Male, ma non malissimo. Si potrebbe riassumere così il Rapporto 2023 dell’Osservatorio Ristorazione, spin-off dell’agenzia RistoratoreTop realizzato in collaborazione con istituti di ricerca, associazioni di categoria e banche dati. Sopravvive, in sostanza, chi si adatta ai cambiamenti forzati in quello che viene definito Darwinismo Ristorativo e che ha visto il settore della ristorazione far fronte, nel 2022, non solo alla crisi energetica ma a numerose problematiche.
Quello appena trascorso è stato un anno di record negativi, che però ha anche inviato segnali incoraggianti come quello relativo alla spesa alimentare fuori casa che si attesta intorno agli 88 miliardi di euro, ossia il +3% rispetto al 2019 anno dell’ultimo record positivo di 86 miliardi di euro.
E seppur qualcosa si muove, i segni di un settore in forte crisi (anche identitaria) non sono pochi: il saldo negativo più alto di sempre tra le attività iscritte alle Camere di Commercio e quelle cessate (-17.168), ma anche la storica diminuzione dell’1,40% delle imprese attive che passano dalle 340.610 alle 335.817 invertendo un trend di crescita pluriennale.
Le criticità del settore
Nel 2022 il 71% dei ristoratori ha dovuto far fronte a problematiche improvvise come l’aumento dell’energia e delle spese legate all’acquisto delle materie prime: questo nell’82% dei casi ha decretato l’aumento dei prezzi finali al cliente. Secondo un’indagine di Plateform, legata ai ristoranti appartenenti al suo circuito, la difficoltà principale per il 36% dei casi è stata proprio rappresentata dai rincari di gas e luce. Il 22% ha risentito in misura maggiore dell’aumento del costo delle materie prime, il 29% dell’assenza di personale, il 15% per la mancanza di liquidità e solo il 6% ha sostenuto di non aver riscontrato problemi.
Il risultato finale è stato dunque che nel 2022 sono fallite, cessate o diventate inattive 26.856 attività: si potrebbe dire che nell’ultimo anno un ristorante su 100 ha chiuso i battenti.
C’è poi un dato interessante, e critico, legato alla ricerca di personale. Come nel 2021 il 76% dei ristoranti ha perso figure professionali in sala e in cucina ed è interessante vedere a cosa si debbano questi problemi. In seguito a un’indagine a risposta multipla, in sede di colloquio, il 58% delle risposte lamenta l’assenza di candidature in risposta ad annunci, il 39% segnala il “no show”, il 38% evidenzia come i candidati si rifiutino di lavorare la sera, nel weekend o nei festivi, mentre il 20% chiede di lavorare senza contratto. E lo scenario non tende a migliorare se si pensa al dimezzamento, in sei anni, delle iscrizioni nelle scuole alberghiere, a sottolineare che, tra le nuove generazioni, aleggi una disillusione generalizzata in un settore che, messo negli ultimi anni sul piedistallo del successo anche grazie a trasmissioni tv come Masterchef, sembra sempre più in caduta libera.
Tendenze: vince il passaparola
Va anche detto, però, che ci sono trend positivi che devono fare riflettere un settore in profondo cambiamento. Assodato il fatto che gli italiani amano viaggiare per vivere esperienze gastronomiche, vediamo come avvengono le scelte dei locali. Nell’era dei social media e della comunicazione costante e ossessiva, ecco che il 46,5% dei clienti arriva nei locali attraverso il passaparola. Sì, avete capito bene. Il buon Google ne porta il 14,5%, il 13% arriva dal passaggio diretto davanti all’insegna, il 10,5% da Tripadvisor e solo l’8,5% e il 7,5% provengono, udite udite, rispettivamente da Instagram e da Facebook. Ma tutta questa ostentazione visiva e questa sovraesposizione mediatica, allora, a cosa serve?
I ristoratori investono molto sul web per far conoscere la propria attività: il 97 e il 94% su Facebook e Instagram (ma qui c’è qualcosa che non torna), l’83% su Google My Business, il 62% su Tripadvisor, il 60% su Whatsapp il 52% usa le newsletter e il 14% TikTok. E se il 4% sceglie Telegram, il 25% resta fedele alla comunicazione cartacea.
Sicuramente la tecnologia gioca un ruolo sempre più cruciale nel settore della ristorazione: il 93% dei ristoratori utilizza software di cassa, il 25% controlla food cost con programmi specifici, il 19% gestisce il magazzino in modo digitale, il 18% utilizza autorisponditori e il 14% usa sistemi informatici per delivery e take away. Va anche detto che il 43,07% dei clienti prenota online, ma il 46,22% usa ancora il telefono e il 10,51% entra nel locale perché di passaggio. La tecnologia insomma vince, ma non ancora tra le abitudini dei clienti.
Un ultimo dato curioso, solo 9 clienti su 100 frequentano abitualmente gli stessi ristoranti: il 91% non si fidelizza e vuole fare nuove esperienze. Tra questi il 33,19% frequenta locali della medesima provincia ma non vicino a casa, il 18,96% cambia regione e l’8,08% proviene da un altro Paese.
Conclusioni
Il 2022 è stato dunque un anno che ha visto aumentare i fatturati e la spesa fuori casa, ma diminuire la frequenza di fruizione dei ristoranti e il loro numero. Questo ha portato a meno attività sul mercato, ma più preparate e predisposte al cambiamento costante che crisi economica, post pandemia e guerra hanno inevitabilmente riversato sulle tasche dei consumatori e sulle attività della ristorazione che resta un piacere, ma non un bene primario.