Cliente insulta il ristorante perché chiuso in zona arancione: il gestore doveva avvertire?

Avete considerato l'ipotesi che un cliente, trovando chiuso un ristorante in zona arancione, si possa arrabbiare col gestore, pretendendo di essere avvertito?

Cliente insulta il ristorante perché chiuso in zona arancione: il gestore doveva avvertire?

Siamo tutti un po’ coi nervi a fior di pelle. Ma tutti tutti eh: ristoratori, clienti, critici e gastronomi vari. La paura del virus, le restrizioni varie, la crisi economica, stanno mettendo a dura prova la nostra sanità mentale, se mai ne abbiamo avuta una. E quando la discussione si trasferisce su Facebook, come di questi tempi è inevitabile, diamo il peggio del peggio. In queste ore è diventato virale il post del ristorante 5 maggio di Genova, che mette alla berlina una cliente davvero poco furba. Ma le reazioni, e le reazioni alle reazioni, riescono nel non facile compito di sconfiggerla in scemitaggine.

In sintesi. 

Cliente geniale: scrive un messaggio in cui protesta con toni vibranti perché il giorno di san Valentino il ristorante era chiuso e lei con il suo fidanzato, che aveva prenotato 15 giorni prima, lo hanno scoperto solo una volta arrivati fino a Genova, dal Piemonte. Avevate il numero di telefono, potevate avvertirci.

https://www.facebook.com/ristorante5maggio/posts/3697718926978701

Ristoratore incazzuso: risponde piccato, ma sostanzialmente con ragione, dicendo scusa cara ma ci è caduta addosso una zona arancione, stiamo già come stiamo e tu ci vieni a dire che potevamo telefonare? Ma dove vivi? Dobbiamo avvisare i clienti uno per uno anche in caso di apocalisse? La discussione degenera presto, finché la cliente non conclude con un raffinatissimo “ma vai a cagare”. Evvabbè: ignorantia legis non excusat, dicono i brocardi, ma tu sei un ristoratore, mica il legislatore. Il fallo di reazione però scatta nel momento in cui chi gestisce la pagina Facebook del ristorante ha la brillante idea di screenshottare la conversazione ed esporre la cliente alla gogna mediatica con un bel post (in un barlume di lucidità, perlomeno oscurandone il nome e l’immagine profilo). Apriti cielo react.

Commenti pro: nel momento in cui scrivo il post, di ieri sera, conta più di 9.000 like, quasi 3.000 commenti e soprattutto circa 6.500 condivisioni. La gogna è uno sport che piace a tutti (citofonare Brunetta, e tu vedi un poco chi mi tocca difendere), è evidente. Tutti danno ragione al povero ristoratore, già provato da mesi di chiusure e restrizioni, e promettono pranzi luculliani quando si potrà. I più moderati – i più moderati – invitano a denunciare la coppia all’autorità, per violazione della norma che vieta lo spostamento tra le regioni. Gli altri, se avete mai letto un flame su un social, potete immaginare l’orrore. 

Commenti contro: non manca chi dice che tutto sommato, un po’ di ragione ce l’hanno anche i clienti, una telefonatina si poteva fare, e soprattutto è ben cafone riportare una discussione privata in pubblico, e anche da questo lato c’è chi si spinge ad insulti dal vago retrogusto negazionista (“il Covid ce l’avete voi nel cervello”). Prontamente screenshottati anche loro, e ricicciati nei commenti. Dove il gestore della pagina, gasato dalla solidarietà raccolta a mucchi, insiste con frasi maschiliste e, soprattutto, che non c’entrano una fava (“La cosa triste è che questo livore nei messaggi arrivi sempre dalle donne”).

Alla fine però, forse temendo conseguenze, è il ristorante stesso che deve attuare una presa di distanze almeno formale: “Vi chiediamo gentilmente di tenere i toni moderati, abbiamo letto insulti e anche auguri di morte che sono decisamente eccessivi e non rispecchiano lo spirito dei proprietari della pagina”. Auguri di morte? Eccessivi, dai: limitatevi a qualche malattia.

Chi ne esce pulito alla fine di sta storia? Nessuno, ovvio. Ve l’avevo detto che stiamo tutti assai nervosi.