Non la facciamo spesso, ma dovremmo farla di più. Perché la cottura al cartoccio in forno è, fra le tecniche di cucina, una delle più interessanti, almeno sono tre aspetti: presentazione, gusto e salute.
Tra i – presunti – contro: difficoltà di esecuzione (ma sto per darti tips&tricks) e rischio di un effetto bollito poco goloso. Perché lo stile delle preparazioni al cartoccio è affine alle cotture stufate e ha punti di contatto con quelle a vapore.
Insomma, il metodo non è adatto ai fanatici della reazione di Maillard perché, fatalmente, quel che si chiude nell’involto (così come in una casseruola con coperchio) risulterà, fra virgolette, lessato.
Certo, non rosolato, né dorato, né croccante – se per croccante intendi qualcosa di sottoposto a calore forte diretto, tanto da formare crosticine e affini.
Quindi, la domanda sorge spontanea: per quale motivo scegliere questo tipo di cottura?
E come fare per ottenere i risultati migliori, valorizzare gli ingredienti, spremere il meglio dal tuo cartoccio?
Andiamo con ordine.
Perché devo fare un cartoccio?
Presentazione, gusto e salute – si diceva. E allora, analizziamo questi aspetti uno per uno.
Presentazione: non c’è dubbio che un bel cartoccio scenografico, aperto in tavola lasciando sfuggire i vapori odorosi della ricetta che racchiude, strappi spesso agli astanti un “oh” di meraviglia.
Non solo: il cartoccio nasce, per così dire, già impiattato. Gli elementi disposti con garbo all’interno portano via qualche minuto in fase di preparazione. In compenso, una volta sfornato si serve immediatamente.
Inoltre, cosa da non sottovalutare, il cibo arriva in tavola sicuramente ben caldo.
Gusto: se ben costruito, il cartoccio è una sinfonia di sapori e profumi che, durante la cottura, si mescolano armonizzandosi fra loro.
Per questo non devono mancare gli aromi, che siano erbe o spezie. Ed è ancora più intrigante se si usano ingredienti gustosi in partenza: un filetto di sgombro piuttosto che di sogliola, una costoletta d’agnello invece di una fettina di petto di pollo.
Salute: nel cartoccio si sviluppa vapore (appunto), che tiene morbidi gli ingredienti e veicola i sapori e gli aromi di cui sopra. Ergo: è possibile ridurre o eliminare del tutto i condimenti grassi. Un filo d’olio crudo aggiunto in tavola, una volta aperto l’involucro, sarà sufficiente a esaltare e arrotondare il gusto.
Alluminio, no grazie?
Dove incarto il mio cibo? Non nell’argento! L’alluminio, o carta stagnola che dir si voglia, fa davvero anni Settanta. Il cartoccio che ne risulta è sempre piuttosto bruttino.
Questo suggerirebbe già di scartarlo (e scusami il gioco di parole!) se non vuoi che i tuoi spaghetti allo scoglio somiglino in modo inquietante a quelli che servivano alla pensione Marechiaro durante le estati della tua infanzia.
C’è però anche una questione tecnica: l’alluminio, inteso come “carta di”, a contatto con cibi molto salati o molto acidi si corrode velocemente.
Diventa perciò sconsigliato se destinato a toccare direttamente una superficie cosparsa di sale, se il condimento è comunque molto sapido o se si usano ingredienti come agrumi e pomodoro.
Se ti stai domandando cose tipo “quel che si scioglie finisce nel mio cibo? mi farà male?” ti rispondo con le parole del sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri che, sul sito del ministero, fa questa precisazione “Anche nel caso in cui una piccola porzione… entrasse in contatto diretto con l’alluminio, anche a caldo, si verificherebbe un incremento poco significativo di alluminio nell’alimento e quindi il consumo dello stesso non costituirebbe un rischio per i consumatori”.
L’osservazione era relativa a panini farciti con salse (acide) e salumi (salati), ma si adatta bene anche ai cartocci.
