Con il formaggio fresco a pasta filata gli errori sono sempre dietro l’angolo. Sin da quando decidiamo di portare in tavola una mozzarella di bufala o una treccia fiordilatte (vaccina). Per esempio, servendola appena tolta dal frigo: il freddo uccide la rotondità del gusto e annienta quel buon sapore di latte fresco.
Ma anche facendola stazionare in frigo più di un giorno: c’è chi dice, addirittura, che il freddo non dovrebbe mai sentirlo, e mi trova d’accordo.
Invidio molto chi vive da Roma in giù e può deliziarsi con la mozzarelle di giornata. A Milano, la mia città, è decisamente più difficile e, a maggior ragione, il giorno che si compra mozzarella si mangia mozzarella.
Oppure, si usa per cucinare, spesso sottoponendola al calore della cottura. In questo caso, sono altri i 5 errori da non commettere. Volete saperli? Sono qui apposta.
1. Usare la bufala
Sprecare in cucina la specialità Dop campana, o l’ottima cugina pugliese, dovrebbe essere l’estrema ratio.
Non solo perché si apprezza infinitamente di più al naturale, ma anche perché, rispetto alla fiordilatte, è più ricca di acqua e quindi rischia di inzuppare le preparazioni e formare antipatici laghetti.
C’è, naturalmente, qualche accorgimento (vedi punti successivi) se comunque volete a tutti i costi farne la guarnizione della vostra margherita senza annacquare il pomodoro né inzuppare la pasta.
Più semplicemente, preferite la fiordilatte. Rispetto alla bufala è più asciutta, compatta e anche più economica e, se di buona qualità, dà ottimi risultati.
State lontano, invece, da tutti quei panetti industriali che hanno una pizza stampata sulla confezione: spesso sono ben lontani dal potersi definire mozzarella (infatti, molti riportano una generica indicazione di “formaggio”) e anche quelli che possono fregiarsi del nome sono prodotti industriali dal sapore piatto e dalla consistenza dubbia.
Mettendovi in guardia anche dalle mozzarelle pretagliate e rapè, di quelle “di riso” vegane non vi parlo neppure, giusto?
2. Sceglierla freschissima
Anche quella vaccina, appena uscita dal caseificio è molto umida. Avete già capito che questa ricchezza di liquido, che è quel che intriga all’assaggio a crudo regalando bocconi succulenti, nelle ricette è deleteria.
Meglio allora che la mozzarella che aggiungete agli gnocchi alla sorrentina, mettete sulla pizza o anche nella pasta alla crudaiola, abbia già qualche giorno di vita, diciamo 2-3: sarà più asciutta, ugualmente fresca e saporita.
3. Non asciugarla
Quale che sia la ricetta, la mozzarella dovrebbe essere la vostra prima preoccupazione, tagliarla (vedi punto successivo) e lasciarla sgocciolare l’operazione che precede tutte le altre.
Potete metterla in un colino, su una ciotola, e strizzarla delicatamente con le mani. Fra l’altro, se siete creativi, con questa tecnica recupererete un interessante “latte” da impiegare in salse e brodetti.
Oppure, stendete i pezzi su un tagliere rivestito di carta da cucina, tamponando con altra carta.
Tecniche indispensabili soprattutto se andate in forno con preparazioni a strati, come la parmigiana, in cui il liquido in eccesso colerebbe sul fondo annegando tutto in un mare biancastro.
4. Tagliarla con la squadra
Questa è una mia fissazione: a casa, la mozzarella si sminuzza a mano, ottenendo sfilacci irregolari che nello stesso boccone offriranno un po’ di “crosta”, ovvero la parte esterna più compatta, e un po’ di cuore morbido e succoso.
Soprattutto nelle preparazioni a crudo, come nella già citata crudaiola, trovo i dadini perfettamente squadrati un po’ finti.
Addirittura, spezzetto a mano la mozzarella della caprese che mescolo a pomodori a tocchi irregolari per un effetto shabby-chic finto casuale molto gradevole da vedere.
5. Bruciarla (e farla raffreddare)
Lo so che fra voi c’è chi trova irresistibile la parte che sfrigola e diventa color nocciola sui bordi delle pirofile. Ma a quel punto, potrebbe essere un qualsivoglia formaggio perché la mozzarella ha perso ogni sua caratteristica distintiva.
Invece, come spesso si dice, nella pizza va aggiunta solo negli ultimissimi minuti di forno. Nei pasticci a lunga cottura, mettetela all’interno piuttosto che spargerla in superficie. Evitando in ogni caso di farla scurire, dorare troppo o, men che meno, bruciare.
Invece, quanto è buona ancora bianca, calda e filante? Almeno quanto è triste una volta raffreddata e gommosa. Soprattutto se è stata cotta a cielo aperto.
Mi spiego: la mozzarella dura e secca sulla pizza fredda non si riesce quasi a masticare. Quella fra gli strati di una teglia resta comunque più morbida grazie a sughi e succhi degli altri ingredienti.
E infatti, nessuno disdegna (io per prima) una fetta di parmigiana avanzata da ieri. Anche se non c’è paragone con la piacevolezza del formaggio a preparazione appena sfornata.
Se, comunque, prevedete di servire la pietanza anche fredda, fate in modo di non usare fette larghe e spesse in cui l’effetto chewing gum sarebbe amplificato. Piuttosto, pezzetti piccoli e ben distribuiti: in questo caso, rendono sicuramente meglio.