Massimo Bottura è soltanto secondo. L’Osteria Francescana è dietro il ristorante Eleven Madison Park di New York nella classifica dei 50 Best Restaurant; il gran modenese è riuscito a volare anche questa volta, ma non in alto come nel 2016.
C’è ovviamente un pizzico di delusione. Ma quando sei amato da tutti, intelligenti e sciocchi. Quando intorno a te si realizzano cose che il tuo esempio ha generato, quando sei un idolo, allora puoi dirti un uomo fortunato.
Ciò detto, siamo l’Italia, il Paese dove un’intervista mal interpretata può crearti un bel numero di detrattori, che anche ora si staranno chiedendo, ne siamo sicuri: “ma Bottura non doveva andare a vivere a New York dopo il referendum costituzionale?
Ci riferiamo all’intervista data nel dicembre scorso al Corriere della Sera, quando secondo il giornalista Aldo Cazzullo, nei panni dell’intervistatore, Massimo Bottura aveva minacciato di lasciare l’Italia e di trasferire l’Osteria Francescana, il ristorante migliore del mondo, a New York.
E’ andata davvero così? Lo abbiamo chiesto direttamente a Bottura in questa video-intervista girata a Identità Golose, il congresso milanese della cucina e d’autore, che si è svolto a marzo.
Hai davvero detto che se avesse vinto il No al Referendum te ne saresti andato dall’Italia, trasferendo altrove l’Osteria Francescana?
Mai detto, mai neanche presa in considerazione l’ipotesi. Chi ha letto l’articolo ricorderà che spiegavo una cosa: non è questione di Renzi o Grillo, il problema è l’intolleranza che a volte non mi fa più riconoscere il mio Paese. Una tensione pronta a esplodere in ogni momento. Giovani che non hanno fiducia in se stessi e nel futuro.
Perché uno come me rifiuta di trasferirsi a New York o a Hong Kong rinunciando per questo a milioni di dollari? (Dice proprio così, Bottura, “milioni di dollari”, n.d.r.). Perché sono uno di provincia, che vive e lavora a Modena, uno per cui la provincia è uno stato mentale, la quotidianità, l’ancora che ti fa restare con i piedi per terra.
Vivere la quotidianità senza perdersi nella quotidianità grazie ai continui spostamenti, come mi capita di fare grazie al lavoro che svolgo, è il vero segreto per vivere al meglio la provincia.
Si dice che quando hai realizzato tutti i tuoi sogni e sei andato anche più in là, venga il momento difficile, la resa dei conti. Che momento è questo per Massimo Bottura?
E’ il momento di restituire. Quando a cultura, conoscenza e coscienza si aggiunge il senso di responsabilità, capisci che devi restituire. Al tuo territorio, al tuo staff oppure facendo un gesto sociale. Parlo del momento in cui il cuoco contemporaneo sposta la luce da sé a quello che gli sta intorno.
Nel mio caso è il momento di creare Food for Soul (associazione che si batte contro lo spreco alimentare), aprire un refettorio per i poveri, essere accanto al Tortellante (progetto per aiutare i ragazzi autistici), insomma di spendersi per gli altri.
A proposito dei refettori che stai aprendo, qual è la situazione aggiornata?
Stiamo per aprire un nuovo refettorio a Londra, in un posto magico che non posso ancora rivelare. Mentre Lara, mia moglie, sta scrivendo il libro sull’esperienza del refettorio ambrosiano, aperto a Milano durante Expo 2015, che uscirà in ottobre.
Al libro partecipano i più famosi cuochi internazionali, da Ferran Adrià a Renè Redzepi, ognuno con la sua ricetta anti-spreco.
Cosa sogna ancora Bottura?
Un sogno ce l’ho, un’università, a Modena, o a Castelfranco Emilia (per essere così dettagliato il sogno, evidentemente, sta già diventando realtà) dove cuochi e contadini del futuro possano crescere insieme.