“Nelle zone della movida milanese i nomi che si susseguono, i titolari dei capitali sociali o delle cariche sociali, più o meno sono sempre quelli. E cambiano vorticosamente compagine societaria”: è uno dei campanelli d’allarme capaci di suggerire la presenza della mafia nella ristorazione, dominante laddove più denaro circola e più movimentazione è giustificabile, nonché dove per la criminalità organizzata è più efficace far percepire un ruolo di comando sul territorio. Uno dei tanti segnali, si diceva, che illustrato da Alessandra Dolci suona tremendamente concreto. È proprio con la Coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano, intervistata da noi in esclusiva, e con il giornalista del Corriere della Sera Cesare Giuzzi, che abbiamo cercato di individuare quali siano le più diffuse avvisaglie della mafia insidiatasi in un locale, lungi dal notorio e dai cliché.
Perché, come spiega Giuzzi: “Quando parliamo di riciclaggio e di mafia dobbiamo stare attenti a non immaginarci uno scenario da film: la normalità è fatta di un riciclaggio di base fatto con meccanismi anche molto artigianali”. Detto in altre parole, la criminalità organizzata è molto più tangibile (e assai meno affascinante) di quanto si pensi.
Il video che vedete è il terzo di un ciclo di interviste tematiche dedicate alla mafia nella ristorazione, ispirate al saggio Il giro dei soldi e confluite in un grande servizio a puntate, “in onda” ogni giovedì su qui Dissapore.