Dalla Scozia con amore, ma intanto tutti li salutano come inglesi.
Eppure il loro nome potrebbe nascere dagli schoonbrot olandesi, ovveroa dal bel (schoon) pane (brot). Certo, c’è chi ci vede del gaelico in mezzo con gli sgon, la cui traduzione porterebbe ad un gran boccone.
Fatto sta che la ricetta perfetta di questa settimana siamo ha per protagonisti gli scones. Non si era capito?
Il piccolo grande mondo degli scones
Non basta dire grandi bocconi. Scones come? Semplici? Con l’uvetta o i cranberries? Meglio le gocce di cioccolato? O scorze d’arancia candite? Oppure puntiamo sugli scones salati? Ti puoi accontentare del formaggio?
Non sono questioni di lana caprina.
Da una ricetta all’altra cambia il rapporto tra grassi e farina, ma pure tra latte e burro. Neppure sulla necessità di uova c’è accordo. Nigella Lawson, la telecuoca inglese che tutti seduce, preferisce ometterle, mentre Bea’s of Bloomsbury, catena londinese di pasticcerie specializzata in scones, arriva ad impastarne tre.
Occhio, però, Bea ammette di ispirarsi alla versione americana, che sa molto di shortcake (dolci americani fatti con un particolare pane lievitato).
Per non parlare di quanto uno scone salato rischi di essere confuso per un cobbler, dolcetti alla frutta tipici dell’America del sud.
Ed eccoci al punto in cui io –sì, io– dovrei tracciare il solco tra scones, shortcake e cobbler e chissà cos’altro. In molti ripetono che tra scones inglesi e americani sono i grassi a fare la differenza.
La rivista Cook Illustrated è di questa opinione. Eppure bisogna avere una visione d’insieme e rintracciare quelle ricette dove accanto al burro figura anche il lardo. Solo allora il confronto si può fare. Su questo fronte è molto attiva Felicity Cloake, giornalista inglese del Guardian, che menziona spudoratamente il lardo tra gli ingredienti dei suoi scones.
E può essere l’uovo sufficiente a fare una shortcake?
Sono solo io a domandarmelo, mentre molti affrontano il facile confronto tra scones e biscotti? Ma lo sai che a Wimbledon, sì, il torneo di tennis, sotto la panna e le fragole non c’è uno scones ma una shortcake? Lo dice anche Sonia de Il Paese delle Meraviglie.
Cos’è, poi, questo mio tentativo di affrontare pure il cobbler?
Forse vi siete persino dimenticati di quella portata, nata dolce e diventata anche salata, che viene cotta al forno ricoperta grossolanamente di ritagli tondeggianti d’impasto. Dopotutto non ci si interessa facilmente, alle nostre longitudini, delle ricette nate al tempo delle colonie inglese nelle Americhe. Per farti venire l’acquolina della curiosità di lascio col cobbler di David Lebovitz, cuoco americano e fotografo sopraffino.
Fatto sta che la farina di avena, che c’era negli scones scozzesi, sembra abbia rinunciato a imporsi durante l’ora del tè. E neppure si fa più caso alla forma degli scones: tondi o triangolari, basta saperli fare.
Sull’aggiunta o meno dello zucchero un po’ si tace.
Tendenzialmente è un no, data la doppia vita degli scones in fatto di “ripieno” dolce o salato. La foodblogger Vaniglia Cooking, alias Rossella Venezia, non rinuncia, però, al garbato tocco dolce.
Anche i lieviti hanno la loro parte.
D’abitudine utilizzo bicarbonato di sodio e cremor tartaro senza lesinare. In alternativa il bicarbonato può bastare, ma non manca chi si limita al lievito per dolci. L’importante è che l’agente lievitante agisca in fretta, dati i ridotti tempi di cottura. Alla fine basterà uno sguardo per capire se ha funzionato: gli scones devono apparire quasi dei soufflé per il koro gonfio entusiasmo.
Ammetto, infine, di aver voluto sorvolare anche sulla questione del latticello o buttermilk. Non me ne sento in colpa, perché il National Trust Book of Scones, un’autorità in materia, parla esplicitamente di latte intero tra i principi per fare gli scones “perfetti”.
Ad ognuno il suo scones
Saperli fare, ma come? Impastando.
La ricetta base è quella che conta. Per non strafare mi limito agli scones dolci, ben sapendo che Nigel Slater, cuoco, giornalista e autore di ricettari molto venduti in Inghilterra, ha comunque diffuso la ricetta dei suoi scones al formaggio.
