La situazione è notoria, e non richiede certo grande sforzo di immaginazione. Siamo nel post pandemia, si riaprono i locali pubblici e i ristoratori si ritrovano un’amara sorpresa ad attenderli alla riapertura: buona parte del personale su cui facevano affidamento si è trovata altro da fare, e non ci pensa nemmeno a tornare a fare alla vitaccia di prima. C’è chi rimedia dimezzando i servizi, limitandosi alle aperture serali, chi aumentando i giorni di chiusura, chi -nei casi più estremi- abbassa definitivamente la serranda. Da questo contesto sconsolante, però, c’è chi ha tratto ispirazione, pensando decisamente al di fuori degli schemi. Uno di questi è Leonardo Fontana, laureato in economia e con -tra le altre- tre attività di ristorazione sulle spalle in quel di Treviso: la sua soluzione per far fronte ai problemi di risorse umane per i suoi locali? Una brigata di camerieri robot. Si chiamano “Bob”, e Leonardo è convintissimo che questa sua idea possa alleggerire il carico di lavoro, e le spese, di molti suoi colleghi.
Come funzionano i camerieri robot?
Chiariamo subito una cosa: Bob, così come nessun’altra tecnologia attuale, non può sostituire in tutto e per tutto l’attività del cameriere umano. Quello che fa benissimo però, sono le operazioni faticose e ripetitive, che di solito spettano ai runner, posizione meno professionalizzata nella gerarchia del ristorante, e quindi più spesso fonte di mal di testa per quel ristorante lo deve gestire. Un’operazione poco qualificante, destinata a maestranze poco specializzate come prendere i piatti dal pass e portarli a un tavolo di servizio potrebbe non dover richiedere più personale apposito o -peggio- non dovrà più interrompere il flusso di lavoro di chi si sta dedicando a un cliente accogliendolo, approfondendo con lui il menù, spiegando le scelte sulla carta dei vini: tutte attività squisitamente umane, che si traducono quasi certamente in un miglior servizio percepito da parte dell’ospite e un aumento di fatturato per il titolare.
L’attività principale di Bob Robotics e la sua peculiarità è quella dello sviluppo del software, vero valore aggiunto di Bob e altamente personalizzabile con semplicità da parte del ristoratore tramite una app. Attraverso questa interfaccia, che poi sarà quella che elargirà cartooneschi sorrisi agli avventori, si crea innanzitutto una mappa del locale, nella quale configurare poi i percorsi prestabiliti: dall’ingresso ai tavoli se si decide di mettere Bob a contatto diretto con chi accede all’attività, un tragitto dai tavoli all’area di sbarazzo, portando fino a 10kg di stoviglie a vassoio, potendo ovviamente evitare qualsiasi ostacolo imprevisto e coordinandosi con i colleghi robotici e non. Va da sé che la scelta se fai interagire il cameriere robot con i clienti derivi dalle strategie di marketing specifiche del locale: anche in questo caso il software mette a disposizione vare opzioni di upselling e cross selling, permettendo a Bob di proporre in autonomia offerte e piatti del giorno, ma può anche restare dietro le quinte, alleggerendo il carico di lavoro degli altri camerieri.
Come si ottimizzano i costi con un cameriere robot?
Leonardo ci racconta di una case history decisamente rappresentativa: una ristoratrice di Manduria si ritrova improvvisamente senza un cameriere. Un extra, senza mansioni di grossa responsabilità, ma la signora fatica comunque a trovare personale per sostituirlo, e decide sia l’occasione giusta per sperimentare il lavoro con un dipendente robotico. Qualche tempo dopo, all’abbandono dell’altro cameriere, la titolare del locale non ci pensa due volte e “assume” il secondo Bob, ritrovandosi a gestire il suo ristorante sola col marito, lui alle pizze e lei al bar, coi clienti che si prendono le ordinazioni direttamente dai vassoi. Può essere considerato un caso estremo, ma è chiaro che il primo costo a venire ottimizzato è quello dello stress di dover gestire la penuria di personale e l’incertezza sulla sua affidabilità.
A proposito di affidabilità, è lecito chiedersi quanta manutenzione richieda, ordinaria e straordinaria venga richiesta dai camerieri di Bob Robotics, non vorremmo mai che anche un automa ci lasci a piedi poco prima del servizio. Al momento, a fronte di circa quattrocento Bob operativi, gli interventi per malfunzionamenti hardware sono stati due: un’incidenza praticamente nulla.
Parlando invece di costi vivi, di moneta sonante, la risposta può risultare abbastanza ovvia: niente busta paga con relative tassazioni e contributi, ma solo un affitto mensile che va dai 390 ai 490 euro a seconda del modello, il raffronto economico rispetto a un’assunzione è impari, ma un “semplice” taglio delle spese non è certo un’ottimizzazione. Dicevamo che Bob è pensato per accollarsi le operazioni più monotone e meccaniche, permettendo a chi è in sala di dedicarsi con maggiore attenzione all’accoglienza e -soprattutto- alla vendita, aumentando lo scontrino medio ed eventualmente motivando la brigata con provvigioni o premi a obiettivo, non dovendo sottrarre tempo e concentrazione a queste attività per fare le veci di un extra.
C’è ancora molto da raccontare sulle opportunità, la storia, e le implicazioni che la diffusione di questa tecnologica imporrà: vi racconteremo tutto.