Secondo episodio della nuova serie che ogni weekend Dissapore riserva ai ristoranti. Dopo il nuovo Caffè Quadri di Venezia, questa volta è il Noma di Copenhagen.
Il ristorante più celebrato dell’ultimo decennio –quello del talentuosissimo e affascinante Renè Redzepi— è stato fermo un anno, poi il 15 febbraio 2018 ha varato la nuova sede, il nuovo progetto, il nuovo menu.
Ci siamo stati a pranzo, mangiando quindici piatti incredibili, mai visti, con ingredienti rari, bevuto ottime bottiglie, trascorso quasi cinque ore —tra tavola e visita dei locali— interessanti e divertenti.
Abbiamo speso 520 euro, certo, non è un’esperienza per tutti. Ma si possono spendere 520 euro e alzarsi da tavola felici e spenderne venti e andarsene da una pizzeria furenti. Per questo bisogna scegliere le destinazioni dispendiose con estrema cura e cautela.
Design e Ambiente
È tutto appena varato, ma la sala è di semplicità quasi monacale: uno stanzone di legno ingentilito solo da qualche animale secco appeso (o in vasi di vetro, sott’olio). Per ora. Il resto si vedrà: oggi l’ambiente più “caldo” è la mensa dei dipendenti, molto smart. Il resto è in costruzione.
Le vetrate della sala sono affacciate sulla ciminiera di un termovalorizzatore: in Italia sarebbe impensabile (ricordate la vicenda Fico?), qui se ti dicono che “è solo vapore acqueo” ci credi. Perché è vero.
Belle le stoviglie. Enorme il lavoro di sottrazione, per cui hai a disposizione quasi nulla, ma nulla ti manca.
Servizio
È il servizio super friendly con il quale il Noma ha fatto scuola. All’inizio tutti i ragazzi ti salutano all’arrivo –mamma quanti sono, quasi sessanta!– e poi vengono tutti a scherzare, portarti piatti, raccontarti meraviglie senza (quasi) soluzione di continuità tra cuochi e personale di sala.
Sono tutti giovani, belli, talentuosi e sono così tanti che parlano tutte le lingue, quindi arriveranno quelli della tua. Insomma: da fare invidia (di fronte a tutta questa giovinezza, bellezza e talento ti senti un po’ vecchio, brutto e stupido).
La cucina e tutto il menu piatto per piatto
Il pasto, squisito e costoso, presentato in maniera sintetica per capire che aria tira lassù, nel Grande Nord.
Sea Snail Broth – Brodo di chiocciola di mare
Servito caldo nella chiocciola, ricco di gusto confortevole, molto “umami”, contrastato dall’acidità dei pickles sul bordo da acchiappare con la lingua. Goduria.
Venus clams – Vongole veraci
Alcune cotte e rimesse nella conchiglia, nelle altre conchiglie una piccola mousse. Onestamente non ricordo i dettagli, ma il gusto sì. Ottimo.
Best of the mussel – Il meglio della cozza
Apparentemente sembrano due semplici cozze. In realtà lo sono, ma sono farcite di erbette acidelle. Buone, non di più. Forse uno dei piatti meno memorabili.
Dried fruits and shrimps – Frutta secca e gamberi
Una zuppettina di frutte messe da parte in stagione – ho sagacemente riconosciuto una fragola –, con gamberi, una cialda e, a parte, le teste dei gamberi ripiene di formaggio da succhiare. Slurp.
Cured trout roe and eggs – Uova di trota e uova
Una stella di uova marinata con sopra uova di trota. Bellissimo. Goloso, ma un gusto molto noto. Forse più scenografico che sostanziale.
Jellyfish – Medusa
In realtà è una gelatina di calamaro con quattro ghirigori di creme-fraiche – per simulare la medusa – con dei pickles di alghe. Un piatto per giocare più che per gustare. Comunque figo.
