Possibile che non ci si possa allontanare dai luoghi comuni? Tutti a raccontare la schietta Toscana, come se da Lucca a Grosseto non si digerissero altri aggettivi. Toscani, ribellatevi! Meritate di più. Prendiamo una semplice zuppa di pane. Quanti nome può avere? A dispetto della rosa shakespeariana, cambiando il nome, varia il profumo, il sapore e l’incanto. Una ribollita non è la stessa cosa di una zuppa pavese, così come poco ha da spartire con una, seppur toscana, acqua cotta.
E allora? Sono sulle orme della ribollita con un grande imperativo: evitare il Parmigiano Reggiano e qualche altro luogo comune sui “fiorentini mangia fagioli/lecca piatti e ramaioli”, sebbene con loro mi leccherò le dita al sapore di una buona ribollita.
Bollori e giorni di magro
Povera, stagionale e pure piatto di magro. La ribollita le ha tutte. La tradizione toscana voleva che si preparasse in grande quantità per il venerdì, quando la carne non si doveva gustare. Quel che restava veniva riscaldato il sabato, la domenica e finché c’era. Eppure, sui i testi di gastronomia, non fu subito chiamata ribollita.
Nonostante la comparsa delle cotenne di carne secca o di prosciutto, l’Artusi ne parla come di una Zuppa toscana di magro alla contadina, perché “per modestia, si fa dare l’epiteto di contadina sebbene sia persuaso che sarà gradita da tutti, anche dai signori”.
Nel 1910 si registra il grande balzo in avanti. In L’arte cuciniera in Italia, lo storico e geografo Alberto Cougnet invita apertamente a ribollire la zuppa. Sebbene le fonti più puntigliose facciano notare che il nome Ribollita nasce sulle pagine de La Guida Gastronomica d’Italia del Touring Club del 1931.
Ma non finisce qui. Giovanni Righi Parenti con la sua La Cucina Toscana tenta di legare la ribollita alla zuppa di fagioli di Siena, come se da quest’ultima fosse nata la prima. Entrambe vengono riscaldate. Che male c’è a trovarvi una somiglianza?
Mentre nel 1974, Paolo Petroni negava che la ribollita potesse essere considerata una ricetta a sé stante tra le varie zuppe di magro nel suo Il libro della vera cucina fiorentina.
Ultimo atto formale, in questa ricerca ossessiva di origini, dosi e ingredienti, è l’atto notarile del 24 maggio 2001 (giorno del mio compleanno, grazie! Ma non ricordo alcuna ribollita per me quel giorno). Sì, sì, ancora una volta sono incappata in una ricetta depositata dall’Accademia Italiana della Cucina. Basta carte e ricorsi storici, andiamo alla sostanza.
Tra cannellini e ribollita
Ci vuole senz’altro del cavolo nero, perché una zuppa di pane divenga ribollita. È lui a decretare il giusto tempo di cottura. La sua tempra supera quella del cavolo verza, che compare anch’esso al momento dell’appello degli ingredienti.
Non sono di troppo neppure la bieta e, secondo molti, il cavolo cappuccio. Ma il cavolo nero riccio è talmente importante che gli si chiede di beccarsi una gelata. “Abbia preso i’ghiaccio” o niente, sennò le foglie non sono abbastanza tenere. Tutti concordi sui fagioli cannellini o toscanelli.
Quei “mangiatori d’erbe” dei toscani, ne avrebbero da dircene sui cannellini di Sorano o di San Ginese-Compitese. Non dite loro a voce troppo alta che usate i borlotti. Però siamo tutti concordi su un punto: non usare fagioli in scatola per la ribollita.
Meglio fare da soli. Un pizzico di pazienza in più viene ricompensato con il riutilizzo dell’acqua di ammollo dei fagioli. Lessarli, poi, il giorno prima semplifica il tutto. Così come l’evitare di addentrarsi nel dibattito se i legumi secchi vadano o meno messi in ammollo. Atteniamoci “schiettamente” alla tradizione.
Posso solo dire che adoro il trucco di ridurre a purè una parte dei fagioli. Aggiunge punti al lato comfort food della ribollita.
Su patate e carote non ho nulla da aggiungere. Sul colore della cipolla provo a soprassedere, per una volta. Lascio commentare gli autoctoni.
E ora il tocco più vezzoso di tutti: il pomodoro, che d’inverno non può che essere pelato o passata, alla peggio. Firenze fu la prima città italiana che considerò commestibili sia patate che pomodori: correva l’anno 1529. Dopotutto, venivano dal Nuovo Mondo, come i fagioli. Vatti a fidare dello straniero!
Avendola etichettata finora come zuppa di pane e mai come minestra di verdure, sono arrivata allo special guest.
