Voi cosa fate per le Feste? Se corrispondete al campione di un sondaggio dello scorso anno, al Nord preferirete il pranzo di Natale, al Centro e al Sud la cena della Vigilia.
Che non significa, naturalmente, che a Roma il 25 fili via con un brodino riscaldato, né che a Milano la sera del 24 si riduca a un lungo apericena di auguri e via, tutti alla messa di mezzanotte.
È vero però che, di regione in regione, le cose cambiano e non poco. Arduo compito, quello di raccontare tutte le tradizioni gastronomiche legate a queste ricorrenze.
Tanto che mi affido a voi e vi chiedo di illustrarmele. Magari, ispirandovi al canovaccio che segue.
1. FELICE NATALE AL NORD
Nei giorni precedenti, la famiglia tipo dalle Alpi al Po ha confezionato la pasta: ravioli del plin, tortellini emiliani, tortelli di zucca, agnoli e agnolotti scatenano la voglia di Guinness (inteso come record, non come birra) e i pezzi si contano a centinaia, quando non a migliaia, chiusi dalle dita esperte di nonne e vecchie zie, aiutate dai nipotini, sotto la supervisione della cuoca o del cuoco di casa.
I vassoi su cui la pasta ripiena è stesa ad asciugare, prima di finire in brodo (che se anche si serve asciutta, si cuoce comunque nel brodo) sono sparpagliati dalla cucina alla sala o, nelle famiglie più organizzate, sui ripiani del freezer, da cui si è tolta per tempo la “bestia”: il cappone, la dinda (tacchinella per i non milanesi), l’oca, la faraona, l’anatra.
Ma anche il brasato, lo stinco di vitello, lo stracotto. Perché sarà la carne il piatto forte sulla tavola di Natale, da Torino a Bolzano, da Milano a Bologna.
Così, la mattina del 25 il/la padrone/a di casa si sveglia per tempo e inizia ad approntare gli antipasti: insalata russa e capricciosa, vitello tonnato, salumi e sottaceti, il salmone affumicato con i crostini, i pâtè casalinghi o di gastronomia (sì, quelli in gelatina vanno ancora molto, così come i canapè in bellavista).
Mentre il brodo borbotta sul fornello e l’arrosto cuoce lentamente in forno, ci si concentra sui dolci che, nella maggior parte dei casi, sono solo da scartare: panettoni alti e bassi, pandori, pan dolci, gubane, zelten, certosini sono stati acquistati nelle meglio pasticcerie cittadini.
Oppure li fate voi? Li fate davvero? Me lo raccontate?
Non mancano le creme di accompagnamento, da quella al mascarpone allo zabaione, che verrà montato a bagnomaria solo all’ultimo momento per essere servito caldo. Anche nella versione al vino rosso, che si chiama rossumada ed è golosamente rosata.
2. BUONE FESTE AL CENTRO
Man mano che si scende lungo lo stivale le tradizioni iniziano a cambiare.
Gli antipasti si fanno più rustici, dai crostini toscani con i fegatini fino a pizze e torte salate, sfogliate o lievitate, che accompagnano salumi e affini.
E poi, i fritti: tra baccalà, verdure, impasti vari, un tuffo nell’olio bollente non si nega quasi a nulla tanto che la sera della Vigilia, o la mattina del 25, l’odore di fritto sovrasta quello di candele profumate e scorze di mandarini fatte seccare sui termosifoni.
Sempre artigianale, e sempre lavorata da tutta la famiglia riunita, la pasta è fresca ma via via sempre meno ripiena.
La sfoglia si “allunga” e passa alla trafila per tagliatelle, pappardelle, maccheroni e meccheroncini (dalla classica chitarra ai capellini di Campofilone), oppure si stende e si monta a strati in ricche teglie di lasagne.
Condimenti prediletti i ragù, rossi o bianchi, comunque molto ricchi, lasciati cuocere dolcemente per tutta la mattina del giorno di festa.
Se per la cena del 24 arriva in tavola il pesce (dal già citato baccalà al capitone, passando per le insalate di mare) non mancano i legumi: ceci, lenticchie, fagioli sono protagonisti di minestre di magro delle tradizioni campagnole.
Al momento della carne, ecco i sontuosi tagli del maiale, le ariste e i carrè scenografici, ma anche l’agnello e l’abbacchio, al forno con le patate.
Dalla Toscana alle Marche, il capitolo dessert si arricchisce di panforti, panpepati, parrozzi, pangialli, biscottini di ogni foggia con mandorle o altra frutta secca e, naturalmente, zeppole e frittelle varie, spesso inzuppate di miele.
Dolci sempre più dolci, insomma, che fanno pregustare le golosità del Sud.
3. TANTI AUGURI AL SUD
Cosa fa la famiglio tipo da Roma in giù? Tutto quello che avete letto finora e molto altro ancora.
Mamme e nonne, figli e nipoti si riuniscono in cucina la mattina del 24 e si avvicendano ai fornelli senza soluzione di continuità fino all’ora di cena, per poi ricominciare la mattina dopo e portare in tavola il pranzo più buono dell’anno.
Tra Vigilia e Natale, aprono le danze così tanti piatti che a un compassato lombardo basterebbero fino a Santo Stefano: torte salate, focacce ripiene e pizzelle, pesce fritto e marinato, frutti di mare crudi o cotti, insalate di rinforzo, giardiniere, verdure a scapece, cicorie ripassate. Solo per citarne alcuni, eh!
E se in Sardegna resiste la tradizione della pasta fresca ripiena, con i culurgiones chiusi a spiga e farciti con ricotte e pecorini, nel resto del Sud la preferita è secca di semola: linguine con le vongole veraci, pasta con le sarde, orecchiette con le cime di rapa, fino ad arrivare ai sontuosi timballi e al riso di sartù e tielle, che hanno dentro di tutto, dalle polpettine di carne alle cozze.
Al momento dei secondi, arrivano in tavola il meglio del pescato, il capitone, i grandi pesci al forno, il baccalà, il polpo, i calamari.
Per i carnivori, non mancano agnelli e capretti arrosto come robuste padellate di salsiccia e broccoli.
È, naturalmente, la ricca pasticceria meridionale la protagonista più attesa del menu. Struffoli, mostaccioli, cartellate, buccellati, pasticciotti, trionfi di frutta secca e candita, creme, farce, piogge di zucchero a velo, confettini colorati e bagni di miele e liquori.
Riduttivo, lo so: elencare così tante specialità, ricette tipiche, usanze regionali, locali, familiari è impossibile per un’umile redattrice quale la sottoscritta.
Ma confido in voi. Scendete nel dettaglio. Dite di dove siete e cosa cucinate. Raccontate, qui e ora, la vostra tavola di Natale.