenti che, man mano, rivelano le pietanze ordinate in precedenza.
Il menù di Eatsa è strettamente vegetariano: insalate, beveroni, estratti di frutta e verdura, primi piatti a base di riso e piatti etnici come hummus e falafel.
Dopo aver pigiato le preferenze sullo schermo della colonnina, queste vengono processate. E mentre sono in preparazione, il nome dell’ordine appare sui cubi vetrati a cui fare riferimento per il ritiro.
Poco prima che il pasto sia pronto, Eatsa gioca sull’effetto sorpresa: il cubo diventa misteriosamente scuro, per non svelare ciò che sta accadendo in cucina. Non appena compare la scritta “It’s coming” –sta arrivando– il cubo può essere aperto battendoci sopra le nocche un paio di volte.
Molte persone si sono divertite a fantasticare su cosa ci fosse dietro a questo singolare sistema di ordinazione e preparazione del cibo. Una lunga catena di cuochi? Dei robot?
Insomma: niente personale, niente interazione. E’ morte delle relazioni sociali?
Marsh, direttore marketing di Eatsa, sostiene che il sistema lascia più opportunità e tempo per socializzare:
“Noi impieghiamo solo tre o quattro minuti per servire il pasto. Il resto del tempo è per le interazioni sociali.”
E quindi, i ristoranti del futuro saranno improntati su questo modello? Forse. Ma qui, francamente, si fa il tifo perché accada il più tardi possibile.
[Crediti | Link e Foto: Mashable]