Il mare da una parte, le colline dall’altra. Ci sarà pure un motivo se Bolgheri, in provincia di Livorno, dà vita ormai da anni ad alcuni fra i vini più famosi d’Italia e del mondo. Terra fertile e ricca di opportunità, è recentemente diventata protagonista anche di uno dei progetti di cucina ancestrale più interessanti della Toscana: Podere Arduino.
Un vero e proprio “farm to table”, che si sviluppa lungo otto ettari di terreno tra la produzione di olio 100% bio monovarietale, oltre 500 piante di frutta e verdura, l’allevamento di capre e pecore e un orto con numerose coltivazioni, molte delle quali autoctone.
Podere Arduino è l’isola felice di Fabrizio Bartoli e Martina Morelli: lo spazio dove coltivare il loro amore, così come la loro dedizione alla terra, l’aria, il fuoco e l’acqua. Lui, ex triatleta professionista, ma anche geologo e quindi amante della natura in tutte le sue forme. Oggi è proprietario, chef e “fattore”, nonché ricercatore seriale di sapori. Dopo la sua carriera sportiva, che l’ha portato a guadagnarsi un posto come primo italiano sul podio di una gara dell’X-Terra World Tour Triathlon, e una serie di spedizioni geologiche e alpinistiche in Himalaya, è tornato a casa, nelle terre di suo nonno Arduino, per portare avanti il sogno di una vita: unire la tradizione agricola toscana a una cucina di alto livello. Il suo lavoro di ricerca culinaria si evolve quotidianamente negli orti della sua azienda, grazie anche ai suggestivi viaggi che ogni inverno intraprende alla ricerca di nuove ispirazioni con la sua anima gemella Martina.
Lei, compagna nel lavoro e nella vita di Fabrizio, si è invece laureata in Scienze Motorie e, dopo una carriera da allenatrice di ginnastica artistica e ginnastica posturale, ha deciso di concentrarsi sul suo percorso personale. Dal 2011 ha lasciato l’Italia e vissuto per lunghi periodi in giro per il mondo: Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa… Qui ha scoperto la sua passione per l’outdoor, dedicandosi alle più svariate attività sportive o lavorative a contatto con la natura, come il surf, lo yoga, i multi-day hikes, la permacultura e la coltivazione biodinamica. L’incontro con Fabrizio l’ha portata a tagliare il traguardo di vivere la natura in tutti i suoi aspetti, costruendo un progetto “circolare” che parte dalla terra e ritorna a essa nel modo più naturale possibile.
È proprio intorno al concetto di “rigenerazione”, d’altronde, che Podere Arduino in questi anni ha costruito un ecosistema equilibrato, dove la natura nasce, cresce e si rigenera, mentre ogni specie, varietà e animale racchiuso al suo interno contribuisce al benessere collettivo. Uno spazio che Fabrizio Bartoli e Martina Morelli, insieme al loro giovane e numeroso staff, hanno deciso subito di condividere con gli altri, facendo rete con le eccellenze del territorio e sviluppando due proposte differenti in quanto a ristorazione: la formula più “semplice” dell’accogliente Bolgheri Green, che ospita ogni giorno centinaia di ospiti per pasti light e aperitivi toscani da tutti i punti di vista, e l’esperienza di degustazione, più avanzata ed elaborata, di Osteria Ancestrale. Il comun denominatore tanto è sempre lo stesso: tutti gli ingredienti arrivano dai campi, di recente anche dagli animali (latte, formaggi freschi, uova…), di Fabrizio e Martina. Persino i panificati, realizzati coi lieviti madre gelosamente custoditi e tramandati dalle precedenti generazioni Bartoli.
Quante volte oggigiorno sentiamo parlare (a sproposito) di cucina ancestrale? “Che appartiene – scrive l’Enciclopedia Treccani – o si riferisce agli antenati, trasmesso dagli antenati”. Un significato ripreso alla lettera da Fabrizio, che nella sua osteria sperimentale e vegetariana ha fatto una scelta etica, sostenibile e consapevole: cucina quello che si autoproduce e, soprattutto, cucina senza utilizzare il gas, avvalendosi del solo fuoco in ogni sua sfumatura e declinazione: fiamma, brace, plancha, griglia, sotto cenere, affumicatura, essicazione… Pensate a tutti i metodi di cottura col fuoco (ma senza gas) che vi vengono in mente: ecco, li ritroverete uno per uno in questo ristorante immerso letteralmente nella natura, al cui centro regna sovrano un ulivo piantato tanti anni or sono da nonno Arduino in persona. Un’altra connessione, seppur diversa, con gli antenati.
Proprio così l’handicap iniziale di non avere a disposizione il gas nel suo ristorante fatto quasi interamente di legno (gran parte dell’arredamento vede pezzi costruiti artigianalmente dal fabbro e dal falegname del paese, utilizzando legno di rovere di recupero) è ben presto diventato la chiave della cucina essenziale e autentica di Osteria Ancestrale. Ancestrale, appunto, perché guarda al passato con stile e metodologie vintage ma comunque contemporanea, legata intrinsecamente e non solo figurativamente alla terra: la struttura del ristorante è infatti ancorata al terreno con il sistema Geofix, che prevede delle viti di ancoraggio in acciaio zincato che non necessitano di opere murarie in cemento.
E tutta quest’ancestralità, oltre che reale, è convincente sia dal punto di vista tecnico sia da quello del gusto. Ben presentata e abbinata a una carta vini fortemente toscana, la cucina di Fabrizio Bartoli va oltre lo storytelling delle fiamme, scoppiettando come un fuoco ardente proprio grazie alle sue inedite risorse. Se la plancha è in grado per esempio di offrire verdure succulente dalla duplice consistenza, in cui la buccia sarà croccante ma il cuore rimarrà tenero (come antipasto troviamo non a caso un lampascione, ovvero una cipolla selvatica, fermentato e cotto alla plancha con un chutney di mela), la griglia offre cotture forti e decise, col massimo contrasto tra la buccia della verdura arrostita – cotta direttamente dalla fiamma – e l’interno simile allo stato naturale. L’affumicatura, realizzata con legna aromatica e le potature di olivo, permette di aggiungere profumi e aromi prima del termine della cottura, mentre l’essiccazione serve a dar vita a nuovi sapori e conservare la frutta anche fuori stagione. Senza dimenticare le cotture sotto cenere (nel menu c’è un porro fresco cotto appunto sotto cenere, ripieno di crema di porro e ginger, abbinato a un porro in carpione e marinato con nocciole tostate, serviti entrambi con granita di limone e basilico) e addirittura sotto terra (fra i secondi merita una citazione anche la barbabietola cotta nella terra del podere, servita con crema di mandorle tostate, burro montato al ginger, brodo di gelso nero; per finire, gelato all’olio di oliva su pelle di barbabietola). Ciò che resta crudo, invece, è appena stato colto dal campo: penso ai micrortaggi da gustare crudi o in pinzimonio con Ardito, l’olio extravergine del podere, monovarietale 100% frantoio. Detto più brevemente: i piatti di Osteria Ancestrale mi hanno riportato all’essenza della vita, così come del cibo e della terra stessa.
Chiamatela ancestrale o più semplicemente vintage, etica, coerente. Chiamatela un po’ come vi pare, fatto sta che la proposta di Osteria Ancestrale e del suo eclettico chef rispetta la storia, il pianeta e l’evoluzione dell’essere umano facendo di una mancanza (l’impossibilità di portare il gas al ristorante) la sua più apprezzata virtù. In questo modo si guarda sì al passato, ma con tanta voglia di cambiare il futuro. Anzi, il presente.