Poche cose mi fanno infervorare come i risotti sbagliati.
Avete presente quelle brodaglie da mensa scolastica, impreziosite da chicchi galleggianti e cupidigia, o quei dischi rigidi castigati dai coppapasta, che azzerano l’appetito e invogliano a disintegrare il piatto con una mazza da hockey?
Se anche voi siete vittima delle stesse idiosincrasie continuate pure a leggere, poi mi ringrazierete.
Meteo sotto zero, tempo di millefoglie, di coperte e comfort food, ma anche di radicchio. E radicchio chiama inevitabilmente risotto.
Tanto amato e spesso bistrattato (sempre più spesso sento blaterare di agghiaccianti versioni in pentola a pressione o in macchine scaldacuociemescola), è in realtà semplice da realizzare, ma richiede cura e almeno una mezz’ora di tempo.
Senza le coccole non si va da nessuna parte, la tenerezza vince, anche con il riso.
Partiremo quindi dal risotto al radicchio per “ripassare” le 5 regole d’oro per realizzare il risotto perfetto.
Un primo semplice e sofisticato insieme, un piatto tradizionale della cucina veneta che si fa voler bene a tutte le latitudini.
QUALE RADICCHIO
Il radicchio di cui parliamo è quello di Treviso – che viene coltivato in 24 comuni tra le province di Treviso, Venezia e Padova, degno del titolo IGP- , esistono due varianti: quello precoce, più ordinario, e quello tardivo, caratterizzato da foglie lunghe, strette e arricciate in cima, consistenza croccante e gusto amarognolo (per i più curiosi: le 10 varietà di radicchio che tutti devono conoscere)
La variante tardiva sarà quella che utilizzeremo per il nostro risotto, la più pregiata tra le due data la complessità del processo di produzione.
Le fasi di lavorazione includono infatti un bagnetto in vasche piene d’acqua di falda e a temperatura costante. E’ in questo modo che si ottiene il risolutivo “imbianchimento” , passaggio che conferisce ai cespi il colore bianco-violaceo e la parziale perdita della nota amara.
Ingredienti per 4 persone:
320 g di riso semifino (Vialone Nano) o superfino (Carnaroli, Arborio)
60 g di burro più 50 g per la mantecatura
1 scalogno o 1 cipolla piccola, brodo vegetale (ottenuto con sedano, carota, cipolla)
1 bicchiere di vino bianco secco
3 cespi di radicchio di Treviso tardivo
Grana grattugiato per mantecare
sale
pepe
Preparazione:
Prepariamo il brodo partendo da acqua fredda: ridurre a pezzi grossolani le verdure (le coste di sedano senza foglie, la cipolla e la carota, con la buccia ma ben lavata; se li avete, aggiungete dei gambi di prezzemolo).
Portare ad ebollizione a fuoco bassissimo e fare sobbollire per 20 minuti. Non salare.
Mondare il radicchio e tagliarlo a chiffonade; mantenerlo bagnato con l’acqua del lavaggio.
Prepariamo il tegame per il risotto e ripassiamo insieme le regolette.
1: UTILIZZARE IL TEGAME CORRETTO
Il tegame deve essere abbastanza basso e largo, il riso deve rimanere ben distribuito e disteso, senza ammassarsi.
Usare un tegame in rame sarebbe idilliaco (magari quello della nonna), ma l’alluminio va più che bene, poiché ci assicura una migliore conduzione e distribuzione del calore; se non abbiamo rame o alluminio utilizziamo una buona pentola in acciaio (che abbia il fondo con un disco di alluminio).
Evitiamo l’antiaderente che, come per la carne, inibisce la tostatura.
Tritare lo scalogno, o la cipolla (io preferisco lo scalogno perché più delicato) e trasferirlo nel tegame in cui avremo fatto fondere precedentemente il burro.
Sì, io uso il burro.
Nell’eterna lotta tra olio e burro, sano o no, la sottoscritta utilizza solo e soltanto lui.
Può comunque essere sostituito da un buon extra vergine d’oliva.
