Algiubagiò a Venezia, recensione: un panorama che vale qualche pecca

La nostra recensione di Algiubagiò, ristorante dal panorama mozzafiato sulla laguna di Venezia. Il menu, i prezzi, i pro e i contro.

Algiubagiò a Venezia, recensione: un panorama che vale qualche pecca

Una delle esperienze più suggestive per chi visita Venezia è senza dubbio quella di mangiare sull’acqua o “les pieds dans l’eau”, come dicono quelli raffinati. Terrazze, palafitte, prolungamenti, terrazzine con un unico tavolino per proposte romantiche: le possibilità sono molte, diverse e turisticamente appetibili sia che si abbia di fronte a sé il Canal Grande sia che la vista si perda nella laguna più aperta. Eccoci dunque al ristorante Algiubagiò, alle Fondamenta Nuove, punto di approdo di tutti i vaporetti che collegano Venezia alle Isole della Laguna Nord: Murano, Burano, Sant’Erasmo, Torcello.

La varia umanità di cui si può godere standosene seduti a tavola è attraente quanto la vista e il ristorante si può tranquillamente prestare come sede di lavoro per un antropologo o sociologo al lavoro su uno studio sui flussi turistici (nella bella stagione le Fondamenta si trasformano in un’unica interminabile coda per i battelli), sulla trasformazione degli stessi, sul loro impatto e sulla vita dei veneziani.

La storia

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Algiubagiò (il nome è l’acronimo dei nomi dei primi gestori e delle rispettive mogli) nasce ai primi del ‘900 come piccola osteria, diventando poi bar negli anni ‘70 con il significativo soprannome di “bar dei buranelli” visto che gli abitanti di Burano vi facevano sosta appena scesi dal battello proveniente dall’isola dei merletti.

Dagli anni ‘90 il locale viene sottoposto ad una serie di ristrutturazioni che nel 1997 culminano nell’apertura del ristorante cui segue la realizzazione della terrazza che ancora oggi rappresenta il punto di forza. Nel 2010 un ulteriore restauro trasforma l’insegna in quello che è l’aspetto definitivo e che accosta arredamento moderno, pezzi artistici di firma e non.

L’ambiente

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Algiubagiò consta di due anime: la sala interna e la terrazza e dove la seconda non necessita di alcun intervento umano vista la bellezza della prospettiva, la prima è il risultato della mano di architetti muranesi, di artisti e dello stesso titolare.

Soffitti alti in travatura, mattoni a vista, decori in ottone della fonderia Valese, chandelier di firma muranese, le Alghe in vetro di Davide Penso all’ingresso, dipinti alle pareti, enormi lampadari in vetro soffiato di Andromeda e Fabio Fornasier ed infine i tavolini realizzati con vecchie cassette di vini, creazione del titolare. Uno spazio artistico, insomma, dove i punti forti di Venezia vengono comunicati in modo accentato, riletti in chiave contemporanea e accostati ad opere moderne.

Un po’ quello che avviene in cucina, con una cura estetica dei piatti che giocano con colori, impiattamenti ad effetto e geometrie. Se l’interno gioca con l’arte, la terrazza sull’acqua non ha bisogno di aggiunte: l’essenziale è funzionale ad una vista notevole sull’isola di San Michele e poco importa se alla domanda del turista “che isola è quella di fronte?” dopo il nome venga specificato che si tratta del cimitero della città. Dopo i primi attimi di sgomento, l’attenzione si sposta sulla bellezza del luogo e sulle presenze illustri che fanno di San Michele il Père-Lachaise lagunare.

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La carta di Algiubagiò affianca proposte di pesce, prevalenti, a piatti di carne: la visione che ne emerge è la volontà di offrire uno spaccato sulla cucina lagunare, proponendone dei riferimenti imprescindibili (baccalà, nero di seppia, fruttura) riletti in chiave contemporanea accostati a piatti che per ingredienti e tecniche guardano agli stilemi del fine dining. Accostamenti non scontati, ingredienti che guardano all’oriente, che si allontanano dalle classiche paste e risotti (si vedano orzotto o gnocchi) o che guardano a pesci e carni non così presenti (sogliola, quaglia, coniglio).

