Io l’avevo detto, come il più cattivo dei Terminator. “I’ll be back”, sono di nuovo qua, e ho portato pure IL dolce. Niente meno che la ricetta del tiramisù. Venite pure a riabbracciare “la ricetta perfetta” di Dissapore.
Riprendo il bandolo del ricettario dal dolce italiano più democratico e famoso al mondo, imperituro sui menù di casa nostra, prima che arrivasse l’orrido tortino al cioccolato dal cuore di lava e farina cruda.
Il tiramisù ha una formula senza dubbio vincente: l’uovo che dà la struttura, la sontuosità del mascarpone che avviluppa il palato, il biscotto tremulo, la caffeina che stimola i sensi e smorza gli zuccheri, il cacao amaro che salda e comprime una specie di furioso Big Bang di sapori.
Piace (quasi) a tutti, la sua unità di misura è la teglia.
Che il tiramisù l’abbia inventato Speranza Gatti, cuoca del Camin di Treviso, o sia nato al Ristorante Le Beccherie (che nel frattempo ha chiuso), presso l’Albergo Roma di Tolmezzo o nella cucina de Il Vetturino, che ne rivendichi la paternità Puffo Inventore o Pippo Baudo, poco importa.
La mia versione preferita del tiramisù rimane quella (improbabile) della maîtresse trevigiana, pare lo somministrasse ai suoi amanti al posto del Cialis.
Il tiramisù secondo Iginio Massari. Potevamo non scomodare lui, Iginio Massari, il pasticciere dei pasticcieri, su un tema tanto dibattuto?
Andiamo con ordine.
Tuorlo crudo, sì o no? La ricetta tradizionale del tiramisù prevede i tuorli crudi, ma chi ha la testa sulle spalle sa che dopo un quarto d’ora la combinazione tuorlo crudo/zucchero diventa fonte di inquinamento batterico.
Il tuorlo va necessariamente “cotto” con uno sciroppo di zucchero a 116°-121°.
Mascarpone: voglio farlo a casa. Senz’altro un mascarpone fresco fa “la barba” a qualsiasi prodotto industriale, farlo a casa non è un’operazione particolarmente complessa. Basta unire 1,2 grammi di acido citrico per litro di panna, portarlo ad 82 gradi, lasciarlo a questa temperatura per circa 20 minuti e poi conservarlo a circa 4 gradi per 48 ore.
Si elimina la parte liquida e si ottiene un ottimo mascarpone.
Il caffè nel tiramisù, diluito, zuccherato, alcolizzato?
Diluito mai, 1 parte di zucchero ed 1 di caffè, liquore al caffè, se piace.
E i savoiardi? Sarebbe opportuno, per un buon tiramisù, avere dei savoiardi freschi, che assicurano un buon inzuppo grazie alla leggerezza della pasta e ad un’ottima alveolatura.
Il savoiardo fresco viene cotto a temperature lievemente più alte e, per sua natura, mantiene un’umidità del 28/30 % (è un biscotto che fa parte dei biscotti speciali, visto che non viene cotto due volte ed ha più dell’8% di umidità).
Un prodotto industriale, in presenza di un tasso di umidità così elevato, non resisterebbe molto sugli scaffali.
Insomma, avete sentito il maestro? L’uovo crudo è un ingrediente da archiviare.
Panna + limone = mascarpone. Il mascarpone non è altro che panna “acidificata”, diversamente e zitellamente panna.
Molti pasticcieri, e io con loro, alleggeriscono la crema del tiramisù aggiungendo una parte di panna fresca semimontata. Migliora la texture e in generale, il sapore del dolce (io vorrei capire perché ce l’avete a morte con la panna..)
Ma se siete dei puristi e disdegnate le aggiunte, ecco la ricetta del pasticciere Claudio Pistocchi da Firenze, l’uomo che ci fa sognare con l’omonima torta al cioccolato.
Claudio è del partito del Pavesino, meringa all’italiana, base tiramisù pastorizzata, caffè ristretto e mascarpone. Easy.
Savoiardi vs. Pavesini per il tiramisù: stress test
Uh, quanto mi piacciono questi giochini.
Ebbene miei cari, era un po’ di tempo che volevo farlo, trovare il modo per incoronare una volta per tutte il biscotto perfetto per il tiramisù.
I contendenti al titolo*:
– Savoiardo artigianale sardo (anche noto come pistoccus o pistoccheddus)
– Biscotto di Novara (leggermente più spesso del Pavesino)
– Savoiardo tradizionale fatto in casa
Tutti i biscotti sono stati inzuppati per poco più di un secondo, in una bagna di caffè amaro a temperatura ambiente.
3 Ingredienti per 3 biscotti: i Savoiardi e i Biscotti di Novara sono fatti solo e soltanto di uova, zucchero e farina (in proporzioni differenti).
Non me ne vogliate, ma ho escluso dal test i savoiardi più diffusi, quelli di pietra pomice impastati con la colla da parati.
Vi giuro, piuttosto mangerei lo zucchero a cucchiaiate come la Regina Vittoria d’Inghilterra, quei parallelepipedi rasposi li detesto.
Tornando a noi, rapida carrellata dei responsi: 1. Il savoiardo fatto in Sardegna è impenetrabile, troppo gnucco e mollicoso 2. Biscotto di Novara. Ho provato a bagnarlo il giusto ma è fisicamente e meccanicamente impossibile.