2: BRASARE ATTENTAMENTE LO SCALOGNO/CIPOLLA
Tenere il trito bene unito al centro del tegame e, con l’aiuto di un coppino in alluminio, brasare a fuoco bassissimo.
Con questo piccolo trucchetto lo scalogno non brucerà, in quanto l’umidità che ne evapora si condenserà sull’alluminio, per poi ricadere sull’inebriante dadolata.
Lo scalogno sarà pronto quando diventerà trasparente, se necessario, aggiungere pochissimo brodo.
Questo passaggio non è fondamentale: la presenza dello scalogno o della cipolla nel risotto, intendo.
Io spesso unisco uno scalogno intero, lo lascio durante tutta la cottura (per far rilasciare i profumi) e lo elimino appena prima di servire in tavola.
C’è chi lo fa appassire, lo frulla e lo unisce a metà cottura, alla Marchesi maniera.
Ma torniamo a noi: unire il radicchio e farlo appassire.
Aggiungiamo quindi il riso.
3: TOSTARE BENE I CHICCHI
Alziamo la fiamma e tostiamo bene i chicchi, muovendo senza sosta il tutto con un cucchiaio. Questa fase serve a sigillarli e a fare sì che tengano meglio la cottura.
Procedere fino a che non li sentiremo “scoppiettare” leggermente.
Io amo il riso molto al dente, quindi prolungo un filo di più questa fase.
A questo punto sfumiamo con il vino bianco, facendo evaporare.
Se volete eliminare l’alcol, e aggiungere il tocco da chef fighetti, fatelo sobbollire per qualche minuto in un pentolino.
Abbassiamo di nuovo il fuoco, che deve essere medio, e aggiungiamo il brodo caldo.
Il riso non deve mai essere troppo coperto di liquido, ma a“a filo”, e va aggiunto poco alla volta, mano a mano che si assorbe.
Aggiungere sale e pepe e regolare durante la cottura successiva.
Il brodo può anche essere sostituito, orrore-orrore, con acqua calda.
Lo dicono gli chef, mica io. Sempre partire da ottime materie prime, e procedere in questo modo per non intaccare i sapori.
A me piace utilizzare un brodo vegetale leggero, che poi è un’acqua profumata, il risotto con l’acqua scaldata lo lascio fare a loro.
4: MESCOLARE SEMPRE
Poiché il riso superfino è poco ricco di amidi, il loro rilascio va stimolato.
Giriamo sempre il nostro risotto per favorire la fuoriuscita di amido e ottenere una buona cremosità finale.
In anni di scuola di cucina ho sentito favoleggiare i miei allievi di ogni genere di procedura (l’incipit più ricorrente: “mia nonna diceva che…”): girare sempre nello stesso senso, girare con movimenti “a otto”, non girare mai, guardare e non toccare.
Io una certezza ce l’ho: se non si gira, il risotto si attacca.
Quindi, girate, come volete, ma girate (oh!).
Il tempo di cottura è di circa 16-18 minuti, dallo step in cui viene aggiunto il brodo. Monitoriamo sempre la resa.
Una volta cotto il riso, procediamo alla mantecatura. Uniamo il burro rimanente, il grana grattugiato e copriamo per un paio di minuti.
5: MANTECARE ALL’ONDA… O QUASI!
La mantecatura all’onda serve a stimolare al massimo la fuoriuscita di amido dai chicchi.
Viene effettuata dai professionisti muovendo il tegame su una superficie liscia avanti e indietro, violentemente, in modo che il riso in esso contenuto sbatta contro le pareti formando “un’onda”, appunto.
Noi, a casa, possiamo ottenere un risultato analogo mescolando il risotto in maniera decisa, con movimenti rotatori e molto veloci.
Pronti per gustare il vostro risotto?
E se avanza?
Domani sarà ancora più buono, ripassato in padella, con quella crosticina che, mmmh.
Perché Nonna docet. Ora sì.
[Crediti | Immagini: Emanuele Meschini]