Autem by Luca Natalini, ristorante a Langhirano, in provincia di Parma, ha aperto un paio di mesi fa e il suo fine dining a prezzo contenuto promette già molto. La nostra recensione.
Facciamo così. Per stavolta ci evitiamo il paragrafo introduttivo sulla strenua resistenza della provincia di Parma alla cucina creativa, la schiavitù del mediocre travestito da tradizionale e tutto il resto. Ragioniamo in maniera positiva, proattiva, come ha pensato bene di fare Luca Natalini -classe 1989 e già un lustro da brand chef in Russia e una finale di Top Chef sulle spalle- e cerchiamo di capire da lui come attaccare la fortezza gastronomica del Ducato senza venirne respinti e allontanati con accuse di lesa maestà e offensivi canti dei Boys.
La prima cosa da fare è appoggiarsi a una realtà locale. E Luca lo ha fatto letteralmente. La struttura di Autem nasce dal progetto di ricostruzione del prosciuttificio Galloni di Langhirano distrutto in un incendio nel 2016. Oltre al recupero del sito produttivo, sul tetto è stato ricavato uno spazio di accoglienza, tutta una vetrata circondata dalle colline e dall’enciclopedico giardino di essenze, tranne per una parete ovviamente dedicata alle suine creazioni della casa. Al momento della visita, a dire la verità, l’itinerario per il ristorante non è ancora chiarissimo. Entrate nell’area della produzione, salite la scala antincendio e il radicale cambio di prospettiva vi farà capire che siete arrivati.
Trovato il giusto gancio col tessuto economico autoctono, finalmente parliamo di cucina. E se è difficile elaborare un proprio percorso gastronomico fatto di autorialità, concretezza e idee chiare, figuriamoci pensarne due: ma Luca ha evidentemente un ampio repertorio e si può permettere di elaborare una linea “per chi comincia” e una “per chi persevera”, citando dalla carta.
I menu a 39 euro di Autem
Ci sono i tre menu degustazione “d’avvicinamento” tematici, carne, pesce o vegetariano, a 39 euro. Una chiara mano tesa verso il diffidente pubblico del posto, ma in cui Luca non si risparmia di esprimersi in libertà: niente cotture sottovuoto, tanta brace ed erbe aromatiche, materie prime certamente non glamour, e una buona dose di malizia nel creare composizioni sfacciatamente golose, pur mantenendo percepibili le acidità e gli amari che ha nel manico.
La rosolatura vivace del finocchio gratinato è un ricordo per tutti, il kefir a mo’ di besciamella contemporanea risolve in acidità la saturazione lipidica tipica delle teglie di verdure al forno. L’amaro delle erbe del “Risotto come se fosse un erbazzone” è il sottofondo elegante del diffuso scrocchiare del pane croccante e della mantecatura robusta. Capito il gioco? Siete circondati, non potete scappare.
Tortellofili della domenica o gastrofregni che siate, ce n’è per tutti.
Il menu “Mano Libera”
Ma lo so, siete qui per il suo “mano libera” (59 euro), e non si scherza più. Niente concetti gourmet accennati, niente sapori adulti sussurrati, nessuna ruffianeria paracula.
Si mettono subito le carte in tavola: battuta di cavallo, ostrica, sour cream, fondo di cavallo. Le due strutture del mollusco e della carne che si sovrappongono, note saline e note ematiche, le foglie amare, un boccone tellurico. E ancora deve arrivare la concentrazione lisergica di umami del fondo di carne, rinforzata da abbondante soia. Un cavallo pesto che ha visto parecchio mondo.
Della sua anguilla avevo già parlato in una rapida carrellata di interpretazioni di quello che sembra essere sempre di più uno stilema con cui confrontarsi. Acidità, se possibile, ancora più affilata, sostenuta dalla consistenza tenace del pesce e da una nota affumicata decisa, l’aceto giapponese conferisce complessità da invecchiamento e note marine dalle alghe in infusione, un’ampia campionatura delle erbe in giardino rende ogni boccone tanto compiuto quanto cangiante.
Nel menù a mano libera si trovano soprattutto piatti non presenti nella carta, o in qualche caso loro versioni più estreme. E qui è particolarmente interessante il caso della “pasta in bianco” rivisitata lo “Spaghetto in bianco, crema di mandorla e battuta di seppia”. Nella versione “mano libera” è senza cefalopode, come dire: l’idea al suo essenziale, l’amaro della mandorla non mitigato dalla salina della seppia è la versione spinta. Non è aggiungendo che si dà respiro a un’intuizione. Un passaggio di grande intelligenza ed eleganza, proprio nel momento in cui cominciavamo a pensare a Luca come un cuoco di forza, muscoloso ma poco avvezzo a sfumature più tenui.
Due livelli espressivi che si coniugano nel risotto mantecato al latticello e mela verde con creste di gallo e, per non farci mancare niente, una rifinitura di ragù di rognone. Il carboidrato brilla di acidità, con l’astuta nota lattica a fare le veci del beurre blanc (che sta tornando, anzi, è già tornato, segnatevelo!), a sostenere due topping dalla golosità decadente, la risposta gelatinosa al morso delle creste e il rurale fondo del ragù. È la sua cifra, forza nell’eleganza e malizia nella golosità.
Andrea Forti
Al netto della struttura, la famiglia Galloni si è anche decisamente divertita col fantaristorante. Oltre a un Top Chef in cucina, ha pensato bene di dotarsi di un veterano dell’evangelizzazione gourmet di queste terre: Andrea Forti, una vecchia conoscenza in quel dell’Osteria della Peppina, che qui ha tutta la libertà di portare la sua idea enologica di naturalità-pop che declina in una carta suddivisa per livello di difficoltà: Fragranti, Complessi, Estremi.
Un’ultima nota a margine, una mia piccola mania. Il piccione deve cucinarlo chi lo ama, altrimenti meglio lasciar perdere. Come si capisce se in cucina c’è un amante del columbiforme più inflazionati della ristorazione? Semplice, se il filetto è staccato dal petto e servito a parte come vedete in questo caso, siete cascati bene. Poi magari chi cucina è pure toscano per cui lo cuoce intero in casseruola e smonta dopo, e siccome è uno aggiornato dà al fondo una nota balsamica col gin, creando una composizione sontuosa e ambiziosa.
Ci siamo risparmiati la intro e risparmiamoci anche l’outro in cui auspichiamo che un locale così trovi finalmente una sintonia col pubblico locale. Il piano perché questo si realizzi è già in moto, e a pochissimo dall’apertura e anche prima dell’inaugurazione ufficiale in cucina c’è un’idea autoriale ben precisa ed eseguita con convinzione.
Informazioni
Autem by Luca Natalini
Indirizzo: Via Enrico Berlinguer, Langhirano (PR)
Sito: autembylucanatalini.it
Orari di apertura: a pranzo e a cena da Mercoledì alla Domenica
Tipo di cucina: di testa e di pancia
Ambiente: design bucolico
Servizio: empatico