Come il più fedele degli ospiti dei talk show televisivi, lui c’è sempre dalla panzanella alla ribollita. Si vanta di essere sciocco (o sciapo) e pure raffermo. Più camaleontico di Crozza, più garbato di Roberto Bolle, lui c’è e gli si concede di nascondersi nella zuppiera. Strato su strato il pane si lascia inzuppare.
Diciamocelo, però, spesso il pane usato non è né sciocco, né raffermo. Diffusa è l’abitudine, tra i non toscani, di tostare il pane, prima di riporlo nella pentola. Sul tocco finale, meglio pepolino (timo) che prezzemolo.
Insolito abbinamento per ribollita
Tutti pronti a scoprire che vino portare in tavola con la ribollita? Niente da fare. Tutti allerta per criticare la birra in abbinamento? Mi dispiace, neppure quello. L’insolito abbinamento è un sidro, chiaramente artigianale. Ho posto la questione al bancone del Tree Folk’s di Roma e lì mi hanno indirizzato al sidro medium dry, come quello di SeaCider.
E ora, dopo aver aspettato un giorno (dalle fotografie), trascrivo il procedimento da ribollita appreso da molte e variegate voci, tra le quali non ho ancora menzionato Anna Del Conte, Tamara Giorgetti, ma anche Nonna Menna e la zia Margherita così come raccontate rispettivamente da Jul’s Kitchen e Barbara Toselli.
Post scriptum: per la cronaca schiètto, nel suo significato più ampio, vuol dire “Puro, privo di contaminazioni o mescolanze; che presenta o conserva integri la natura, la forma, le qualità o i caratteri propri“. Mi sembra la miglior difesa delle dosi incerte e delle infinite, locali e non, varianti di un piatto innegabilmente toscano, qual è la ribollita.
- Fagiolo cannellini 200 g
- Cipolla bianca o dorata 1/2
- Sedano 1 Costa
- Aglio 1 Spicchio
- Cavoli nero 250 g
- Cavoli cappuccio 50 g
- Verza 50 g
- Bieta 50 g
- Carota 1
- Patate 2
- Cipolla bianca o dorata 1/2
- Pomodori pelati 2
- Pane toscano raffermo
- Olio extravergine di oliva
- Sale fino
- Pepe nero macinato
- Timo fresco 1 Rametto
Preparazione
Per preparare la ricetta della ribollita originale perfetta, il primo giorno pulite in acqua i fagioli. Scolateli. Metteteli in ammollo in abbondante acqua fredda per almeno 12 ore. Nello scegliere la quantità di acqua tenete conto dei “desideri” dei fagioli e del fatto che quell’acqua non verrà gettata via.
Versate i fagioli con la loro acqua in una pentola assieme alla cipolla, tagliata in quarti, al gambo di sedano, tagliato in 2-3 pezzi, e allo spicchio d’aglio spellato.
Accendete il fornello e fate bollire, su fuoco moderato, i fagioli finché saranno lessati. Vanno lessati col coperchio semichiuso. Saranno necessari 60-90 minuti.
Il secondo giorno tritate la cipolla e tagliate a dadini la carota e le patate sbucciate.
Pulite il cavolo nero, cappuccio e verza, come pure l’eventuale bieta. Eliminate la parte centrale del cavolo nero. Tagliate a striscioline le foglie dei vari cavoli e della bieta.
Versate 2-3 cucchiai di olio extra vergine d’oliva in una capiente pentola, meglio se di coccio e accendete il fornello. Unite cipolla, carota e patate e fatele ammorbidire a fiamma moderata.
Aggiungete le striscioline di cavoli nero, cappuccio, verza e della bieta. Mescolate.
Infine, aggiungete i pomodori pelati tagliati a pezzettini.
Coprite le verdure con l’acqua di cottura dei fagioli. Fate sobbollire il tutto per 45 minuti. Se fosse necessario, aggiungete altra acqua di cottura.
Riducete in purea due terzi dei fagioli e aggiungeteli (dopo i 45 minuti) alla pentola e continuare la cottura per altri 30 circa.
Verso la fine della cottura aggiungete i fagioli interi ed aggiustate di sale.
Nella zuppiera (o nel piatto se non riuscite ad aspettare) fate un primo strato di fette di pane.
Versate sopra una mestolata di minestra. Aggiungete altro pane e sopra di questo altra minestra. Così fino a che gli ingredienti non sono finiti.
Lasciate riposare. Se ci si accontenta di una zuppa di pane, la si può mangiare ora, sennò attendere il giorno dopo.
Il terzo giorno riscaldate il pane con la zuppa e mangiate la vera ribollita.
Servite la ribollita calda o tiepida con un filo d’olio extra vergine d’oliva sopra, una spolverata di pepe macinato sul momento e del timo.