Ironia? Ma sì, un intento comico c’è, ma è difficile non leggere qualcosa di più profondo nel nuovo spot di Rio Mare. La “battaglia” sul cibo dei gastrofighetti contro quello delle famiglie che non arrivano a fine mese è freschissima, e il tonno in scatola italiano più popolare di tutti l’ha abbracciata in pieno. E lo stile è quello di chef Rubio che, nella sigla di Camionisti in Trattoria, si mostrava stufo e intollerante nei confronti degli “stellati” (per poi trovare sollievo e soddisfazione nei ristoranti alla mano): in questo caso si passa al livello superiore, perché è addirittura un critico gastronomico a rifiutare l’alta ristorazione, un professionista del mestiere. La beffa migliore è quel “sapore autentico” associato al tonno in questione, per di più in antitesi con il fine dining. Sinceramente, parlare di un tonno in scatola e di sapore autentico puntando sul cliche dello stellato pretenzioso e di poca sostanza è una cosa che nel 2024 non dovrebbe accadere.
Il critico gastronomico che preferisce il tonno in scatola: addirittura?
Un conto è se a suggerire il tonno in scatola come emblema di semplicità e autenticità sono Antonella Clerici o Benedetta Rossi, un altro è se a farlo è un critico gastronomico. Si tratta di una pubblicità ovviamente, ma il messaggio è forte e chiaro. Soprattutto, è sempre quello: non la coesistenza pacifica e su due binari paralleli (e che è giusto che rimangano tali) bensì l’eterna lotta tra alta cucina e cucina casalinga. Se Rio Mare pensava di dare al proprio prodotto un valore aggiunto, facendolo preferire a un “critico”, il messaggio purtroppo passa in secondo piano. Fin qui l’ironia può essere passabile.
Tuttavia, la scelta di parole che accompagnano lo spot ufficiale sul canale Youtube ufficiale del brand è davvero poco felice nonché la prova che di ironico e innocente qui c’è ben poco: “Spesso, i sapori autentici sono molto più appaganti di preparazioni inutilmente complicate“. Cosa può significare quel “inutilmente” complicate se non l’ammiccare a un concetto veramente ignorante di alta ristorazione e che spera di incontrare il plauso dei “con-5-euro-nella-locanda-sotto-casa-mangio-il-triplo”?
La cucina stellata non propone sapore autentici
Conclusione dello spot: “Rio Mare, a un sapore così non serve altro“, con tanto di cucina da casa al mare e solita tavolata luminosa e informale in veranda (ambiente ben diverso dal freddo e artefatto e grigio stellato, no?) con amici e parenti e i filettini perfetti di tonno adagiati su avocado e pomodori. Il fatto che un addetto ai lavori sia saturo del proprio lavoro e cerchi vie d’evasione quasi paradossali è una cosa comprensibilissima (chi non ha mai vissuto tale sensazione?). Peccato che questa storia non parli solo di evasione personale bensì generalizzi esplicitamente, associando autenticità e sapore a una menzogna: il tonno in scatola è autentico e gustoso, non quello che propinano a caro prezzo gli stellati e che nemmeno il critico comprende ormai più, i sapori veri sono altri.
Come affossare la cultura culinaria in 30 secondi
Comprendiamo che l’alta cucina e il fine dining siano un mondo lontanissimo e spesso incomprensibile, soprattutto in un Paese come l’Italia che è stato letteralmente plasmato sul concetto di nonna che prepara pasta e sugo a mano, e sulla retorica dei “sapori autentici” con cui le ultime generazioni sembrano essere tutte cresciute. La nostalgia, il passato che era meglio, il cibo in casa che è tutto più vero, e così via. Il desiderio (quando non è bisogno inconscio) di avvalorare questo stile di vita è sacrosanto, a patto che si porti rispetto per tutti gli altri aspetti della gastronomia e della cucina. E Rio Mare non porta rispetto anzi muove un’acida critica camuffandola con ironia e simpatia.
Tra le pietanze sottoposte al critico possiamo riconoscere uno stile senza dubbio “stellato”: salse, composizioni minimali, forme cubiche, miniature studiate, giochi che coinvolgono il commensale in prima persona (come il dessert da consumare dopo un colpo di martelletto). Compare persino una nuvola rosa che ricorda tantissimo uno dei famosi dessert dei Cerea, il tristellato Da Vittorio in provincia di Bergamo, e che potrebbe essere un “tributo” anche alla nuvola di Jordi Roca. Insomma Rio Mare si è davvero impegnato molto per rendere l’alta cucina insopportabile e, soprattutto, per svuotarla di ogni significato culturale.