In collaborazione con Molino Quaglia.
Schietto è l’aggettivo più (ab)usato per descrivere qualunque cosa abbia a che fare con la Toscana.
Eppure, quando si prende tra le mani il pane sono tutti pronti a chiamarlo sciocco. Il pane toscano reagisce andando fiero della sua assenza di sale.
Cosa sei pane toscano?
Di pani senza sale se ne trovano anche tra Umbria e Marche. Non mancano neppure nella Tuscia Viterbese. Ma il pane sciapo per eccellenza, quello che si merita la ricetta perfetta, è quello toscano.
E’ innegabile che il pane toscano sia senza sale, checché ne dicano (e impastino) a Lucca e Massa e Carrara. La D.O.P. c’è (Denominazione di Origine Protetta) e questo conta al pari del canto XVII del Paradiso di Dante. L’uno dà manforte all’altro.
Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale
Il disciplinare per il pane toscano D.O.P. chiede una pasta convenientemente lievitata preparata con farina di grano tenero tipo “0”, contenente il germe di grano, acqua e lievito naturale.
Attenzione a non confondere, per forza di cose, il lievito naturale con il lievito madre. La tecnica della biga, lontano parente del poolish, è consentita (sono due pre-impasti che se aggiunti a quello primario ne aiutano la lievitazione), basta fare riposare per almeno 8 ore la biga.
Ma qui esageriamo, forti di quanto letto in La Cucina dei Mercati in Toscana, e il venerdì mattina, prima di andare al lavoro, impastiamo la biga per averla pronta 24 ore dopo.
Altresì, il disciplinare definisce proporzioni e tempi, ma soprattutto stila l’identikit del pane toscano. Se filoncino: ha forma romboidale per 450-550 grammi. Se filone: raggiunge i 2,2 chilogrammi.
Ha crosta friabile e croccante che si riconosce per il colore nocciola scuro opaco (che occhio!). Al naso, nocciola tostata. Al palato, senza sorprese, sapore sciapo e leggermente acidulo.
Effetto finale: una fetta attira l’altra.
Oops, ma la D.O.P. “riduce” la zona di produzione al nome. Un prodotto D.O.P. va fatto e confezionato entro il territorio amministrativo della Regione Toscana. Ergo, sono al riparo da qualche critica. Questo pane non è stato né impastato, né maltrattato entro i confini toscani.
Però, al pari del pane toscano classico, è un pane casalingo.
Perché sei un pane sciocco?
E’ il momento dei sapientoni, di quelli tosti, che neanche Trivial Pursuit è in grado di fermare. Alla domanda perché il sale non c’è nel pane toscano, tutti credono di saper rispondere, meno che i ricercatori.
Il fatto che il pane sciocco non sia solo fiorentino ma pure umbro, complica la vita a questi ultimi.
Prendiamo quel ricercatore che ha trovato un indizio, per lui importante, nei registri dell’Ospedale della Misericordia di Perugia. Lì venne trascritto nel Quattrocento che il panettiere dell’ospedale comprava orzo, grano, fave.
Non noti nulla di strano? E’ una lista della spesa oltremodo spartana, talmente semplice che non c’è il sale. Chi sa che la Guerra del Sale, tra Perugia e Papato, risale al 1540, può aver colto l’importanza di questo documento.
Ma c’è un ma e l’ho scritto fin da subito. Qui si parla del pane toscano, lasciamo stare Perugia. Fermiamoci a dirimere le beghe tra Firenze e Pisa, che sembrano farsi “salate” attorno al 1100.
“Ahi Pisa, vituperio de le genti del bel paese là dove ‘l sì suona” scriveva Dante nascondendo la questione delle gabelle.
Non so chi prima abbia cominciato, se i pisani ad alzare a dismisura il prezzo del sale o i fiorentini a gabellare (da gabella) ogni cosa che attraversasse le loro porte.
Fatto sta che Pisa bloccò i rifornimenti di sale verso Firenze, Firenze reagì vivendo senza sale a cominciare dal pane. E poi d’un tratto questa misura straordinaria divenne prassi, sfruttando anche la scusa che pane sciocco e salame stavano bene assieme.
Ma le farine?