Su tutto, il filo rosso della presentazione e degli accostamenti cromatici e di forme. Le proposte sono in numero contenuto per sezione e vanno dai 22-24 euro degli antipasti, ai 24-26 euro dei primi ai 32-34 euro dei secondi. Due i menu degustazione (75 euro): uno tradizionale, non così scontato quanto a venezianità, l’altro “classico”, con l’obiettivo cioè di far assaggiare i classici del locale. La cucina, dal 2021 c’è Daniele Zennaro, volto noto in città e che i più ricorderanno per essere stato l’anima del Vecio Fritolin, storica insegna chiusa ormai da qualche tempo.

Dalla carta si scelgono gli gnocchetti di patate con farina di segale, calamaretti, borragine e olio di ‘nduja: un piatto che, con la segale, richiama alla terra i calamaretti e che nell’uso della borragine rende omaggio alla stagione, giocando con i toni delicati del rosa dei petali e dell’arancio dell’olio piccante.

L’idea è interessante tuttavia paga una resa inferiore alle aspettative, anche a causa di una temperatura di servizio (il piatto è tiepido) che penalizza i sapori: se l’impasto degli gnocchi è ottimo, i calamaretti rimangono sottotono e nel momento in cui si cerca di comporre un boccone completo, l’amaro della borragine sovrasta il resto. L’uso della ‘nduja, forse pensato per dare carattere, in realtà non centra l’obiettivo, con il risultato di spazi di piccantezza che rimangono sospesi. Più convincente si sarebbe rivelata la scelta di sottrarre anziché aggiungere, puntando solo sull’elemento vegetale o solo sul pesce: un peccato, vista anche la qualità degli ingredienti.

Il trancio di merluzzo con emulsione alla bernese, asparagi bianchi con salsa olandese incappa, anche se in misura minore, nello stesso errore. Un po’ troppi elementi, quando una sola salsa sarebbe stata sufficiente. Anche in questo caso, qualità della materia prima indiscutibile, ma penalizzata da sovrabbondanza: l’essenzialità avrebbe reso più giustizia alla mano dello chef, che si percepisce di valore. Un po’ ostico da apprezzare anche l’impiattamento, con gli asparagi a recintare la salsa.

Non sia abbia timore di essere semplici: la complessità non è sempre sinonimo di bravura e capacità. Non a caso il dolce è un esempio di correttezza, piacevolezza e linearità: godibile nei suoi due ingredienti due – fragole e cioccolato (e “vaniglia Barbour” nome che riportiamo fedelmente come scritto), le prime in purezza ed in crema sopra una frolla al cacao e accanto, in sorbetto – che chiudono il tutto. Un ultimo appunto. Non si va al ristorante per fare i correttori di bozze, ma un consiglio ci sentiamo di darlo: la grafia corretta dei nomi degli ingredienti non è un vezzo da grammarnazi ma è segno di cura e di attenzione.

Scontrino Algiubagiò

Opinione

ristoranti

Ubicato in posizione strategica con vista sulla Laguna Nord, il ristorante Algiubagiò punta su una cucina che fa della creatività e della cura estetica e cromatica i suoi punti di forza. Non mancano i riferimenti ai classici veneziani ma sono contaminazione e volontà di sperimentare a prendere il sopravvento purtroppo con un eccesso di zelo: lavorando di sottrazione, sia la materia prima sia la mano di chi sta in cucina e che si percepisce buona sarebbero maggiormente valorizzate.

PRO

  • Servizio preciso e cortese
  • Posizione suggestiva

CONTRO

  • Impiattamenti e pluralità di ingredienti prevalgono sulla bontà dei piatti
VOTO DISSAPORE: 6.5 / 10
Voto utenti
Algiubagiò
Algiubagiò
Algiubagiò, Fondamente Nove, Venezia, VE, Italia