Veloce ripasso per gourmet impenitenti: da chi è composta la triade veneta della pizza di culto? (Perché se non lo sapevate esiste una pizza veneta di culto). Allora, la granitica certezza è Simone Padoan, pizzeria I Tigli, San Bonifacio, Verona. Il piccolo genio è Renato Bosco, pizzeria Saporè a San Martino Buonalbergo, sempre Verona. Il nome da mandare a memoria è Lello Ravagnan, pizzeria Grigoris di Assaggiano Asseggiano, Mestre.
Due spicchi nella guida del Gambero Rosso Ravagnan è stato folgorato sulla via di Napoli da una mozzarella di Agerola: dopo di che ha deciso che doveva fare solo pizza con lievito madre, farina macinata a pietra, mozzarella di Agerola e San Marzano.
In seguito è venuta la pasticceria, tanto sempre di lieviti stiamo parlando, portata avanti da Pina Toscani, compagna di Lello, giurista per formazione ma pasticciera di vocazione.
Sarà lei a darci la ricetta della brioche di Grigoris.
Per la brioche ci vuole una biga veloce e forte, spiega subito, perché deve “tirare” molti ingredienti difficili come le uova, il miele e il burro. Per fare la biga Pina Toscani usa 375 gr farina da panettone, 165 grammi di acqua a temperatura ambiente e 37,5 grammi di lievito di birra fresco sbriciolato.
Impasto veloce a mano che si lascia a riposare per due ore ancora granuloso e grezzo, e nel frattempo si preparano gli ingredienti già pesati.
Ingredienti per l’impasto
750 gr di farina Petra 1 o equivalente
600 grammi di farina Petra 5 o equivalente
150 grammi di farina da panettone
200 grammi di albumi
310 grammi di tuorli
240 grammi di zucchero di canna macinato fine (basta un frullatore casalingo)
54 grammi di Rum
2 cucchiai di pasta di candito d’arancia (o la buccia di 5 arance bio)
la buccia di 3 limoni bio
5 cucchiai di miele d’arancia
375 grammi di burro (meglio francese o danese)
24 grammi di sale
2 bacche di vaniglia
Si prende una planetaria (Pina usa un’impastatrice professionale a bracci tuffanti ma assicura che la planetaria va bene).
Si fanno andare a velocità bassa prima le uova e lo zucchero, dopo un paio di minuti viene aggiunta la biga e si lascia lavorare fino a che l’impasto non è ben incordato, poi si aggiunge il latte e si fa altrettanto.
Solo ora si aggiungono le farine aspettando che impasti bene.
E’ tempo di sciogliere il rum nel miele cercando se possibile di non leccare il cucchiaino.
Una volta che l’impasto è ben formato (non grumoso, liscio e opaco) si aggiunge il miele aromatizzato, in due volte, munendosi sempre di quella dose infinita di pazienza necessaria a far riprendere l’impasto.
In questo modo si ha tempo di far due chiacchiere sulla qualità del burro: quello prodotto in Italia, anche da fior di caseifici, è sempre un prodotto di risulta della lavorazione del formaggio, e di formaggio puzza pure un po’. Per questo in pasticceria si preferisce il burro straniero, spesso quello francese, fatto di panna.
Le marche più usate sono Debic e Corman. Appunto tutto diligentemente.
Per ultimo si aggiunge proprio il burro, in cui vanno incorporate la vaniglia e la scorza di limone e di arancia. Spiega Pina che tutti gli aromi a base grassa funzionano meglio se sciolti nel burro.
Nel burro si aggiunge anche il sale e lo si lavora a pomata, prima di metterlo nell’impasto, in due volte, e facendo molta attenzione perché il grasso è l’elemento che più facilmente spezza la maglia glutinica che abbiamo ottenuto con il sudore della fronte inox della benemerita planetaria.
A questo punto si ottiene un impasto liscio, profumato, leggermente giallognolo, perfettamente opaco e omogeneo che invita ad essere pizzicato e addentanto. Aspettate, c’è ancora da soffrire.
L’impasto va piegato una volta e poi fatto riposare mezz’ora a temperatura ambiente coperto da uno strofinaccio umido, a questo punto si passa in una teglia e lo si mette in frigorifero per almeno una notte (24 ore sarebbe l’ideale).
Una volta finito il riposino si può dividere l’impasto in panetti da 35 grammi ciascuno, che vanno lavorati formando una pallina ottenuta premendo l’impasto tra il mignolo e il pollice e girandolo su se stesso.
A questo punto si possono congelare e usare al bisogno, si conservano almeno per tre settimane o anche un mese.
Le palline si dispongono su una placca da forno munita di adeguata carta e si cuociono 7 minuti in forno ventilato a 180 gradi.
Calde sono un voluttuoso microcosmo che prima manda in sollucchero prima le cellule olfattive e poi le papille.
[Crediti | Link: Dissapore | Immagini: Marco Sartori]