“Salire uno alla volta”, l’ho letto stamane dal display della bilancia. Non è colpa mia, dannata mostruosità digitale, se abbiamo spento i fornelli l’altroieri, non è mica facile schivare il cibo natalizio di mia nonna, che impasta e frigge animali, vegetali e pure minerali.
Abbiamo esagerato tutti in queste due settimane di bagordi, anche in redazione mi invitano alla frugalità: per oggi una cosa leggera, che qui son tutti gonfi come delle zampogne.
Per fortuna di me si fidano.
Fly on my sweet angel
You are gonna rise [cit.]
La torta degli angeli, angel cake o più precisamente angel food cake, è un dolce leggerissimo e naturalmente privo di grassi, latte e derivati. Da non confondere con la chiffon cake, che i grassi ce li ha e pure i tuorli d’uovo, si prepara montando albumi e zucchero (molto zucchero), un pizzico di cremor tartaro e farina da biscotteria.
Alta e soffice, bianchissima dentro e dorata fuori, ha l’aspetto rustico delle torte americane nate nella seconda metà dell’800′, o almeno così pare.
Sarà per l’apporto calorico “contenuto” (i dolci dietetici NON esistono), gli albumi che avanzano sempre, il ciambellone bicolore che avrà stufato: come anticipato nella nostra disamina dei trend Google, quella dell’angel cake è la quarta ricetta più cercata del 2015.
Io ne ho sperimentate un po’ da quando mi hanno regalato l’anelatissimo stampo con i piedini:
Ebbene sì, la torta ha una teglia dedicata e una preparazione un po’ stramba: l’impasto va versato nello stampo non imburrato, il dolce in cottura deve saldarsi sul fondo per poi essere capovolto in fase di raffreddamento (così si stiracchia per bene e non si deforma) mentre i tre denti di metallo lo tengono sollevato dal piano d’appoggio e favoriscono la fuoriuscita dei vapori.
La tortiera si può sostituire con uno stampo da gugelhupf (il ciambellone alsaziano/austriaco/svizzero/tirolese) in silicone, uno di quelli tanto carini e cesellati, o con uno stampo da ciambella in alluminio dal fondo amovibile.
Tips and tricks
Si monta facile e si smonta peggio, come una scrivania Ikea.
Seguono semplici regolette per una “meringa” perfetta:
1 – Lavare accuratamente ciotole e fruste, gli albumi non vanno d’accordo con residui di grasso e tracce di tuorlo, che inibiscono la montatura.
2 – Utilizzare uova a temperatura ambiente. I più spigliati possono scaldare gli albumi a bagnomaria, portandoli ad una temperatura di 45°, per migliorarne le capacità schiumogene. Occhio a non superare i 58° o le proteine cominceranno a denaturare.
3 – Aggiungere acidi: come il tartrato acido di potassio (cremor tartaro, lo trovate in farmacia) o l’acido citrico (succo di limone), che stabilizzano la schiuma e la mantengono bianca.
4 – Zucchero: vietato ridurre la dose da incorporare agli albumi. Da una parte ritarda la formazione della schiuma, dall’altra aiuta a stabilizzarla e addensarla.
5 – Sale, basta con questa storia. Non ci va il sale nella montata di albumi, punto.
La pianto con i tecnicismi, siete venuti qui per la ricetta.
Ne ho testate diverse, e tutte troppo dolci per il mio palato. Ho anche scoperto che la ricetta del pettinatissimo pasticcere Luca Montersino è simile a quella di Stephanie George (Joy of baking), la blogger americana che ha una videoricetta per tutto, tranne per il buon gusto in fatto di arredamento.
Ebbene, riducendo un po’ di zucchero da entrambe sono riuscita ad ottenere una torta posata ed armoniosa, con una mollica areata, umida e soffice.
La ricetta perfetta
Ingredienti
360 g di albumi a temperatura ambiente
200 g di zucchero semolato
5 g di cremor tartaro
150 g di farina 160-180W (debole)
100 g di zucchero semolato (io ne metto 50)
10 g di amaretto (sostituibile con rum)
2 g di buccia di limone grattugiata (facoltativa)
2 g di sale
1 bacca di vaniglia
1 cucchiaio di succo di limone (facoltativo, io lo metto)
Variante al cacao: sostituite 25 g di farina con altrettanto cacao amaro (setacciatelo insieme ai 125 g di farina), no succo di limone.
Premessa: la dose è per uno stampo da 20-22 cm di diametro, io ne ho utilizzato uno più grande.
