Il picchiapò è un piatto tipico della cucina romana di recupero, si tratta di un’ottima idea per servire la carne che si è usata per fare il brodo, che solitamente è sfibrata ed è stata privata di gran parte del suo sapore. Si tratta di un umido, in cui la carne già cotta viene fatta rinvenire in un sugo di pomodoro aromatizzato con cipolla e alloro e allungato con lo stesso brodo di cottura.
Piccolo ripasso di cucina: il brodo, quando serve per cuocere la pasta fresca o quella ripiena, si prepara immergendo la carne e gli odori in acqua fredda, portando a bollore e facendo sobbollire a lungo, anche tre ore, per estrarre tutto il sapore della carne. Se invece si vuole preparare il lesso, dunque si vuole privilegiare la carne come portata principale, la carne va messa nell’acqua quando già bolle, per cuocerla lessandola appunto, senza che la cottura sia altrettanto lunga. La cottura prolungata in un liquido, ammorbidisce i grassi e il tessuto connettivale, che diventa quasi gelatinoso e molto gradevole al palato. Tuttavia la carne lessa spesso deve essere condita con salse varie, sale, pepe, mostarde (impossibile non pensare ai bagnetti piemontesi, o alla salsa verde emiliana). Il picchiapò è chiaramente una ricetta che serve ad usare la carne che è servita per preparare un brodo corposo, quello per servire i primi piatti di pasta fresca.
Il nome picchiapò ha un’origine controversa, c’è chi sostiene che derivasse dal fatto che la carne del lesso, per risultare più morbida, veniva battuta sul tagliere prima di essere cotta, un po’ come si fa con il polpo o con il baccalà, per spezzarne le fibre più resistenti. Tuttavia la parola è molto simile anche ad una maschera della commedia dell’arte romana, il Bicchiapò, un beone con la faccia sempre rossa, e in un sonetto del Belli, poeta vernacolare ottocentesco romano, si parla di Picchiabò e lo stesso nome compare anche in una favola di Trilussa. Si tratta quindi di un nome antico, che per i romani è parecchio evocativo. Quello che è quasi certo è che il picchiapò nacque nelle osterie di Testaccio, perché il vicino macello forniva tagli di carne economici, che venivano lessati per trarne brodo e poi recuperati anche come secondo piatto in questa maniera.
Se volete preparare un menu romano perfetto, provate ad abbinarlo alla pasta alla gricia, o a dei bucatini all’amatriciana.
- Manzo lesso 400 g
- Cipolla mesia 1
- Olio extravergine di oliva 5 Cucchiai
- Pomodoro pelati 1
- Brodo di carne 500 ml
- Sale fino
- Alloro 1 Foglia
Come preparare il lesso alla picchiapò
Sbucciate e affettate sottilmente la cipolla, e mettetela in un tegame assieme all’olio. fatela appassire a fiamma bassa, mescolando spesso. Aggiungete ora anche i pomodori pelati tagliati a pezzettoni. Aggiungete un mestolo di brodo e cuocete, fino a che i pomodori non si sfaldano. Regolate aggiungendo un po’ di sale e aggiungete la foglia di alloro.
Tagliate il manzo a pezzetti irregolari, eliminando le parti più cartilaginose ma conservando quelle grasse e morbide. Se volete potete anche sfilacciare la carne, ma il risultato sarà più simile a un ragù.
Aggiungete il manzo alla teglia con i pomodori, aggiungete il brodo e cuocete, per circa 30 minuti, facendo sobbollire lentamente il tutto fino alla consistenza desiderata, che non dovrà essere troppo brodosa ma nemmeno asciutta.
Conservazione
Il picchiapò è uno di quei piatti che migliora con il riposo: potete prepararlo il giorno prima per ottenere un risultato più legato e aromatico, e, se ne dovesse avanzare, potete conservarlo in frigorifero per tre giorni in un contenitore chiuso. Come tutti gli umidi, regge molto bene anche la congelazione.
Consigli e varianti
In questa ricetta vi consigliamo di usare il manzo, perché è la carne più saporita e quella che spesso diventa più secca e stoppacciosa con la cottura in brodo, tuttavia il picchiapò si può preparare con tutte le carni avanzate dal brodo: lingua, gallina, cappone.
Per il servizio usate fette di pane casereccio bruscato, patate lesse o polenta.