A Firenze lo scontrino di un bar o di un ristorante diventa il lasciapassare per girare in centro. È questa la sostanza, se non la letterale, dell’ultima ordinanza comunale voluta dal sindaco Dario Nardella. Ordinanza di cui noi avevamo dato notizia, come tutti, concentrandoci sul divieto di consumare alcolici in alcune zone della città, dalle 21 alle 6 di giovedì, venerdì e sabato. Insomma sembrava la solita misura non solo e non tanto contro il coronavirus ma, con la scusa di quello, contro i giovani molesti che sbevazzano e bighellonano nei posti bene: il famigerato “decoro”. Ma a ben guardare il punto centrale dell’ordinanza del Comune di Firenze è un altro: di sera e di notte, nel weekend, ci sono intere zone del centro dove non puoi proprio entrare, a meno che non ci abiti, o non stai andando o tornando dal ristorante/bar.
Divieto di stazionamento
Si legge infatti che il “divieto di stazionamento” prevede come eccezioni “l’attesa in coda per poter accedere agli esercizi pubblici e agli esercizi commerciali legittimamente aperti nel rispetto delle distanze minime interpersonali e la presenza al tavolo negli spazi in uso ai pubblici esercizi di somministrazione alimenti e bevande; la possibilità di attraversamento soltanto per accedere agli esercizi pubblici ed agli esercizi commerciali legittimamente aperti, nonché alle abitazioni private ed agli uffici pubblici e privati compresi nell’area, e per il deflusso dall’area”. In breve: se ci abiti o ci lavori, ok. Se sei in coda al ristorante, o seduto nel dehors del cocktail bar, va bene. Se infine stai andando in un locale, o ci sei appena uscito, passi. Ma poi, basta: in tutti gli altri casi, sei fuorilegge.
Quali sono le aree espressamente interessate dal divieto? Un perimetro non piccolo: Borgo La Croce, piazza Sant’Ambrogio, Via Pietrapiana, via Giuseppe Verdi, via dell’Agnolo, viale della Giovine Italia (escluso); piazza S. Spirito, via dei Michelozzi (tratto da Piazza S. Spirito a Borgo Tegolaio), via del Presto di San Martino (tratto tra Borgo Tegolaio e via de’ Coverelli), compresi il sagrato e la scalinata della Basilica di Santo Spirito; piazza Strozzi, via degli Anselmi, via dei Sassetti, piazza dei Davanzati, via Pellicceria, piazza di Parte Guelfa, piazza della Repubblica, via dei Brunelleschi, via di Porta Rossa (tratto compreso fra via Calimala e via Monalda), via Calimala (tratto tra via di Porta Rossa e piazza della Repubblica), via dei Lamberti (tratto tra via Pellicceria e via Calimala), via dei Cavalieri, via San Miniato fra le Torri; piazza Santa Croce; piazza S.S. Annunziata; piazza San Lorenzo.
Scrive giustamente il sito Finestra sull’arte: “Insomma: vuoi fermarti in piazza Santa Croce per vedere la facciata della basilica di notte, oppure vuoi soffermarti sui dettagli delle fontane di Pietro Tacca in piazza della Santissima Annunziata senza farti colpire dal solleone a picco sulla piazza durante il giorno? Non è più possibile nel fine settimana”. A meno che tu non sia in grado di esibire lo scontrino di un ristorante, a mo’ di salvacondotto universale.
Ora, non so a voi ma a me questa sembra una roba gravissima. Ben più dei divieti di mettere il naso fuori casa nel primo lockdown, delle limitazioni alla circolazione tra comuni del secondo, del coprifuoco, degli obblighi di mascherina tra un boccone e l’altro, del limite di 4 persone al tavolo del ristorante, e insomma di tutte le misure più o meno assurde che secondo alcuni sedicenti libertari avrebbero configurato la dittatura sanitaria. Perché poi quelle, quando la situazione migliora, come si vede vengono rapidamente dismesse. Questa invece nasce adesso: ed è chiaro che il grimaldello che usa Nardella è quello degli assembramenti, quindi ci muoviamo sempre in area contenimento Covid, ma la verità è che sta portando avanti da anni una battaglia per il “decoro”, che poi vuole semplicemente dire che la città deve essere fruita solo dai turisti, e i cittadini ridotti a figuranti.
Si attendono con ansia pareri di insigni costituzionalisti ed emeriti difensori delle libertà personali, magari quelli che sono sempre pronti a cavillare sul penultimo comma del ddl Zan o sulla legittimità formale dei d.p.c.m. in luogo dei D.L.
Okay, pensavo, noi siamo Dissapore e facciamo il tifo per il food and drink: ma veramente vogliamo che il bere e il mangiare diventino l’unica chiave di accesso alle città d’arte, al mondo, alla vita?