Bavoso e sbrodolino: bocciato
3. E’ lui, l’ho trovato. Non fa una piega, composto, asciutto ma non troppo, in altre parole, perfetto.
Non c’è storia, il savoiardo fatto in casa dà una pista agli altri due. E adesso vi dico anche come si fa. Dal libro “Tradizione in Evoluzione” di Leonardo Di Carlo:
180 g di albumi
150 g di zucchero semolato 120 g di tuorli
150 g di farina setacciata
zucchero a velo per lo spolvero
Prima di preparare la “meringa”, solite e dovute accortezze:
-le uova devono essere sempre a temperatura ambiente
-la ciotola e le fruste che useremo per montare gli albumi devono essere pulite e prive di ogni eventuale traccia di grasso o tuorlo.
Partiti.
Accendo il forno a 180°
Ungo tre teglie rettangolari e rivesto con carta da forno, il burro fuso mi aiuterà a tener salda la carta.
Verso gli albumi nella ciotola e faccio schiumare per un minuto circa, aggiungo lo zucchero semolato a pioggia e monto con le fruste fino ad ottenere una meringa soda e lucida.
Aggiungo i tuorli d’uovo battuti, una cucchiaiata alla volta, e mescolo dall’alto verso il basso per evitare di sgonfiare il composto.
Setaccio la farina e la aggiungo alla montata di uova in tre volte, sempre mescolando dal basso verso l’alto.
Verso in una sac à poche munita di bocchetta liscia (larga 1cm) e sprizzo i savoiardi distanziandoli tra loro.
Cospargo con abbondante zucchero a velo setacciato, lascio riposare per 10 minuti e giù ancora, altra nevicata di zucchero.
Cuocio fino a doratura (circa 10 minuti).
Aspetto che i biscotti si raffreddino completamente prima di tirarli via dalla carta forno.
Altra ricetta, quella di Iginio Massari:
100 gr di tuorlo d’uovo 45 gr di zucchero
1/2 bacca di vaniglia 145 gr di albumi
40 gr di zucchero
70 gr di farina 00
23 gr di fecola di patate
zucchero a velo per lo spolvero
Tecnica diversa, risultato chevvelodicoaffà.
Preriscaldo il forno a 220°.
Monto separatamente i tuorli con la loro dose di zucchero (45g) e la vaniglia, faccio la stessa cosa con gli albumi (40g). Setaccio la farina con la fecola, per eliminare eventuali grumi e areare le polveri.
Incorporo 1/3 degli albumi montati a neve nei tuorli e mescolo con una spatola dal basso verso l’alto. Aggiungo metà delle polveri ed un altro terzo degli albumi, mescolo con delicatezza, poi di nuovo farina e quindi l’ultima dose di albume superstite.
Trasferisco il composto in una sac à poche come sopra, formo i savoiardi sulla carta forno, doppio passaggio di zucchero a velo e cuocio per 6-7 minuti in fessura, incastrando un cucchiaio di legno tra il forno e lo sportello.
Fatevi guidare dall’istinito, le ricette sono entrambe facili e affidabili.
Nota: i savoiardi di Di Carlo sono più dolci e croccanti, quelli di Massari più strutturati e soffici.
Ultimo passaggio obbligatorio, la lettura del testo sacro Tiramisù e Chantilly di Luca Montersino. È da lì che arriva (in parte) la ricetta perfetta del tiramisù.
Ingredienti
Per la base tiramisù pastorizzata:
175 g di tuorli (8-9 circa)
340 g di zucchero semolato
100 g di acqua
1 bacca di vaniglia
Per la crema tiramisù:
450 g di base tiramisù pastorizzata 500 g di mascarpone
500 g di panna fresca
Per il tiramisù classico (dose per 8 persone)*
1 kg di crema tiramisù
500 g di savoiardi
800 g di bagna al caffè a temperatura ambiente (io uso caffè in purezza, senza zucchero)
60 g di cacao amaro
*Utilizzando tutta la dose di crema tiramisù ho riempito 3 pirofile medie
Preparazione
Inizio a preparare la ricetta del tiramisù partendo dalla base: verso l’acqua in un pentolino d’acciaio (100 g), aggiungo lo zucchero semolato e afferro il termometro da cucina. Nell’attesa, lo sciroppo deve raggiungere la temperatura di 121°, recupero le fruste elettriche e faccio schiumare leggermente i tuorli con la polpa della vaniglia.
Verso velocemente lo sciroppo nei tuorli, facendo scivolare il liquido sulle pareti della ciotola e a debita distanza dalle fruste (questa roba schizza, è magma puro). Monto il composto fino a raffreddamento e metto da parte.
Importante: per vedermi all’opera su una ricetta simile date un’occhiata al video della meringa italiana. E non dimenticate che la base tiramisù può essere preparata in anticipo e stoccata in congelatore per 10/15 giorni.
STEP 2: la crema. Lavoro il mascarpone con una frusta, fino a renderlo una crema, e aggiungo una piccola dose di base tiramisù. Una volta amalgamati i due composti aggiungo il resto della base tiramisù e continuo a mescolare.
Aggiungo la panna “lucida”, montata ma non troppo, e mescolo d-e-l-i-c-a-t-a-m-e-n-t-e dal basso verso l’alto
Dispongo la mia trincea di pirofile, catena di montaggio savoiardo-caffè-strato di crema. L’inzuppo è ponderato ma rapido, il caffè amaro, che mi bilancia la crosticina di zucchero del biscotto, la porzione di crema generosa.
Faccio due strati di biscotti, incrociati, termino riempiendo una sac à poche di crema tiramisù e ingioiello con tanti spuntoncini, tutti rigorosamente storti.
Ripongo il tiramisù in frigorifero per due lunghissime, interminabili ore.
Cospargo il tiramisù con una pioggia di cacao, tanto cacao, e mi preparo psicologicamente al weekend.
Com’era quella storia della maîtresse?
[Crediti | Link: Dissapore | Immagini: Rossella Neiadin]