Per i quali il vero problema non è dunque la migrazione dell’alluminio negli alimenti, quanto il fatto che la carta, corrodendosi, può arrivare a bucarsi, lasciando uscire il vapore e compromettendo il risultato.
Dalla regia mi dicono – poi – che sarebbe in atto una crisi dell’alluminio (!), quindi potrebbe anche darsi che presto non sia neppure tanto a buon mercato.
Per tutti questi motivi, ti direi di non usarlo eccetto che in poche, selezionate eccezioni – di cui ti parlo più avanti.
Quindi, con cosa incarto il cartoccio?
La carta da forno resta il materiale più indicato anche perché, data la sua struttura, si può accartocciare ad arte. Non solo: in forno prenderà una certa doratura che la rende bella da vedere.
Unico neo: se la cottura fosse prolungata, dalla doratura potresti passare velocemente all’annerimento. Il consiglio è quello di bagnare e strizzare la carta, cosa che la renderà anche più duttile.
Una scelta abbastanza di effetto (solo un filo leziosa, a mio gusto) è la carta fata, sorta di cellophane trasparente con cui realizzare fagotti e caramelle che lasciano intravedere il contenuto. Carina anche da sentire perché, all’apertura, è scrocchiarella.
Nei supermercati si trova anche in versione sacchetto da riempire, chiudere e infornare.
Come si fa un buon cartoccio?
Il cartoccio è un recipiente, non un sudario.
Scusami l’affermazione un po’ azzardata, ma è per chiarire che al suo interno l’aria deve circolare, per avere una buona distribuzione di calore e sentori.
Quindi, la carta non deve mai essere aderente al cibo (sì, con le dovute eccezioni, ci arrivo tra poco).
Naturalmente, deve anche essere ben sigillato. Cosa non sempre semplicissima.
La prima regola è usarne tanta, in modo che ce ne sia in sovrappiù da arrotolare e accartocciare.
Se, come ti dicevo, la inumidisci riesci ad arrotolare meglio i lembi. Per chiudere i più difficili (per esempio, quello superiore che, se non ripiegato bene, tende ad aprirsi) puoi spennellarli con una “colla” di acqua e farina.
Va bene, ma cosa ci metto dentro?
Puoi spaziare tra pesce, molluschi e crostacei, verdure di ogni genere, carni bianche o rosse purché tenere, magre e prive di connettivo (che non farebbe in tempo a sciogliersi, dati i tempi rapidi).
Insomma, puoi impacchettare qualsiasi cosa pensi possa ricevere beneficio da una cottura dolce, cercando di mescolare ingredienti base, magari dal gusto poco incisivo, ad altri più saporiti.
Puoi fare cartoccini mignon da servire come antipasto, porzioni individuali di secondo e contorno, fino ai grossi incarti che contengono un pesce intero, da sfilettare in tavola: in questa tecnica, più che in altre, è bello anche scatenare creatività e fantasia.
Ma andiamo comunque con qualche spunto di abbinamento.
Cartocci di pesce, di carne, di orto
Un grande classico sono i filetti interi di merluzzo, baccalà, salmone, pescatrice, ma anche i più sottili di orata o branzino. L’idea è quella di aggiungere sapore con alcune conchiglie (cozze, vongole, ben pulite!) o qualche gambero con tutto il guscio, le teste staccate in modo che rilascino i loro umori al sughetto.
Per la carne, abbonda con le verdure odorose come sedano, carota, cipolla e spicchietti d’aglio vestiti. E con le spezie, dalla paprica (magari affumicata) al pepe nero macinato fresco.
Attenzione allo spessore: la carne non deve in alcun modo restare al sangue, che si raccoglierebbe sul fondo risultando poco invitante. Quindi, fettine sottili e bocconcini piccini.
Le verdure sono tutte indicate, sia come contorno degli ingredienti di cui sopra sia come portata a sé stante: ratatoutille e caponate al cartoccio possono essere una bella scoperta.
