I pagamenti del bonus ristoranti sono in arrivo, anzi sono già partiti a fine febbraio: lo ha confermato il ministro Stefano Patuanelli, che però ha anche ricordato un aspetto importante. Se le domande non sono complete i contributi a fondo perduto non arrivano, ed è richiesta una integrazione dei documenti.
In un question time del 10 marzo alla Camera, il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli ha risposto fornendo i dati sul bonus ristoranti. Sono circa 40 mila le domande pervenute, finora 12.700 hanno ricevuto il 90% del contributo, che era previsto per un massimo di 10.000 euro a locale. Il resto lo riceveranno entro la fine di marzo, previa integrazione della documentazione prevista; in totale saranno 87 i milioni di euro erogati nel complesso.
Il bonus era stato stabilito dal decreto Agosto per andare in soccorso del settore ristorazione, messo in ginocchio dalle chiusure obbligate e dalle altre norme anti-Covid: 125.000 imprese con codice ATECO prevalente 56.10.11, 56.29.10 e 56.29.20 (ristoranti, mense e catering) e andava a rimborsare gli acquisti fatti su prodotti provenienti dal territorio italiano.
Ora è il momento del pagamento, che avviene in due tranche: il 90% è erogato al momento dell’accettazione della domanda, con l’indicazione di documenti fiscali relativi agli acquisti effettuati, anche non quietanzati; il saldo del 10% verrà invece erogato dopo aver presentato la quietanza di pagamento, che dovrà essere effettuato con modalità tracciata.
Come mai però meno di 13mila richiedenti hanno avuto il contributo, su 40mila domande effettuate? Il ministro ha specificato che molte richieste sono incomplete o parziali, per cui si rende necessaria una integrazione dei documenti. Quali erano questi documenti? Eccoli: visura camerale in corso di validità; copia dei documenti fiscali certificanti gli acquisti nelle categorie previste dal decreto ed eventuali documenti di trasporto; eventuale copia delle quietanze associate ai documenti fiscali, se già disponibili al momento della presentazione.
Oltre a delle mancanze, potrebbero esserci delle imprecisioni, per cui Patuanelli ha consigliato di controllare che il codice fiscale sia quello indicato nella Visura Camerale, e il codice ATECO prevalente sia aggiornato e corrisponda a quelli previsti dal Decreto Ministeriale.