Ogni tanto bisogna rassegnarsi a piccoli mali che producono grandi beni. In questi giorni ahimè dobbiamo contentarci del contrario: vedere i piccoli beni che derivano dai grandi mali. Purtuttavia guardare con il microscopio la goccia d’acqua rimasta nel bicchiere vuoto può aiutare a sperare in tempi migliori, al futuro che verrà. Ebbene, uno dei piccoli beni di questa orrida pandemia nota come Coronavirus è questo: tra le sue vittime – l’unica che non piangeremo – c’è l’apericena.
Il Sars-Cov-2, il virus che ci sta annichilendo l’esistenza, ucciderà anche i buffet. È facile prevederlo: finita l’emergenza cambieranno le leggi, i regolamenti e con essi le nostre abitudini. A lungo (forse per sempre) saranno proibite le calche, i grandi eventi, i locali affollati. E, ancor di più, le distese di cibo esposto agli sputazzi, agli starnuti, ai fiati e alle chiacchiere degli astanti.
Siete fan delle distese di tavolini coperte di insalata di pasta-insalata di riso-insalata di wurstel-tartine-cous cous-vassoio di prosciutto cotto-mozzarelline-vassoio di salame Milano-insalata di farro-ratatouille-caponata-olivette? Forget it. Dimenticatele. Non torneranno mai più. Auf wiedersehen. Goodbye. Adieu.
Se un tempo ci indignava la divulgazione dell’analisi di laboratorio che in una scodella di noccioline da aperitivo lasciate sul bancone di un bar trovava tracce di venti diverse urine, oggi pagheremmo oro per aver la garanzia di trovarci solo innocue pipì di sconosciuti. A leggere i giornali non è ancora chiaro quanto il Sars-Cov-2 (che è il nome del virus: Covid-19 è il nome della malattia che ne consegue) si fermi sulle superfici, ma certo è che dura più della frazione di secondo che trascorre da quando un ragazzetto acchiappa una manciata di patatine e la signora accanto a lui lo sgomita per garantirsi la propria dose.
Gli aperitivi al bancone scompariranno. Gli apericena scompariranno. I buffet scompariranno: nei bar, ma pure nei matrimoni, sulle navi, alle feste di laurea. I banconi coperti di cicheti a Venezia scompariranno. Scompariranno le infilate di tapas a Barcellona e di pintxos a San Sebastian. Le coppette di patatine e arachidi scompariranno (in realtà queste erano già sostanzialmente proibite, così come lo zucchero sfuso).
Personalmente sui buffet non verserò una lacrima. Non li amavo quando non sapevo fossero pieni di urine, ho continuato a non amarli quando li ho scoperti pisciati, figuriamoci adesso che potrebbe annidarvisi il Cov-2. Anzi, ingrandendo sempre la goccia nel bicchiere vuoto, vedo un’opportunità: che gli aperitivi – che adoro – si riempiano di piatti espressi, come già erano in passato i cicheti, le tapas, i pintxos migliori. Un calice di vino a un prezzo ragionevole e poi micro-preparazioni fresche, fatte apposta per il singolo cliente, uno/due/tre euro cad a seconda della materia. Prima lo facevano solo i locali migliori, ora lo faranno tutti. Spero di verificarlo presto: dannazione quanto oro pagherei per mezz’ora in un bar.