Per prima cosa preriscaldo il forno a 175°-180°, modalità statica.
Verso gli albumi nella ciotola della planetaria munita di frusta, aggiungo il cremor tartaro ed il succo di limone, avvio la macchina. Lascio montare per un paio di minuti, fin quando il miscuglio di uova e acidi non avrà ottenuto la consistenza schiumosa che vedete in foto. Stadio “soft peak”, come direbbero negli States.
Aggiungo la prima dose di zucchero semolato (200 g) in più riprese, aumento la velocità e attendo che la meringa da morbida e lucida diventi stabile, firm nella lingua autoctona.
Nel frattempo setaccio la farina più volte insieme alla seconda dose di zucchero (50 g) e aggiungo un pizzico di sale.
La meringa, vaporosa, bianchissima e ipnoticamente increspata dalla frusta è pronta. Faccio la consueta prova del becco, sta su che è una bellezza.
Aggiungo le polveri in due step, mescolando con garbo dal basso verso l’alto, per non sgonfiare il composto, la polpa della vaniglia ed una goccia di liquore.
Verso l’impasto nello stampo NON imburrato, mi raccomando, e liscio il tutto con una spatola (alcuni la affondano nel composto per eliminare eventuali bolle d’aria). Importante: la teglia va riempita fino a ¾ del volume.
Metto tutto in forno, 180° per almeno 30 minuti, faccio la prova stecchino per accertarmi che il dolce sia cotto. Capovolgo lo stampo e lo lascio lì, sul tavolo, fino a quando la torta non si sarà raffreddata completamente.
Faccio scorrere la lama del coltello tra la crosticina dorata del dolce e le pareti della teglia, sformo e capovolgo sul piatto da portata.
Lo zucchero “bucaneve”
Lo zucchero è infame e pure igroscopico, si scioglie e si infiltra ovunque.
Traducendo: non potete setacciare barili di normale zucchero a velo sulla angel cake, una torta piuttosto umida e già dolce per natura, e pretendere che rimanga lì per giorni, intonso.
Dovete spignattare e preparare una polverina speciale, adesso vi spiego come.
(A) Like a Pro
da una ricetta di Luca Montersino
250 g di zucchero a velo
10 g di burro anidro
5 g di burro di cacao
5 g di alcol puro 95°
1 bacca di vaniglia
(B) Versione furba
da una ricetta di Adriano Continisio, ambasciatore dell’arte bianca e infaticabile panificatore
100 g di zucchero semolato
15 g di cioccolato bianco tritato al coltello
3 g di amido di mais
vaniglia in polvere
La procedura è la stessa per entrambe le ricette, dovete soltanto afferrare un mixer, collegare la spina alla corrente e pigiare il tasto ON.
Gli sgamati della pasticceria, con il burro di cacao nella dispensa, seguiranno il metodo Montersino, mentre quelli che fanno la spesa comoda dal lattaio in fondo alla strada avranno bisogno di una tavoletta di cioccolato bianco (di buona qualità).
Tutti quanti verseranno nel mixer in movimento: A) lo zucchero a velo, il burro anidro fuso, il burro di cacao fuso, l’alcol e la vaniglia o B) lo zucchero semolato, il cioccolato bianco tritato, l’amido di mais, la vaniglia.
Risultato: uno zucchero finissimo ed “ingrassato” dal burro di cacao, praticamente impermeabile, inalterabile e immortale.
La nostra torta è bella che imbiancata, candida, fin troppo.
Dicono che soffiando via lo strato di zucchero siamo sulle 100 kcal circa a fettina, un cucchiaio di yogurt e un po’ di frutta fresca messa in cima non dovrebbero far danni.
Ma siccome in questa rubrica non c’è spazio per le diete e si gode solamente, al diavolo le tabelle e passatemi il cioccolato.
Un po’ di ganache strafottente e dei lamponi freschi. Lemon curd consigliabile, chantilly (quella vera) e ananas, apple butter e cannella, salsa all’arancia e zenzero, vado avanti?
Di detox manco a parlarne, bastano un po’ di buon senso e quattro passi. E poi esistono cose come il pilates, la milonga, la pole dance.
E pure una ginnastica che si fa in due, generalmente.
Insomma, cucinate, divertitevi e non rompete le scatole.
[Crediti | Link: The kitchn, What’s cooking America, Joy of baking, Alice, Profumo di lievito | Immagini: Rossella Neiadin]