Non mancano, d’estate, gli appuntamenti enogastronomici che riuniscono chef, vignaioli e produttori, sviluppandosi in più giornate e vedendo al centro dibattiti e occasioni di confronto. Tracciare un bilancio che non sia solo numerico né un mero elenco di piatti non è sempre facile ed il rischio, piuttosto, è sempre quello di restituire l’immagine di un grande ristorante a cielo aperto, in cui il cibo si prende il ruolo da protagonista, lasciando in secondo piano quello delle persone. Qualcosa di diverso, uscendo da uno schema che rischia contemporaneamente di essere sempre solo autoreferenziale o di mero godimento sensoriale è stato Roots of Excellence,che si è svolto dal 27 al 29 luglio scorsi in Alta Badia, a San Cassiano.
Cos’è Roots of Excellence
L’appuntamento enogastronomico organizzato da Ciasa Salares, hotel di riferimento dell’Alta Badia costruito nel 1964 da Hilda e Pauli Wieser, non è una novità: l’edizione svoltasi quest’anno è infatti la quarta, dopo l’ultima tenutasi nel 2019. Cinque anni sono molti nel mondo gastronomico e se il Ciasa Salares è sempre rimasto l’inossidabile cuore pulsante della manifestazione, la Siriola – ristorante fine dining del Ciasa Salares, due stelle Michelin, aperto nel 2012 – ha definitivamente chiuso proprio nel 2019, segnando la conclusione di un capitolo. Contestualmente si è assistito al passaggio di testimone da Wilma e Stefan Wieser, a Jan Clemens e Sara Wieser, che rappresentano la terza generazione alla guida dell’attività.
Un passaggio non soltanto anagrafico ma sostanziale, che si è tradotto in un cambio di passo non solo nella gestione del Ciasa e nella sua offerta ristorativa multipla (cuore è il sotterraneo Cocun Cellar – che si muove in modo disinvolto tra carne, pesce e soprattutto verdure – affiancato dal Sorì, cui si aggiungono una stanza dedicata al cioccolato ed una al formaggio, ma soprattutto una formidabile cantina che conta 24000 bottiglie e 1900 etichette), ma anche nella stessa firma apposta a Roots of Excellence.
Tre le giornate della manifestazione, ognuna dedicata ad un tema specifico ed ognuna organizzata in un contesto diverso: una tre giorni dedicata ad autenticità, sostenibilità e ricerca della qualità delle materie prime, senza limiti geografici. Ecco allora la cucina in alta quota al Piz Sorega, la cotture alla brace al Sass Dlacia, alle porte del Parco Naturale Fanes-Senes-Braies, e la collaborazione con altre realtà gastronomiche proprio al Ciasa Salares, in una sorta di festa collettiva.
Il panorama enogastronomico dal 2019 ad oggi
Al centro, esperti del settore sia nazionale che internazionale, artigiani e produttori, vignaioli e agricoltori, oltre a chef e pastry chef. Per chi ragiona in termini di numeri, eccoci: 45 produttori di vino provenienti da tutta Europa, 20 ristoranti e wine bar, 8 produttori di salumi e formaggi provenienti da tutta Europa, 7 distributori di vino. Per chi, oltre ai numeri, pesa le parole, quelle di Jan Clemens suonano come un manifesto: “Siamo felici di tornare con Roots of Excellence dopo qualche anno di stop. Il panorama enogastronomico è totalmente diverso rispetto al 2019: oggi il vero lusso è quello attento e consapevole, l’esperienza da provare è quella che può essere data solo dai piccoli produttori meno conosciuti e blasonati, che lavorano quotidianamente sulla massima qualità possibile. Con Roots vogliamo portare in Alta Badia un racconto attuale e contemporaneo del mondo del cibo e del vino”. E ancora: “Fino al 2019 Roots era trainato dalla Siriola, che comprendeva una partecipazione di ristoranti più famosi ma che vedeva anche un’impostazione più rigida. Ora Roots è divertente, innanzitutto per la presenza di giovani leve di ristoranti che stanno facendo un lavoro incredibile nelle città, senza magari essere presenti nelle guide. Ci sono realtà moderne che non sono nei radar classici e questo è significativo. Siamo tutti uniti dalla stessa sete (e qui ci permettiamo di dire che Clemens ha usato non volontariamente una efficacissima metafora perché la sua e quella dei colleghi è prima di tutto una sete “culturale”, n.d.r.), perché beviamo tutti gli stessi vini naturali o ‘liberi’, come li vogliamo chiamare. Il valore aggiunto è dato dal fatto che non siamo solo e semplicemente dei colleghi ma veramente tutti amici e con l’amicizia e il rapporto di collaborazione si riescono a fare delle cose in più”.
Roots of Excellence prima ancora che un’esperienza gastronomica, è stata una validissima lezione di collaborazione, tracciando anche una strada sulla quale il mondo gastronomico potrebbe aprire delle riflessioni: i segnali che le maglie (ed il mondo) della Michelin cominciano a stare un po’ strette si moltiplicano e se parlare di “insofferenza” non è probabilmente il termine più corrispondente ed efficace, è pur vero che una certa disinvoltura, il rimpallo di idee, il divertimento creativo, l’improvvisazione e l’assenza di formalismi sono il contesto che la nuova generazione di chef sente più come proprio e corrispondente.
Anche certa autoreferenzialità sembra esclusa, perlomeno questa è stata la lezione di Roots, dove lo scambio tra pubblico e addetti ai lavori è stato privo di filtri e autentico, complice anche il contesto.
Ecco allora il Jamón Ibérico di Remedios Sánchez a fianco dei formaggi bergamaschi di Bù Cheese, le carni della Macelleria Oberto di Alba e quelle slovene dell’azienda BioSing a Ribnica, oltre ad un un panorama enologico di ampio respiro (Dornach, Vinos al Margen, Vignoble de Pauline, Les Caves de Pyrene, Triple A, Radikon, tra gli altri), pari a quello dell’offerta ristorativa con l’Ostì Corvara, Gino’s Bbq, Ahimè Bologna, Fratelli Pavesi, oltre a Diletta Zenna e Olivieri 1882.