Quando si parla di patate fritte, è un po’ come aprire le gabbie al grido di “liberi tutti”. Anche se negli ultimi anni, di demonizzazione selvaggia e continuata dei carboidrati – figuriamoci poi se fritti -, le povere patate si sono viste ripudiate e accantonate dai più.
Ma noi, qui, al contrario, vorremmo sapere chi ha avuto davvero questo coraggio. Chi, cioè, avrebbe deciso di non annoverare più le patate fritte tra le meraviglie della cucina ? Ad ogni modo, la nostra non è una difesa d’ufficio – il piatto non ne ha certo bisogno – ma piuttosto un accorato appello per salvaguardare questa bontà dalle adunche mani dei salutisti a oltranza.
[La storia della patate fritte]
Un appello che inizia ricordando che le patate fritte sono un piatto sì meraviglioso, ma solamente a patto che vengano cucinate correttamente, evitando almeno gli errori più grossolani. Torna quindi su Dissapore l’appuntamento domenicale con i 5 errori da non fare.
1) SBAGLIARE LA SCELTA DELLE PATATE
Tranquilli, non vi chiediamo certo di distinguere tra le centinaia di varietà di patate esistenti, ma almeno una scelta tra patate a pasta bianca o gialla va comunque fatta.
Le patate a pasta bianca, infatti, ricche di amido, sono più soggette a sfaldarsi in cottura; caratteristica che le rende ideali per preparare gnocchi o purè, meno per delle croccanti patatine fritte.
Per il fritto, meglio le patate a pasta gialla, che contengono meno amido e mantengono la forma senza disfarsi eccessivamente.
2) TAGLIARLE COME CAPITA
D’accordo, vi piace tanto tagliare le patate a bastoncino come avete visto fare nei bistrot alla moda. Certo, non è difficile, sia “manualmente” che con l’attrezzo apposito, ma siccome le patate fritte casalinghe non hanno di norma alcuna velleità stellata, in genere vengono tagliate più prosaicamente a cubetti.
Hey, ho detto “a cubetti” non “come capita”: tagliamole cioè a cubetti non troppo grandi, e soprattutto regolari, per fare in modo che cuociano tutte nello stesso tempo; cosa praticamente impossibile con patate modello cubo di Rubik insieme a cubetti di formato mignon.
3) SALTARE IL PASSAGGIO IN ACQUA
Tanto so che non lo fate. Anzi, spesso non lo faccio nemmeno io. E invece si dovrebbe.
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Perché se ricordate quanto detto al punto 1, l’amido è il peggior nemico delle patate fritte, che a patate tagliate si fa sentire ancora di più. Per cui, una volta tagliate, immergete le patate in un bagno d’acqua fredda e lasciatele in ammollo per mezz’ora, cambiando l’acqua un paio di volte, per togliere l’amido in eccesso.
In questo modo, eliminerete buona parte dell’amido superficiale, azzerando (o quasi) il rischio che durante la cottura le patate si appiccichino una all’altra formando una massa indistinta.
Va da sé che, prima di tuffarle nell’olio caldo, le patate vanno asciugate alla perfezione con un panno pulito. Anche gli aspiranti cuochi sanno cosa succede quando qualche goccia d’acqua finisce in una pentola di olio bollente, vero? Ecco, allora non fatelo.
4) CONFONDERE L’OLIO GIUSTO
Eccoci al punto: la frittura vera e propria. Già, ma in quale olio? Semplice, quello con il “punto di fumo” più alto possibile. Perché oltre quel punto gli oli si ossidano, sviluppando sostanze nocive per l’organismo, come ad esempio l’acroleina.
Ma dobbiamo considerare pure che la temperatura ottimale per una buona frittura è di circa 180°, e mai inferiore a 160°. A temperature inferiori, infatti, l’olio penetra negli alimenti e rende i fritti untuosi e mollicci, mentre a temperature superiori si brucerà tutto in fretta, soprattutto esternamente, senza raggiungere la cottura ottimale all’interno
E ora, fate due più due: l’olio ideale per friggere ha un punto di fumo superiore a 180°. Come l’olio di arachidi, ad esempio, il cui punto di fumo è di circa 210 gradi, o l’olio di oliva. Ma non extravergine, le cui sostanze pregiate alle alte temperature vengono degradate.
5) USARE L’OLIO IN DOSI OMEOPATICHE
Come insegnano i più abili “friggitori” del mondo, cioè i cinesi, gli alimenti devono nuotare nell’olio, esserne circondati: solo così si ottengono fritti croccanti e leggeri. Avete sempre messo un millimetro di olio in padella pensando di evitare il rischio “unto strabordante”? Avete sempre sbagliato.
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Una pentola dai bordi alti colma d’olio è la scelta corretta (o la friggitrice completa di cestello), e può anche essere d’aiuto un termometro da cucina – ormai si trovano anche a meno di 10 euro – per misurare la temperatura dell’olio, evitando di scendere sotto i fatidici 160-180 gradi e non superare i 200 gradi.
E oltretutto, non buttate le patate nell’olio tutte assieme: inseritele un po’ per volta, per non abbassare in modo repentino la temperatura dell’olio e ritrovarvi con le solite patate unte e mollicce.
Volete strafare? Cimentatevi nelle croccanti “frites” belghe a doppia frittura: friggete cioè le patate una prima volta a temperatura più bassa, sui 160-170° per cinque o sei minuti, poi scolatele, portate l’olio a 180-190° e rituffatevi le patate per la doratura finale ancora un paio di minuti: croccantezza extra assicurata!
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E ora, non resta che scolare le patate con una schiumarola, o ancor meglio un “ragno”, oppure usando il cestello della friggitrice; poi salarle e portarle in tavola. Che dite? Abbiamo dimenticato di dirvi di far scolare l’unto in eccesso su un foglio di carta da cucina? Ma non ce n’è bisogno: se avete seguito le nostre indicazioni, infatti, non ci sarà unto in eccesso, ma solo dorate e croccanti patatine.