La stazione è la stazione con le sue costanti perenni. I cartelloni che segnano 40 minuti di ritardo, le facce sconfitte di chi ha perso il treno per un minuto e la famigerata fame del viaggiatore.
Eppure la nostra evoluzione, sempre meno prede acritiche del panino di gomma, ha trascinato nel vortice del cambiamento anche la stazione.
La fame si è evoluta: non ci fa più andare bene il croissant dal cuore crudo e allo stesso tempo rovente. Nessuno è più disposto ad accettare lo strapotere del toast che puzza di bruciato, tantomeno di un caffè espresso senza arte né parte.
Non sempre i tentativi di cambiamento sono riusciti, troppi ChefExpress o Tanto&Buono hanno cancellato il ricordo del glorioso cestino da viaggio delle Ferrovie dello Stato (anni ’50-’70), o la memoria degli omìni che vendevano le lasagne sul binario.
Bisogna constatare che, molto spesso, nei luoghi di passaggio e nelle stazioni italiane l’offerta è ferma al disagio alimentare degli anni ’90. Ma, per fortuna di noi viaggiatori col vizietto gourmet, qualcuno ha preso una direzione interessante.
Autogrill per dire: un marchio che sembrava destinato a restare tale e quale per sempre, con qualche panino triste di troppo, diciamolo. E che invece ha fatto il salto.
A dispetto delle tante catene, pseudo-catene e caffetterie con paninoteca annessa nate ed estintesi per noia, Autogrill si è evoluto. E, da qui, la stazione (e la fame da stazione) è diventata una cosa diversa.
C’è il Bistrot di Milano Centrale, quello aperto ormai da qualche anno dalle 5:30 alle 22, da noi sperimentato in ogni sua forma e offerta culinaria e unanimemente eletto come spazio gourmet.
Dal tramezzino a lunga conservazione, grigia effigie alimentare di ogni stazione, siamo passati al pane fresco, l’angolo dello street food, i dessert veri, buoni (e pure griffati Luca Montersino). Niente ingredienti piovuti dal cielo o da chissà dove, ma farine scelte. In poche parole: cose buone, non quelle che in altri tempi ci hanno rovinato la partenza o l’arrivo.
Insomma la stazione può cambiare: il Bistrot Milano Centrale ha scompigliato le carte, più di quanto Eataly, per esempio, sia riuscita a fare con il box da viaggio.
Lo si è visto anche nella più recente edizione di Identità Golose, il congresso milanese di alta cucina.
La fame da congresso è un’altra essenza animalesca che, per diversi anni, nessuno dell’organizzazione aveva preso con la dovuta serietà.
Ora, invece, in mezzo alle sale con i grandi chef, agli appuntamenti con la cucina del futuro più varie ed eventuali che inneggiano al brontolio di stomaco, il Bistrot si è piazzato al centro a Identità Golose e ha tenuto banco.
Dal mondo (o meglio dalle sedi del Bistrot in giro per il mondo), sono arrivate le focacce alla renna, cosucce finlandesi o svizzere semi-sconosciute, roba per gourmet viaggianti e con voglia di sperimentare.
Autogrill ha anche portato le nuove cariche gastrofighette nel centro di Milano con il Mercato del Duomo, dove la gente non sta partendo, ma è sempre e comunque di passaggio, e con passo veloce.
Mica facile, in un posto centralissimo e gastronomicamente anonimo come il cuore di Milano, pieno di caldarroste ambulanti, gelati immangiabili e mini-panini che svuotano le tasche, trovare un posto dove il tempo rallenta almeno un po’ e il cibo non è raffazzonato in sandwich senza anima.
Per quella estemporanea che unisce il viaggiatore da stazione al passeggiatore seriale da centro città, ci sono le aree gastronomiche. Carne e hamburger, pizze con lievito madre, pasta di produzione propria a prezzi umani. E ancora insalate e frittini tipici dello street food.
Si sta bene, e grazie al wifi libero è possibile condividere in tempo reale la nostra fame evoluta. Anche nello Spazio ben gestito dai ragazzi di Niko Romito, chef tre stelle Michelin.
La vecchia Rustichella l’abbiamo quasi dimenticata, anche se rimarrà nel cuore di tutti i viaggiatori. Ma sotto i denti ora mettiamo qualcosa di diverso. E menomale.
[Crediti | Link: Dissapore]