C’è chi ha cominciato a farle a giugno con le ciliegie, seguite da albicocche, pesche e susine. Ma è con la fine dell’estate che gli appassionati hanno a disposizione i prodotti migliori, maturati al caldo sole d’agosto e pronti per essere messi sottovetro e, da lì, in dispensa. Perché, diciamocelo: la confettura di fichi (ma tutto quanto scriveremo vale anche per la confettura di frutti di bosco, leggi lamponi, more e mirtilli) ha pochi eguali.
Certo, a patto di realizzarle con tutti i crismi e, come d’abitudine, scansando i classici errori che ne comprometterebbero la riuscita. Proviamo ad analizzare, uno per uno, gli sfondoni da evitare preparando la confettura di fichi.
1. Usare frutta qualsiasi
Uno dei motivi per cui le confetture di fichi ci piacciono tanto è che facilmente ci si può procurare la materia prima anche senza possedere un frutteto privato ma, semplicemente, un giardino con un fico, o un bosco nelle vicinanze in cui andare a raccogliere more e mirtilli.
Okkei, passo indietro: la maggior parte di noi vive in città e fa fatica a trovare un angolino sul davanzale per coltivare basilico e timo, figuriamoci lo spazio per far crescere un albero.
Sbagliato, tuttavia, accontentarsi della frutta del supermercato. Se proprio non avete uno zio che sta in campagna, o l’occasione di una gita fuori porta, selezionate con cura il fruttivendolo e specificate l’utilizzo che volete fare dei fichi.
Che dovranno essere maturi ma non spappolati, il più possibile sani, intatti e, magari, biologici: io per prima non sono una patita di questo genere di prodotti “naturali” (notare virgolette) ma forse è meglio se nel vasetto non finiscono pesticidi e chimica varia.
2. Non conoscere le varietà di fichi
Noi abbiamo contato 24 varietà di fichi imprescindibili, scartabellando solo tra quelle italiane, con caratteristiche ben distinte e usi in cucina assai diversi. Stabilite voi se preparare la confettura con un fico dell’abate, un fico moro di Caneva o un comune brogiotto: il punto è comprendere cosa avete per le mani e agire di conseguenza, dosando zucchero e addensante. Qualche tipologia poi, è meglio essiccarla o mangiarla così com’è: non tutte sono dotate di abbondante e dolce polpa rossa.
3. Sbagliare il rapporto con lo zucchero
Spiace dirlo: non esiste buona confettura casalinga senza zucchero. Per due motivi: perché lo zucchero serve ad addensare (sì, serve anche la pectina, ma ne parliamo al punto successivo) e, soprattutto, a conservare. Una preparazione che ne sia carente durerà molto meno, rischiando di inacidire e fermentare nel vasetto.
Naturalmente, siete liberi di fare i vostri esperimenti: buon per voi se riuscite, con quantità ridotte di zucchero, a ottenere confetture consistenti invece che liquide (e comunque, ricordate di consumarle entro l’autunno).
Il rapporto classico è di 1:1, ovvero un chilo di zucchero per ogni chilo di polpa di frutta. Che va pesata dopo aver eliminati gli scarti: praticamente nulli nel caso dei frutti di bosco, la buccia se optate per i fichi.
Questi ultimi, tuttavia, sono molto zuccherini di loro e quindi vi permettono di calare un po’ arrivando a circa 750 g per chilo.
No, la soluzione non è quella che sto per illustrare al punto successivo.
4. Addensare in busta
Le polverine che trovate sullo scaffale del supermercato stanno a una buona confettura come il dado a un buon brodo. Ovvero, appiattiscono il gusto. Soprattutto perché accorciano i tempi di cottura (vedi punto 4) e, quindi, non permettono a sapori e profumi di svilupparsi.
Vero che con le loro formulette magiche (2:1 e persino 3:1 il rapporto tra frutta e zucchero) vi regalano l’illusione di poter preparare confetture meno caloriche.
