Siamo stati al Bacareto Da Lele, a pochi passi da Piazzale Roma, a Venezia. Ecco la nostra recensione.
Piazzale Roma è il punto di approdo a Venezia per chi arriva in autobus o in auto (meglio l’autobus, che i parcheggi sono sempre pieni e carissimi). Nonostante tentativi più o meno efficaci di farne uno spazio organizzato (le corsie con i numeri dei bus e le tabelle con gli orari e i percorsi ci sono, ovviamente) c’è sempre quel retrogusto di far west, in cui tutti – indistintamente: pedoni che si muovono come mosche in un barattolo, turisti che vagano cercando di capire come arrivare a Piazza San Marco, portabagagli che trascinano carretti che sono un attentato agli stinchi, lavoratori che cercano di schivare tutte le categorie sopra riportate – tutti, insomma, anche se hanno in mente una meta, contribuiscono a rimandare alla mente un formicaio anarchico.
Capite bene che è necessario, sia che siate turisti smarriti, sia che dobbiate evitare i turisti smarriti, trovare un porto sicuro, un posto in cui poter arrivare e trovare pace, serenità. Ecco, il posto non solo esiste, ma – come nelle migliori favole – oltre a pace e serenità offre vino e vettovaglie a prezzi che farebbero commuovere persino un glaciale dirigente dell’Antitrust. Il Bacareto Da Lele non è un bacaro: è un’istituzione cittadina, un pezzo di quella Venezia ancora autentica, che resiste. Un porto per naviganti, di qualunque sorta.
La vicinanza alla sede Iuav, la facoltà di architettura, ne ha fatto il riferimento per gli studenti (suggerimento: inserire il cicchetto da Lele come credito formativo nel piano di studi). Ma, in una trasversalità interclassista di cui Venezia è maestra, qui ci trovate anche pensionati, professionisti affermati, dipendenti pubblici, lavoratori del turismo, famiglie con bimbi al seguito. Alle 7.30 del mattino ho visto vecchietti (si può dire ancora vecchietti o il web parte all’attacco?) appollaiati attorno alla botte esterna, pronti per il bicchiere di inizio giornata. Attorno, la città che comincia a svegliarsi. In orario aperitivo, nelle giornate migliori, la fondamenta è brulicante come ad un concerto estivo. E i gradini della chiesa attigua, normalmente raggiungibili, sono una meta lontana.
Da Lele: ambiente e servizio
Lele sta per Gabriele, l’oste che ha rilevato il bacaro nel 1968, dandogli il nome. Figlio di ristoratore (il padre gestiva un locale a Castello) ha reso il piccolo bacaro un riferimento. Sistemato in un edificio d’angolo, con il canale da una parte e un “campo” con annessa chiesa (dei Tolentini) dall’altra, il locale ha dimensioni ridotte perfino pure per lo standard veneziano.
Soffitto basso, legno alle pareti e travi come ogni osteria che si rispetti, un bancone con i panini e gli assaggi in bella mostra, motti vari ed una lavagnetta con scritti i prezzi del vino al bicchiere. Di più non ci entra.
Avete ordinato e volete accomodarvi a chiacchierare sorseggiando e mangiando? Andate fuori, che non c’è spazio. Fuori significa: la botte all’esterno (se la trovate libera, mettete un amico ad occuparla mentre voi ordinate), i gradini verso il canale, la scalinata della chiesa. Sento già l’obiezione: “sì, perfetto con la bella stagione, ma d’inverno?”.
Né il freddo né la nebbia fermano gli avventori. Spritz e vino sono degli ottimi agenti riscaldanti. Il servizio – unito alla scelta di proporre un unico tipo di cicchetti, come leggerete nel prossimo paragrafo – cordiale, simpatico, schietto, tipicamente veneziano è l’essenza del locale. Si può dire che, in effetti, Da Lele rappresenti bene il concetto del bacaro tradizionale, restituendone la dimensione originaria.
Della varietà del passato (a Venezia si distinguevano osterie, malvasie, furatole, magazeni, samarchi e bastioni ….a seconda del tipo di offerta e della possibilità o meno di consumare cibo nel locale), non resta molto: il bacaro ha ricevuto un’eredità complessa e articolata che non si riduce a cicchetti e spritz, ma che lo trasforma in uno luogo che elegge la convivialità a modo di vivere, e che ne fa una prospettiva attraverso cui osservare il mondo. L’appuntamento quotidiano in cui il bicchiere di vino è la cornice del racconto, la battuta con l’oste, l’ironia sottile, la seconda casa. Il bacaro racchiude tutto questo e Lele è un buon testimone del passato.
I cicchetti al Bacareto Da Lele
Come si fa a sfondare nel mercato? Si trova una nicchia e la si occupa. Come si fa a differenziarsi nella città in cui il numero di bacari a breve supererà quello degli abitanti? Si propone una sola cosa, sempre uguale a se stessa, guardando dall’alto in basso mode e tendenze. Ve lo diciamo subito: se cercate il cicchetto insolito, furbo, piacione e ruffiano, andate in un altro posto. Da Lele si viene da decenni per una sola cosa: i paninetti. Esposti in vetrina, freschi, farciti con salumi (porchetta, salame, speck, prosciutto crudo, cotto, mortadella, lardo) e formaggi. Facile, direte. Certo, facile. Talmente facile che basta che si abdichi alla qualità dei salumi, o che il pane sia cartone da traslochi e ci si ritrova seduti con il culo sui gradini del canale a guardare il locale di cui un tempo si era i gestori.
Se non vi basta, vi diciamo che l’offerta comprende anche pratici piattini/vassoietti con salame, formaggio, grissini (quando ci siamo andati abbiamo trovati questi, perché i panini erano finiti). La domanda cosmica è: basta questo per farne un bacaro da inserire nella vostro tour? No, non basta. E infatti, oltre ai panini (1 euro l’uno), ci aggiungiamo il vino, che al calice (minuscolo, come il locale) viene 0.70 centesimi. Ecco, ora basta.
Informazioni
Bacareto Da Lele
Indirizzo: Santa Croce 183, Campo dei Tolentini
Numero di telefono: 347 8469728
Orari di apertura: dal lunedì al venerdì 6 – 20; sabato 6 – 14: domenica chiuso
Sito Web: non pervenuto
Tipo di cucina: tradizionale bacaro veneziano
Ambiente: informale
Servizio: rapido e cordiale