La garmugia è una zuppa di primizie tipica del territorio lucchese, che si prepara all’inizio della primavera e che sembra risalga al 600. Data la presenza della carne, e in particolare della carne di vitello, questa doveva essere una zuppa destinata alle tavole dei nobili, anche se ne esiste anche una versione senza carne: il punto infatti qui sono le verdure e i legumi freschi. Attualmente la garmugia non è molto comune, nemmeno nel suo territorio di origine, anche se ebbe un periodo di grande fortuna negli anni Sessanta del Novecento quando la marchesa Maria Luisa Incontri Lotteringhi della Stufa inserì questo piatto nel suo libro Pranzi e Conviti, del 1965, vantandone i benefici ricostituenti per chi si trovasse in convalescenza.
L’origine del nome di questa zuppa è tanto misterioso quanto dibattuto: alcuni sostengono che il nome derivi da germogli, proprio perché gli asparagi freschi, i cipollotti e i carciofini che si usano sono quasi germogli; altri invece dicono che derivi dalla parola francese gourmet, visto anche il contesto nobile in cui veniva consumata. C’è infine una terza teoria contenuta nel Vocabolario Lucchese di Idelfonso Nieri, in cui si sostiene che gramugia sia l’antico termine per la parola “merletto“, e questa zuppa si chiamerebbe così per il disegno che le verdure creano nel piatto.
La preparazione della garmugia è semplice, le cotture sono veloci proprio per preservare il gusto, la croccantezza e l’apporto vitaminico dei vegetali che si usano. Inoltre la si può definire una ricetta anti-spreco, perché gli scarti delle verdure (i baccelli, la buccia delle fave, le foglie dei carciofi) vengono usate per preparare il brodo di accompagnamento. La consistenza della gramugia è a piacere: si può preparare brodosa, aggiungendo tutto il brodo preparato e servendola con crostoni di pane toscano bruscati; oppure più densa, aggiungendo solo qualche mestolo di brodo.
La toscana è celebre per le sue zuppe, se volete provarne altre date una possibilità alla zuppa di ricotta, o alla zuppa di cipolle toscana.
- Cipollotto 1
- Olio extravergine di oliva 5 Cucchiai
- Vitello polpa 250 g
- Pancetta affettata 100 g
- Fave fresche 200 g
- Piselli freschi 200 g
- Asparago selvatico 50 g
- Carciofo cuori 3
- Acqua 1 lt
- Sale fino
- Pepe nero in grani 1 Cucchiaino
Come preparare la garmugia
In una padella mettete l’olio, il cipollotto affettato e la pancetta tagliata a listarelle. Rosolate velocemente senza far colorare il cipollotto e poi aggiungete la polpa di vitello tagliata a piccoli tocchi e saltate a fiamma bassa fino a che non ha cambiato colore.
Sbucciate le fave e i piselli, per le fave togliete anche la buccia che ricopre le singole fave. Usate gli scarti e l’acqua per preparare un brodo, che salerete leggermente e a cui aggiungerete i granelli di pepe. Fate bollire per mezz’ora.
Filtrate il brodo ed eliminate i baccelli dei legumi. Mettete nella pentola il soffritto di pancetta, carne e cipollotto e aggiungete gli asparagi e i carciofi affettati, assieme a qualche mestolo di brodo e cuocete per 10 minuti. Aggiungete le fave i piselli e un altro paio di mestoli di brodo e cuocete, coperto, per altri 5 minuti.
Conservazione
La gramugia si può conservare in frigorifero per due giorni, e può essere riscaldata oppure servita a temperatura ambiente. Infine la gramugia si può congelare, in questo caso si conserva per oltre tre mesi.
Consigli e varianti
La gramugia non è una ricetta comune, nemmeno nel suo territorio di nascita, ma essendo una ricetta antica ha pur sempre diverse varianti, che consistono soprattutto nell’uso di alcuni ortaggi piuttosto che altri: chi omette i carciofi, chi usa gli asparagi più grandi, chi aggiunge carote e patate. C’è anche una versione invernale della gramugia, preparata con carote, patate e cime di broccoli. E infine, per una versione vegana, c’è chi la prepara senza carne.