Cosa manca davvero alla cucina stellata italiana rispetto a quella francese

Cosa ha da invidiare la cucina stellata italiana a quella francese? Il respiro internazionale, sicuramente.

Cosa manca davvero alla cucina stellata italiana rispetto a quella francese

Ieri, a Metz, la Guida Michelin ha avuto la sua cerimonia più importante, quella di casa sua. Quella che da sempre premia più chef e ristoranti (la Francia è naturalmente leader nel mondo), e quella che fa anche discutere di più, se non altro per la sua storicità, che comporta ogni tanto anche delle cadute esemplari e particolarmente rumorose.

Dunque non è poi così inaspettato che, al solito, il paragone con l’Italia sia per nulla premiante per il nostro Paese: a parte il premio di consolazione di uno Young Chef Award finito nelle mani di una connazionale, all’Italia rimane sempre la consapevolezza di essere un passo (un grande passo) indietro l’eterna rivale calcistica e gastronomica.

I conti, ribaditi ieri a Metz, sono qui a dimostrarlo. E poco importa se siano giustificati o meno, se siano frutto del campanilismo degli ispettori Michelin o dell’effettiva superiorità dei ristoratori e degli chef di Francia: la Michelin è ancora la guida più influente di settore, e rimanere così tanto indietro rispetto ai vicini d’Oltralpe è uno smacco difficile da digerire. Il conto finale, per la Guida Michelin Francia, è di 31 ristoranti con tre stelle Michelin (di cui due nuovi), 81 ristoranti con due stelle Michelin (nove nuovi) e 542 ristoranti monostellati (di cui 57 nuovi). In Italia, invece, il conto 2025 si ferma a 14 tre stelle Michelin, 38 due stelle e 333 una stella.

Ma la verità è che la grande differenza tra ristorazione stellata francese e italiana non è (solo) numerica.

La cucina internazionale, grande assente italiana

sushi yoshinaga parigi

A scorrere i nomi premiati in Italia e quelli premiati in Francia si nota subito una grande differenza: in Italia, tutti (o quasi) i ristoranti stellati propongono una cucina italiana. Tradizionale, innovativa, rivisitata, contemporanea, storica: non importa che genere di italianità esprima, ma è comunque frutto di una mente italiana, di materie prime locali, di uno chef italiano, per quanto magari ispirato da influenze estere.

La Guida Michelin 2025 in 5 argomenti perfetti per risultare brillanti al bar La Guida Michelin 2025 in 5 argomenti perfetti per risultare brillanti al bar

Mancano quasi del tutto le cucine di altre nazionalità, che invece riempiono la guida Michelin francese, che premia – tra gli altri – un ristorante messicano (Oxte a Parigi, una stella Michelin), un ristorante greco (Mavrommatis, sempre a Parigi), un ristorante peruviano (una stella Michelin anche per Miraflores, a Lione), un ristorante thailandese (L’Orchidée ad Altkirch). Ci sono cuochi egiziani (Omar Dhiab a Parigi), tunisini (chef Youssef Marzouk all’Aldehyde di Parigi), israeliani (chef Assaf Granit di Shabour, a Parigi), oltre a una miriade di ristoranti giapponesi (uno dei nuovi bistellati di quest’anno è il Sushi Yoshinaga dello chef Tomoyuki Yoshinaga a Parigi), asiatici e anche italiani.

Insomma, un panorama di ristorazione dal respiro internazionale. In Italia, semplicemente, tutto questo non esiste, o se esiste non viene preso in considerazione dalla Guida Michelin. Che, nel nostro Paese, ha premiato fino a ora sempre e soltanto cucina italiana moderna contemporanea, o cucina regionale, con pochissime eccezioni (Iyo e Iyo Kaiseki a Milano; Roy Cacere a Roma, qualcosa di ispirazione più centroeuropea nel Nord-Est).

E se fosse questo, più che il campanilismo francese, a penalizzare la visione del nostro fine dining nel mondo?