Re incontrastato dei grandi menu di mare, quando arriva in tavola è un trionfo di profumi, delizia per gli occhi e per il palato.
E non è neanche così complicato da cucinare come molti pensano, tanto che lo mangiano solo fuori casa, o ripiegano su cose pronte, quando non sui piatti pronti surgelati.
Invece la ricetta del pesce al forno, eseguita con tutti i crismi resta piuttosto facile e alla portata anche dei cuochi meno esperti.
A patto di non incappare negli errori dai quali sono qui a mettervi in guardia.
1. Non squamarlo (ma anche sì)
Io procedo per prima cosa alla pulizia esterna del pesce, per poi addentrarmi nel magico modo che racchiude la sua pancia. Ecco allora come agire appena estratto il vostro bell’esemplare dalla busta del pescivendolo (sempre che non abbiate fatto fare tutto a lui).
Cominciate eliminando, con un paio di forbici robuste, tutte le pinne. Anche perché nelle operazioni successive dovrete maneggiare la bestia e potreste pungervi.
Tocca poi alle squame, da raschiare con la lama liscia di un coltello non troppo affilato (per esempio, un coltello da tavola) o con l’apposito squamapesce, passati dalla coda verso la testa.
Posto che nessun utensile, per quanto si bulli di essere performante, vi eviterà di veder schizzare squame in ogni dove, se lavorate sul fondo del lavello, rivestito da carta di giornale, dovreste riuscire a limitare, per lo meno, l’intasamento dello scarico a opera delle odiose scagliette.
Durante questa operazione, siate efficaci ma gentili, usando l’attrezzo scelto con mano leggera, per non stracciare la pelle.
Forse non sarebbe necessario ricordarlo, ma lo faccio lo stesso: non squamate mai il pesce che volete cucinare al sale. In questo caso, infatti, le scaglie fanno da barriera ed evitano che la polpa assorba troppa sapidità. Per inciso, sapete che la regola vale anche per la griglia, dove le squame proteggono dal calore eccessivo.
2. Squartarlo
È il momento di privare il pesce delle interiora. Se il modo più semplice per eseguire questa operazione (tolto il succitato intervento del negoziante) è aprire e svuotare il ventre, occorre fare molta attenzione a fermarsi, nell’apertura, prima di raggiungere la testa altrimenti il taglio si allungherà troppo e il pesce perderà la sua forma, somigliando a una vittima del vecchio Jack lo Squartatore.
In alternativa, meglio agire dalle branchie sollevandole, afferrandole dall’interno e strappandole con decisione, così che si portino via le interiora.
In entrambi i casi, se per agguantare la massa viscida usate un pezzetto di carta da forno, la presa sarà più salda e lo strappo più netto e pulito. Eventuali rimasugli ostinati si tagliano con le forbici.
Fatto tutto quanto descritto in questi due punti, è il momento del lavaggio che deve essere accurato fuori e dentro, per sciacquare le squame residue ed eliminare tutto il sangue presente fra le carni, scuro e di gusto sgradevole.
3. Condirlo troppo
Tolto dal mare, il pesce che finisce in teglia non deve nuotare in un lago di condimento. Soprattutto se siete alle prese con un buon prodotto, probabilmente già perfetto in purezza.
Quindi bene a poco sale (tranne che se lo cuocete, neanche a dirlo, al sale), pepe, qualche erbetta aromatica e/o una fettina di limone nel ventre. Sì a una spennellata d’olio sui lati. No deciso, almeno secondo me, a salse, intingoli e pasticci di varia natura.
La “morte” di un buon pesce al forno resta un giro d’olio crudo nei piatti, a discrezione di ogni commensale.
4. Bollirlo
Come, non stavamo parlando di pesce al forno? Appunto. Però è un attimo che la parte inferiore, a contatto con i liquidi che il pesce rilascia naturalmente, assuma una consistenza lessata non troppo invitante.
Di sistemi per evitarlo ce ne sono. Il primo è che la temperatura del forno sia ben calda, intorno ai 200°.
Garanzia di successo resta la cottura al sale, i cui granelli dreneranno e assorbiranno l’umidità in eccesso.
Nelle altre ricette, potete disporre il pesce su una griglietta, sollevata dal fondo della placca, o comunque in un recipiente già ben arroventato.
Provate a sposare le tecniche di cui sopra cospargendo il fondo della placca con uno strato di sale grosso, scaldandolo, coprendo con carta da forno e sistemando infine il pesce su questo giaciglio caldissimo.
Funziona abbastanza bene anche il letto di patate, con il quale prenderete due piccioni con una fava: assorbirete gli umori del pesce e questi inzupperanno le patate, che ne saranno il degno e saporito contorno.
Io non disdegno qualche minuto finale di forno ventilato, che rende la pelle superiore croccantina.
5. Sbagliare i tempi
Sì, dovete guardare l’occhio, controllando che sia diventato bianco e opaco, ma sfornando prima che sia esploso.
Sì, potete sollevare leggermente un lembo del ventre per vedere che l’interno appaia cotto, la carne non più traslucida.
Se però non siete esperti, ricordate che in forno a 180-200° dovrete calcolare circa 25-30 minuti per chilo di peso (aumentandolo di almeno un terzo se cuocete al sale).
Nel dubbio, piuttosto che servire pesce crudo, sfornate, praticate un’incisione sul fianco e scrutate nella polpa, per verificare che non ci siano più tracce di sangue nei pressi della lisca centrale. In caso contrario, rimettete in forno ancora qualche minuto.
Non solo perché, una volta in tavola, farebbe impressione vedere rosso, ma soprattutto perché la polpa non cotta resterebbe avvinghiata alla spina e sarebbe impossibile da staccare e servire con garbo. Rovinando irrimediabilmente tutto.