A sfilate milanesi in corso e Pitti Uomo da poco archiviato, nella classifica degli show più seguiti e degli eventi che ottengono maggiore successo il primo posto spetta ai Cerea di Brusaporto.
Al lettore assiduo non sfuggirà che la famiglia Cerea, proprietaria del ristorante tre stelle Michelin Da Vittorio, a poca distanza da Bergamo, non vende moda.
Non la vende, okay. Però la nutre.
[Perché un’Osteria Gucci, e perché con Massimo Bottura?]
Nel senso che il piccolo impero gestito dai 5 fratelli Cerea più mamma Bruna, si divide tra l’Excelsior Hotel Gallia di Milano, il Resorts World Sentosa di Singapore, il bistrot dell’aeroporto di Orio al Serio, una pasticceria a Bergamo Alta, vitigni, libri di cucina.
E soprattutto catering.
Sì, perché Francesco Cerea, che si occupa di relazioni esterne nell’impresa di famiglia, è richiestissimo dal fashion system che conta, visto che serve le presentazioni e le cene di Armani, Moncler, Prada, Brooks Brothers, Valentino e Zegna, bagnando il naso a catering modaioli anche più affermati.
Quali? Quello di Davide Oldani, per esempio, che, sostiene Fabiana Giacomotti su Il Foglio, “Sconta la mancanza di una squadra addestrata al servizio esterno, pur restando una star”.
Poi ci sono Intermezzo, Serena Barbieri e Food&Mood, tutti marchi milanesi che in occasioni come quelle di palazzo Pitti, a Firenze, si allontanano volentieri dalla capitale della moda per servire praline e tartine lucidissime a giornalisti, blogger e modelle, presumibilmente riluttanti.
I Cerea no, loro optano per pappa al pomodoro, risotto e passata di ceci, ovviamente in dosi e modalità di servizio appropriate: scodellini, bicchierini, cucchiaiotti su vassoio. Insomma, uniscono aspetto pratico e godereccio, e questo sta facendo la loro fortuna.
La moda non è il core business dei Cerea, pesa meno del 20% sul loro fatturato (che comunque su 6 milioni dell’ultimo bilancio non è poco), ma il punto è che sono riusciti a intercettare il desiderio recondito di stilisti e fashion victim: la cassoeula e i bolliti. In porzione minimalista sì, ma pur sempre bolliti e cassoeula.
[Chi ha cucinato e cosa alla gigantesca cena stellata per i 10 anni di Eataly]
Gli stilisti li chiamano per concordare il menu come farebbero per il set di una sfilata. A volte bisogna ricondurli alla ragione, come quella volta —racconta Il Foglio— che un designer molto rigido, molto magniloquente e molto potente del fashion system chiese che venissero serviti agli ospiti sei cioccolatini su un vassoio nero lungo un metro, o un altro che pretese un menu interamente candido, in pendant con la collezione.
I Cerea riescono a gestire le richieste assurde degli artisti, con una rassicurante predisposizione a tollerare intolleranze vere o presunte delle signore che ormai rappresentano il dieci per cento minimo di ogni serata.
Non meravigliamoci allora se, con 150 dipendenti e un fatturato annuo da Paperoni, oggi il gruppo dei Cerea è in cima alla lista delle forchette d’oro che macinano milioni, sopra molti colleghi ben più visibili.
[Crediti | Il Foglio, immagine di copertina: Mangiebevi]