Cantine del Vino già Schiavi a Venezia: recensione del bacaro perfetto

La nostra recensione di Cantine del Vino già Schiavi a Venezia, storico bacaro con settanta cicchetti diversi. Come si mangia, quanto si spende, come si sta, ma sopratutto, perché è il bacaro perfetto.

Cantine del Vino già Schiavi a Venezia: recensione del bacaro perfetto

Lo squero di San Trovaso risale a prima del Seicento, ed è uno dei pochissimi ancora in funzione a Venezia. Se vi state domandando se stiamo ancora parlando di bacari e soprattutto, cosa sia uno squero, eccovi accontentati. Il bacaro in cui vi portiamo, il Cantinone Schiavi (o Cantine del Vino già Schiavi) si trova in una delle zone più suggestive di Venezia, lungo il Rio di San Trovaso, esattamente a metà strada tra le frequentatissime Zattere – la lunga Fondamenta che guarda l’isola della Giudecca – ed il Ponte dell’Accademia, che porta verso San Marco.

Cantinone già schiavi venezia

Se Schiavi è indubbiamente la nostra meta, vale la pena passare di qui anche per la visita allo squero, che è il tipico cantiere veneziano (costituito in genere da uno spiazzo in terra battuta digradante verso l’acqua) dove si costruiscono e riparano le gondole e la altre tipiche imbarcazioni della tradizione lagunare (dai nomi bellissimi, peraltro: pupparini, sandoli, sciopòni, sanpierote, caorline).

Vedere un maestro d’ascia al lavoro è un privilegio, ancor più oggi che il settore è in declino e che sono ormai pochissimi gli artigiani che lavorano come un tempo: se vi capita, perciò, approfittatene. Potete intanto farvi un’idea prima di arrivare da Schiavi. Già, Schiavi. Il nome per esteso è Cantine del Vino già Schiavi, ma se non volete vedere esauriti i cicchetti al banco prima di aver completato il nome, chiamatelo semplicemente Schiavi o il Cantinone.

Schiavi

Ambiente e servizio

Prima di entrare, fermatevi un momento: osservatelo con calma dalla parte opposta del canale. Gustatevi l’insegna, che sa di osteria di paese, e le bottiglie esposte, che preannunciano ciò che troverete tra gli scaffali. Guardate i turisti, che arrivano come pellegrini con guida alla mano, pronti a meravigliarsi, e poi i veneziani, che alla meraviglia sono abituati e sorseggiano il loro aperitivo accomodati sulla Fondamenta. Schiavi non è un bacaro è il bacaro ed il motivo per cui (spoiler) abbiamo deciso di assegnargli il punteggio massimo sta in una storia familiare, nel fascino legnoso e lento del luogo (per carità il contesto esterno gioca a favore, specie nelle sere estive, ma l’interno è davvero un inno alla passione enoica), negli scaffali, nel volto serio della signora Alessandra, quadrata e ferma, e nei suoi cicchetti.

Schiavi

Schiavi

La storia: osteria sin dalla fine dell’800, Schiavi viene rilevato nel 1945 da Sisto Gastaldi. Gli succede il figlio Lino che nel 1960 conosce Alessandra De Respinis, ancor oggi al banco, con i figli.

Quando si entra, l’occhio non ha scampo: bancone con cicchetti a destra, bottiglie un po’ dappertutto, 500 le etichette. E’ ovviamente il bancone a rubare la scena: la cura con cui sono esposti i cicchetti, la precisione nella descrizione degli ingredienti rivaleggia con la descrizione che Eco, nel Nome della Rosa, fa del portale della cattedrale dell’abbazia. Nessuna sorpresa, nessuna improvvisazione ma una elaborazione ordinata che è frutto di una composizione altrettanto precisa.

Cicchetti e prezzi

Se esistesse una Michelin del cicchetto, non esiteremmo ad assegnare le 3 stelle (o, traducendo in veneziano il riconoscimento, tre stecchini o tre ombre) a Schiavi, che pure ha fatto incetta di premi nel corso degli anni: sono 70 le ricette ideate dalla signora Alessandra (se pensate di raccoglierle in un volume, troppo tardi: ci ha già pensato lei nel 2015).

70 minipiatti, settanta monoporzioni gourmet in cui il godimento è trasversale e soddisfa sia chi ama cicchetti e basta, sia i recensori più intransigenti che cercano l’equilibrio perfetto tra masticabilità, croccantezza e morbidezza, tra sapidità e dolcezza, tra guizzi di colore e toni neutri, tra estro e classicità, tra laguna, terra e mondo vegetale. Non ci abbiamo provato nemmeno a trovare difetti, non ce ne sono. Piuttosto abbiamo penato non poco prima di scegliere, temendo di perderci qualcosa di più buono, di escludere l’imperdibile. A meno di non fare indigestione, l’unico modo è quello di tornare più volte, assaggiando a rate.

Schiavi

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Per darvi un’idea, eccovi una breve lista: tartare di carne e cacao amaro; gamberi in saor; tonno e porri; tuorlo d’uovo con petali di fiore; gorgonzola e noci; ricotta e uova di storione; uova tartufo e funghi; crema di formaggi e pesto; salsa di tonno e porro; ricotta, crema di zucca e parmigiano; primosale, e radicchio, sesamo; tartare di tonno; brie e salsa di ortiche. I classici ovviamente non mancano, ma nel tristellato del cicchetto abbiamo puntato su quelli creativi: il vincitore assoluto, per noi, va a quello con tuorlo d’uovo e petali di fiore, cromaticamente elegante e avvolgente al palato.

Scendiamo dall’empireo per chiudere con un riferimento molto terreno: i prezzi. 1,50 euro a cicchetto. Non serve aggiungere altro. Anzi, un’ultima cosa. Avrei voluto abbracciare la signora Alessandra e stringerle la mano e farle i complimenti: un sussulto di contegno mi ha fermato un attimo prima di dare spettacolo. Tuttavia il sorriso ebete di chi ha trovato il bacaro perfetto mi ha accompagnato per un bel po’ lungo la strada del ritorno.

Schiavi

Informazioni

Cantine del Vino già Schiavi

Indirizzo: Fondamenta Nani, Dorsoduro 992

Numero di telefono: 041 5230034

Orari di apertura: dal lunedì al sabato 8.30-20.30

Sito Web: cantinaschiavi.com

Tipo di cucina: tradizionale bacaro veneziano

Ambiente: informale

Servizio: rapido e cordiale

Voto: 5/5