Sale e gabelle hanno distolto l’attenzione da un altro ingrediente importante del pane toscano e di ogni altro pane. La farina. La DOP richiede oggigiorno la farina di grano tenero, ma quale grano? Da questo capirai il mio debole per i grani antichi.
La ricetta perfetta si basa sulla farina Molino Quaglia Petra Tipo 0 –partner di Dissapore– ma altri erano i grani mille anni fa. Non sono finita a scartabellare alcuna biblioteca storica. Ho solo trovato che le varietà di grano diffuse in Toscana prima della seconda guerra mondiale erano Verna (che a Siena la trovi), ma pure Abbondanza, Autonomia, Bianco nostrale, Frassineto, Gentil Bianco, Gentil Rosso, Marzuolo, Mentana e, il ben più facile da acquistare anche oggi, Senatore Cappelli.
Chissà quale farina voleva Dante?
Cosa farne del pane toscano?
Pure un altro ritornello ha a che fare col pane sciocco. Alzi la mano chi non ha mai sentito dire che “il pane scialbo è alla base delle cucina toscana”?
Dopotutto è difficile trovare eccezioni a questa regola aurea. Di pane sciocco vive la panzanella, ma pure la ribollita.
Panzanella: la ricetta perfetta
Ribollita: la ricetta perfetta
Pappa al pomodoro: la ricetta perfetta
Innegabile è il fascino del crostino toscano (sì, quello con i fegatini di pollo) che poggia, sempre, sul pane senza sale. Altrettanto dicasi per la pappa al pomodoro. E il cacciucco dove lo mettiamo? E pure la meno conosciuta scottiglia vuole il pane toscano oltre che gli avanzi di carne.
La ricetta perfetta
Per la biga
125 grammi di Farina Molino Quaglia Petra Tipo 0
un terzo di cucchiaino di lievito di birra secco
75 grammi di acqua a temperatura ambiente
Per il secondo impasto
200 grammi di biga
500 grammi di Farina Molino Quaglia Petra Tipo 0
300 grammi circa di acqua a temperatura ambiente
la punta di cucchiaino di lievito di birra secco
olio extra vergine d’oliva
Formazione della biga
In un’ampia ciotola porre la farina ed il lievito di birra.
Mescolarle assieme.
Versare l’acqua e, con l’aiuto di un cucchiaio, amalgamare gli ingredienti.
Ad un certo punto bisognerà lavorare l’impasto con le mani.
Il tutto richiede poco tempo.
Porre la biga nella ciotola.
Ricoprire la ciotola con la pellicola alimentare.
Lasciar lievitare a temperatura ambiente (circa 25°C) per 20-24 ore.
Formazione del secondo impasto
In un contenitore a parte mescolare la farina col lievito di birra secco.
Nella stessa ciotola della biga versare la farina, a cui si è addizionato il lievito, e l’acqua.
Amalgamare il tutto, prima con un cucchiaio e poi con le mani. L’impastatrice sarà utile, altrimenti serve pazienza e costanza come nel mio caso.
Bisogna ottenere un impasto omogeneo, liscio e ben incordato. Però, nel frattempo, dato l’uso della farina Petra Tipo 0, non bisogna lavorarlo troppo a lungo.
Riporre l’impasto in un’ampia ciotola, le cui pareti siano state precedentemente oliate.
Lasciar lievitare l’impasto per 30-45 minuti. Anche in questo caso coprire la ciotola con della pellicola alimentare e soprattutto porla lontano da correnti d’aria.
Dividere l’impasto in due parti, che saranno di circa 500 grammi circa l’una.
Per dare la forma di filoncino, arrotolare su se stessa ciascuna delle due parti di impasto.
Appoggiare le pagnotte sul piano di lavoro infarinato. Ricoprirle con un canovaccio e lasciarle lievitare fino al raddoppio del volume. Sono necessarie 2-3 ore circa.
Preriscaldare il forno a 200°C.
Trasferire le pagnotte su una teglia ricoperta di carta forno.
Cuocere il pane a 200°C per 45 minuti o fino a quando la crosta sarà dorata. La prova del nove si fa prendendo una pagnotta, battendola sul fondo. Il pane è cotto se suona vuoto, come un tamburo.
Lasciar raffreddare e decidere che bruschetta preparare.