Quindi prendo la farina del Molino Quaglia Tipo 1, partner di Dissapore, e seguo le orme di Nigella, ma mi concedo alla semplice tecnica suggerita nel National Trust Book of Scones per gli Early Gray Scones.
Ovvero, metto in infusione delle foglie di tè nel latte. Stavolta ho scelto del tè bancha fiorito, trovato tempo fa a Roma da Biblioteq, imperdibile negozietto specializzato, e gli scones sono stati serviti con della panna, sopra cui sono finiti i chicchi di uva fragola.
Prima di ogni critica, confronta questi con gli scones che la foodwriter Diana Henry etichetta come perfetti. Lei punta sul buttermilk o sulla panna. Eh, sì, torna alla ribalta la questione dei grassi.
Dopotutto, a ognuno i suoi scones. Io mi “accontento” di questo, che è molto più scones dei drop scones amati da Sua Maestà. Sì, oso dirti che nonostante il nome, gli scones di Queen Elizabeth sono in realtà dei pancakes, anche se scotch pancakes.
Di sicuro Anna Stanhope, duchessa di Bedford (1788 – 1861), quando chiese nel 1840 (circa) dei pani dolci per un tè pomeridiano, ricevette i primi scones della storia. Non mi è dato sapere quanto gli scones che la Regina Elisabetta utilizzò per trasformare il tè pomeridiano in tradizione, fossero quelli di Anna o quanti grassi avessero.
Nobili o plebei, colpevoli e investigatori, tutti tagliano gli scones caldi a metà e ci spalmano soddisfatti del burro, che secondo taluni dovrebbe essere salato, secondo altri potrebbe tramutarsi in panna. Prendono, poi, la marmellata, con predilezione per quella di fragole. Infine, con molta probabilità, sorseggeranno il loro tè.
Facciamolo anche noi.
La ricetta perfetta
Ricetta base:
500 grammi di farina Molino Quaglia Petra Tipo 1
2 cucchiaini rasi di bicarbonato di sodio
3 cucchiaini di cremor tartaro
125 grammi di burro
300 grammi di latte intero
Aggiunte/varianti:
2 cucchiaini di foglie di tè o 1 bustina di tè
o in alternativa 100 grammi di uvetta sultanina o cranberries
Per decorare:
1 uovo leggermente sbattuto
Prima di passare a lavorare tutti gli ingredienti, se si opta per la versione al tè, riscaldare il latte.
Lasciare in infusione nel latte caldo, con fornello spento, le foglie di tè.
Filtrare il latte dopo 2-5 minuti.
Infine, dare tempo al latte di raffreddarsi.
Preriscaldare il forno a 220°C.
Mescolare assieme in una ciotola la farina, il bicarbonato di sodio, il cremor tartaro.
Unire il burro tagliato a dadini.
Lavorare con la punta delle dita il burro con il mix di ingredienti secchi.
Ottenuta una sorta di sabbia, ossia quando i pezzettini di burro si sono fatti piccoli ed infarinati, unire il latte.
Amalgamare il tutto. All’inizio si possono mescolare gli ingredienti con un cucchiaio. Poi, però, bisogna passare ad usare le mani.
Se si è optato per l’uvetta sultanina, aggiungerla ora.
Ottenuto un composto omogeneo, stenderlo con un mattarello, su un piano di lavoro infarinato, fino a livellarlo fino ad un massimo di 3 cm circa di altezza.
Tagliare gli scones, con un tagliapasta o un bicchiere.
I resti di impasto si possono lavorare assieme per ottenere un nuovo panetto, da stendere e tagliare.
Si possono ottenere fino a 15-18 scones a seconda della loro grandezza e dello spessore scelto. Io di solito li taglio quando sono alti 1-2 centimetri.
Porre gli scones, non distanti tra di loro, sulla teglia ricoperta di carta forno. Durante la cottura non è un problema se gli scones si toccano.
In alternativa, stendere l’impasto dandogli una forma tondeggiante. Livellato, trasferirlo sulla teglia da forno, meglio se ricoperta di carta forno. Tagliarlo a spicchi.
Spennellare gli scones con l’uovo leggermente sbattuto.
Cuocere gli scones a 220°C per 10-15 minuti.
Lieviteranno rapidamente.
Si tagliano a metà e sono pronti quasi pronti per essere mangiati. L’ideale è servire subito gli scones accompagnati da panna e marmellata o qualche frutto di stagione, come in questo caso.
Per esperienza, se cotti 15 minuti sono gustosi anche il giorno dopo. Mi è capitato di doverli regalare per le colazioni del giorno dopo.