Seafood platter – Frutti di mare:
Queen clam (vongola regina), Mohogany clam (capasanta), Gigas oyster (ostrica gigante), Sea urchin (riccio), Dried sea cucumber (cetriolo di mare essiccato)
Per me, il centro del pasto. Molluschi decennali, rari, trattati in maniera squisita, accompagnati da alghe, erbe, acidità. In tutto questo c’è il tocco dell’italiano Riccardo Canella: sarà forse per questo che è un piatto che fa sentire a casa. Il riccio con i semi di zucca: incredibile. Il cetriolo di mare, di cui si mangiano gli intestini essiccati e la pelle resa croccante, è più divertente che buono. Ma l’insieme è pazzesco.
Horse mussel ragout – Cozza gigante al ragù
Di nuovo il tocco di Canella. Redzepi ha preso una cozza di cinquant’anni e gli ha detto: dalle un sapore italiano, tipo ragù. E ha quel sapore lì. Ottima. Più verace degli altri piatti.
Squid in seaweed butter – Calamaro al burro d’alga
Listarelle di calamaro passate in burro, composte in questa sorta di gnocco etereo. Eccezionale.
Sea snail and roses – Chiocciola di mare e rose
Il vero protagonista è il contenitore: è di cera d’api, con il tepore del contenuto sprigiona il suo gusto e il suo profumo dolce.
Head of the cod – Testa di merluzzo
Spennellata per renderla gustosissima, servita con salsine: quella nera è di formiche, un omaggio alla storia del Noma. Gustosa, tenerissima, totale.
Pear and roasted kelp ice cream – Gelato di pere e fuco arrostito
Sembra una cozza ma non lo è. Diverso. Divertente. Intrigante.
Cloudberries and pine cones – Mora di rovo camemoro e pigne
La roba pazzesca? Le pigne che sono proprio pigne, cotte fino a diventare morbide come il mou, e la “neve” inventata dall’italiana Jessica Natali.
Sugar kelp tart – Crostatine di alghe
Belle. Elegantissime.Quasi dissetanti. Ancora un tocco italiano: tutti i dolci sono supervisionati da Stefano Ferraro.
Plankton Cake – Torta di plankton
Eh beh, naturale: il dolce preferito dalle balene. Molto buona. To share.
Prezzi
A partire dalle 16 (ora di Copenhagen) del 16 novembre chiunque si collegava al sito del Noma veniva dotato di un numero estratto a sorte, come una lotteria. Quel numero determinava l’ordine per accedere al sistema di prenotazione per i pasti nella finestra tra il 15 febbraio e il 29 aprile 2018.
Per valorizzare al massimo gli ingredienti stagionali, il ristorante di Redzepi prevede di cambiare menu tre volte l’anno, distinguendo altrettanti periodi: inverno (pesce), primavera-autunno (vegetali e frutta), inverno (carne).
Il Noma, si sa, è un ristorante radicale. E ha una policy radicale. Si paga in anticipo, al momento della prenotazione (ma si può disdire, vedendo rimborsati, naturalmente). Ed è pure uno dei locali più cari del mondo, soprattutto perché si paga nelle stramaledette corone danesi.
Il costo di un pasto è di 2250 corone danesi (ovvero da 269 a 302 euro circa), iva inclusa e bevande escluse. Bisognerà aggiungere altri 147 euro circa per vino e bevande, mentre volendo pasteggiare ad acqua o succhi, il surplus sarà di soli 107 euro circa, 800 corone.
Vi alleghiamo infine il menu, così avete anche la lista dei vini. Chi andrà a provare il menu primaverile è pregato di ricambiare il favore.
Conclusioni
Il nuovo Noma non ha un’aria lussuosa nonostante il costo del menu, e tenta di riproporre quel calore –compreso il saluto ai clienti da parte di tutto il numerosissimo staff, a inizio pasto– creato nel precedente. Gli arredi sanno di nord e di artigianato, con i manufatti dei falegnami locali.
Redzepi è andato oltre il suo precedente lavoro e s’è concentrato al massimo sul prodotto e sulla freschezza. Per la prima volta tre piatti portano la firma di Riccardo Canella e Jessica Natali, due dei tre incredibili italiani (il terzo è il pasticcere Stefano Ferraro) ammessi alla Test Kitchen diretta da Thomas Frebel, dove si creano i piatti sotto l’occhio severo e al contempo levantino di René.
Infine, straordinario quanto volete, ma il nuovo Noma non è una fattoria urbana, come si diceva. In compenso ha una serra per fare gli esperimenti.