Ma, santo cielo: persino il dietologo più rigido (in mancanza di seri problemi di peso e alimentazione, ovvio) consiglia a colazione una fetta di pane tostato con un velo di confettura o marmellata. Inciso: sapete la differenza fra i due termini, vero? È marmellata quella di agrumi, sono confetture tutte le altre.
Torniamo al problema densità. Oltre allo zucchero, entra in gioco la pectina, sostanza naturalmente presente nella frutta, soprattutto in bucce e semi.
Ne sono ricchi i fichi, un po’ meno i frutti di bosco. Ma ne hanno una buona quantità le mele (specie le cotogne: peccato non sia ancora stagione!) e gli agrumi.
Aggiungere al pentolone, ogni 500 g di frutta, una mela a tocchi o il succo di un limone è già un buon sistema. Estrarrete ancora più pectina se unite in pentola torsoli e bucce (anche quelle dei fichi), racchiusi in un sacchettino di garza da levare a fine cottura. Stesso dicasi per scorzette di limone, che regaleranno anche un piacevole aroma fresco.
Anche l’abitudine di lasciare macerare la frutta con lo zucchero (da un’ora a tutta una notte), prima della preparazione vera e propria, serve a separare meccanicamente la pectina che poi, in cottura, esprimerà al meglio le sue potenzialità.
5. Voler fare veloce
Insomma, gli addensanti in polvere sono il male. Che, come tutte le sirene, tenta di ammaliarvi promettendovi di invasare pochi minuti dopo aver iniziato a pulire la frutta.
Al contrario, una confettura comme il faut ha bisogno di un tempo che va dai 45 minuti all’ora e più di cottura a fuoco dolce, molto dolce, schiumando spesso la schiuma con una schiumarola (e scusatemi il bisticcio di termini, ma è per essere chiara).
Una mescolata di tanto in tanto e il gioco è fatto: la confettura è pronta quando appare liscia, scintillante, densa e una goccia, fatta cadere su un piattino inclinato, non cola via ma scivola molto lentamente.
La pentola adatta dovrebbe essere di rame, comunque pesante e a fondo spesso, magari riservata a questa preparazione: sarà un piacere sfoderarla ogni settembre per la nuova produzione annuale.
Certo, il pentolone sul fuoco, se ancora fa caldo, non è proprio il massimo. La soluzione, per chi ce l’ha, è la Crock Pot, la slow cooker che potete sistemare in un angolino di casa poco frequentato e possibilmente fresco, oppure una qualunque cooking machine (tipo Bimby, per intenderci) che vi manleverà anche dall’onere della rimescolata.
In entrambi i casi, tenete sotto controllo la formazione di schiuma (sempre da eliminare) che, se abbondante, potrebbe tracimare da sotto il coperchio creando non pochi guai.
6. Usare i barattoli dell’anno scorso
Cioè, i barattoli di riciclo vanno bene, purché siano perfettamente puliti e sterilizzati facendoli bollire una mezz’ora in abbondante acqua.
Quello che deve essere nuovo sono le capsule, perché chiudano perfettamente.
Buona scelta anche i barattoli con il coperchio a molla e relative guarnizioni, purché intatte, elastiche e prive di crepe.
Dopo aver invasato la vostra confettura bollente di fichi, more, lamponi o mirtilli nei vasi immacolati, pulite perfettamente i bordi con un panno bagnato di acqua caldissima, tappate e, se vi sembra romantico, capovolgete e fate raffreddare a testa in giù: checché se ne dica, il vuoto si crea anche se la confettura si raffredda nel verso giusto, ma la sfilata di barattoli ribaltati fa molto cucina di una volta.
Una volta raffreddata, la vostra confettura di frutta d’estate è pronta a essere conservata negli stipetti della credenza e, una volta aperta, in frigo.
Dove nella prossima stagione autunno/inverno, ci scommetto, saprà darvi grandi soddisfazioni.