Vi ricordate le file oceaniche da Giolitti per il suo proverbiale gelato? E i suoi tramezzini un po’ stitici che erano un insulto al culto sacro del tramezzino romano? Ecco al bar Frattina 1956, sull’omonima strada romana, non troverete niente di simile.
Esiste la pubblicità comparativa, no? Qualche anno fa è stata resa legale, se non proprio elegante. Ecco, questa non vuole essere una recensione comparativa, perché ogni attività dovrebbe fare il suo, mica bearsi delle pecche degli altri. Ci chiederemo perché, nelle abitudini della persone e, ciò che è peggio, nel cuore dei critici enogastronomici, esistano figli e figliastri.
Per quello che riguarda i critici l’enigma è presto svelato. Poiché quasi nessuno dei critici è critico, ma sempre più spesso parte in causa, il suo amore va per interesse. Quando questo interesse ancora non c’è, potremmo ipotizzare che il recensore professionista non si scaldi con realtà consolidate perché magari spera di avere un giorno un interesse (la famosa corruzione volontaria e auspicatissima).
Per quello che riguarda il consumatore comune, invece, il mistero è più fitto: perché mai mangiare in posti discutibili e casomai pagare anche di più, se esistono alternative migliori, senza fila e per assurdo più economiche? Va’ a capire.
Il fenomeno non avviene assolutamente per i consigli dei recensori, dei critici, dei giornalisti: in questo mondo noi parliamo a noi stessi per noi stessi. La gente normale è salva e non conosce i drammi interni del pizzaiolo medio. Ci sono fondati sospetti che viva molto meglio anche per questo.
Forse il consumatore medio è attratto dalle file. Forse ama il ricordo che ha di questi posti, un tempo davvero più validi. Forse semplicemente pochi capiscono quello che mangiano e cosa mangiano, quando lo mangiano. Forse le papille gustative sono talmente tanto obnubilate dai gusti industriali che quando incontrano qualcosa di anche solo vagamente artigianale rimangono così shockate da trovarlo eccezionale di default. Chi può dirlo.
Bando ai borbottii: entriamo nel Bar Frattina e vediamo che aria – anzi che gelato – tira qui.
Bar Frattina dal 1956: l’ambiente e il servizio
Entriamo ma con un po’ di cautela. Se infatti l’esterno è molto gradevole con fila di tavolini dalle belle sedie, curate e all’apparenza molto pulite, l’interno non fa cantare lodi all’Altissimo. L’ambiente è un po’ scuretto e con un eccesso di legno; la parte cassa-tabaccheria dà quella quieta impressone da punto ristoro che non ti aspetteresti nell’elegante via Frattina.
Bagni per persone con disabilità motorie? No, grazie! Siamo italiani. Al costo di sembrare anche un po’ ossessivi, questa lacuna non cesseremo mai di sottolinearla e di amareggiarcene. Ammettiamo, per dirne una, che a Milano questo problema non esiste, anche in tanti locali in pieno centro storico: molto si potrebbe fare anche qui a Roma o a Napoli. Si sarebbe potuto fare.
Al netto di questo, trascorrere del tempo da Frattina è più che consigliato: servizio celere, sorridente e meno “romano” di quello degli altri bar storici romani. Personale certo sempre ai limiti del “sottostaffato” (è pazzesco: basta nominare un attimo Milano e subito si inizia a parlare come meneghini abbrutiti), eppure veloce e accogliente. Forse saremo stati fortunati, ma non abbiamo sentito né una lamentela né i pensieri ad alta voce di un membro del servizio o, cosa ancora più eccezionale, un rimbrotto tra due o verso la proprietà. Siamo così sconcertati che quasi vorremo iniziare a discutere noi con qualcuno, che so con un avventore del tavolo affianco. Per mantenere l’anonimato desistiamo e iniziamo il nostro attento esame. Cornetto, uno dei pochi rimasti, sono oltre le 11 di un assolato mattino ottobrino: bruttarello ed efficace. A guardarlo eravamo un po’ intristiti: è risultato oltre la linea della decenza. Cedric Grolet può dormire sonni sereni, la sufficienza, però, è più che piena. Ben fatto anche il caffè di cui, una volta passati per il bancone, scopriremo che i macchinisti ne conoscono la miscela senza inciampi, dubbi, sguardi strani o perfino contumelie per la strana domanda posta. Sfruttiamo quelli che la Thumberg auspica siano davvero gli ultimi caldi, per provare il gelato. La lunga vetrina – divisa in pozzetti creme, frutta e esposizione di semifreddi al cucchiaio – ci ha attratto al punto che optiamo sia per una bella coppa sia per un tartufo al bacio. Tutto dichiarato come artigianale e di produzione propria.
La coppa – che sembra uscita dagli oramai più che rimpianti anni ’80 in alluminio e con cialdina basic – ha un costo un po’ aggressivo di 9€. Eppure j’ammolla! Il gelato è cremoso, liscio al palato, rotondo e senza eccesso di zucchero. Così stuzzicante che a stento lo cediamo al nostro compare di degustazione: aggiungere un posto al tavolo(in)o in questi casi è d’obbligo. Stesso discorso – anche proprio dal punto di vista economico poiché 6€ per questo piccolo semifreddo non sembrano poi pochi – per il tartufo al gusto Bacio. Notevole; perfino grazioso nella sua semplice presentazione con la carta increspata dall’interno dorato.
Molto appetitosi appaiono anche i numerosi tipi di panini, focacce farcite e soprattutto i tramezzini che riempiono la vetrina. Non li abbiamo provati ma il solo sguardo denota una certa differenza con gli avvilenti tramezzini del povero Giolitti, evidente zimbello di questa recensione.
Al netto delle comparazioni sempre antipatiche e sulle quali non vogliamo più indulgere, una riflessione forse va fatta. Esistono in tutte le nostre città posti senza particolari guizzi che però svolgono da decenni il loro lavoro con una grande dignità e senza tradire il cliente. Luoghi in cui la qualità media è sempre più che discreta e su alcuni prodotti sono ravvisabili perfino delle note più che positive. Bar, ristoranti, pizzerie, che non salgono mai agli onori della cronaca, che non sono presi di assalto per periodi febbrili per poi cadere nel dimenticatoio, che hanno clienti costanti nel tempo e in ogni stagione dell’anno, perché alla fine il consumatore può essere fregato qualche volta, non sempre.
Ecco ci è proprio sembrato che il Bar Frattina faccia parte di quella silenziosa schiera di eletti: le attività che con i loro costanti incassi, chissà magari anche tutti scontrinati, reggono l’economia della ristorazione.
Opinione
Il Bar Frattina dal 1956 è una realtà consolidata della Capitale. Senza particolari guizzi e decisamente senza alcun clamore, svolge con precisione la sua attività. Gelati notevoli, caffè ben servito e preparato, e tramezzini all’apparire molto invitanti sono i punti di forza. Molto piacevole l’esterno con fila di tavolini curati su via Frattina, elegante strada romana.
PRO
- servizio accogliente e veloce
- buon gelato, dalla buona varietà e realizzazione
- buono il tartufo
- lievitati bruttarelli ma buoni
- espresso più che decoroso e non bruciato
CONTRO
- ambiente interno un po' scuro e obsoleto
- nessun servizio con accessibilità
- prezzo un po' elevato per i gelati con servizio al tavolo