Meglio usare verdure a crudo o appena sbianchite, per lasciare comunque un tocco croccante di cui l’insieme approfitterà volentieri.
A proposito di croccante: mancano, come dicevo, crosticine e rosolature. Puoi farle prima, passando rapidamente gli ingredienti in padella e tenendo tuttavia conto che il vapore le ammorbidirà (ma il sapore aumenterà).
Nulla ti vieta, poi, di aggiungere frutta secca: lamelle di mandorle, pinoli, granelle grossolane di pistacchi, nocciole o noci ti regaleranno il giusto crunch.
Le erbe aromatiche, infine, sono irrinunciabili, da usare a piene mani. Fra l’altro quelle come il rosmarino o l’alloro, che nelle cotture più “violente” si seccano o addirittura bruciano, diventando amare, nel cartoccio restano morbide e umide sviluppando solo profumini buoni.
Le basi, proprio
Sia la carne che il pesce possono essere posati su un letto di patate o carote a fette, prelessate al dente (i tempi di cottura dei cartocci sono sempre piuttosto rapidi), che si inzupperanno di tutti i succhi.
Lo strato di base può essere anche di agrumi: rondelle di limone, arancia e lime, naturalmente con tutta la scorza, regalano sicuro profumo.
Capitolo pasta o riso
Sì, puoi fare anche un primo al cartoccio. Il già citato spaghetto allo scoglio, un pilaf speziato in stile orientale, persino una paella.
Questi piatti, naturalmente, non si cuociono nel cartoccio ma vi si rifiniscono, esaltandoli.
La tecnica mista si svolge in due fasi. Preparali in modo tradizionale stando piuttosto indietro con le cotture (soprattutto dei frutti di mare). Quindi, traferiscili negli involti, sigilla e passa in forno qualcosa meno di dieci minuti.
E i tempi? E le temperature?
Appunto. Parliamo nell’ordine di 20-25 minuti al massimo, che si dimezzano se gli ingredienti hanno uno spessore contenuto.
A calore abbastanza sostenuto, intorno ai 200-210°: non aver paura delle temperature alte perché, comunque, il cartoccio esterno e il vapore interno le renderanno più gentili.
A spanne, posso dirti che molluschi e crostacei sono pronti in meno di 10 minuti, i filetti di pesce e la carne a fettine in 10-15, i pesci interi e le carni più spesse in 25-30 minuti, fino a 40 per le pezzature più importanti.
Posso farlo solo nel forno?
Naturalmente, no.
Perché un luogo magnifico in cui mettere un cartoccio è il barbecue e/o la brace, o meglio, sotto la brace.
Ecco le eccezioni cui accennavo: qui l’alluminio è d’obbligo (lo richiedono le alte temperature) e che sia ben aderente se vuoi cuocere, interi, melanzane, peperoni, patate o cipolle con la buccia.
Sulla graticola, o sotto i bricchetti roventi, questi ortaggi devono essere protetti dal calore, ma non troppo: l’esterno deve bruciacchiare, soprattutto nel caso di prodotti con la buccia (che toglierai al momento di servire) così che, alla fine, non avrai la Maillard ma un meraviglioso effetto fumé.
Questo tipo di cartocci funziona anche nel forno, a temperature molto alte (220-230°): perdi il sapore di brace e di legna, ma concentri quello naturale degli ortaggi che restano umidi e morbidissimi.
Per evitare la famigerata corrosione, non aggiungere condimenti finché non sei in tavola.
C’è poi il cosiddetto foil, la cottura in cartoccio di alluminio di grossi pezzi di carne (ne parlai a suo tempo a proposito di grigliata), dove l’involto deve comunque contenere una piccola quantità di liquido e, quindi, essere un po’ meno attillato.
E questa tecnica, direi, chiude il cerchio. Rendendo appetibile il cartoccio anche ai più goderecci.