Sono stato al primo DissaporeCamp, sabato 17 ottobre. Puntuale, alle 14, ero alla Fortezza da Basso di Firenze. Entrato nel padiglione Spadolini, ho subito trovato l’Arena Grande. All’ingresso c’era un tavolo pieno di spuntini. Ho lasciato il mio, un ciauscolo artigianale avvolto in un cartoccio per non ungermi. Sapete, io sono marchigiano. Quella era la cosiddetta: “Merenda 2.0“, su richiesta dei tipi di Dissapore tutti avevano portato un boccone da casa. Io ero lì per divertirmi, ricordare con i vecchi amici, conoscerne di nuovi. Volevo condividere l’entusiasmo per il cibo con i miei simili, come si dice. E ascoltare, parlare, cucinare.
Alle 14:15, un tizio mai visto prima anche se ne avevo sentito parlare, Massimo Bernardi, ha preso il microfono e ci ha salutati. Si è definito un piccolo editore indipendente. Poi, con l’aiuto dei suoi colleghi ha presentato Dissapore. Che secondo lui è una rivista sul mondo del cibo, “pensate al Gambero Rosso dei primi anni”, ha precisato, “potenziata dal coinvolgimento dei lettori, il candore, la frequenza di pubblicazione, l’ipertestualità del formato blog”. Ci ha parlato di Intravino e dei prossimi blog di questa casa editrice del futuro, online e specializzata in vino&cucina.
Dopo, intorno alle 15, è salito sul palco Stefano Bonilli, che è uno importante. Se non sbaglio proprio quello che si è inventato il Gambero Rosso. I tipi di Dissapore l’hanno intervistato, ma è stata un’intervista strana. Innanzitutto c’era questa bella ragazza con la telecamera che ha ripreso Bonilli tutto il tempo. Ci faranno un video per Dissapore, diceva qualcuno. Nel maxi-schermo alle spalle del palco si vedevano delle fotografie, non so, una Fiat 500 blu, la copertina del primo numero del Gambero Rosso, la prima guida dei vini e quella dei ristoranti. E a ogni fotografia, Bonilli ricordava. Non è stato noioso, perché il racconto era spensierato, un rosario di fatti e fattarelli che ci ha aiutato a capire 30 anni della nostra storia attraverso la tavola.
Ovviamente, sentendo parlare di gamberi portoghesi e di Arcigola Slow Food, del primo ristorante di Gualtiero Marchesi o di Ferran Adrià, noi gastrofanatici ci siamo gasati. Tutti intorno a me gesticolavano. Tutti volevano condividere un ricordo. E’ stato in quel momento che mi è sembrato di vedere in un angolo il vecchio “Gino” annuire soddisfatto, o forse era qualcuno che indossava la maschera di Veronelli.
Alle 16:30, quando Bonilli ha lasciato il palco, il DissaporeCamp si è trasformato in un happening trascinante. Insieme con altri 9 lettori, che come me si erano prenotati attraverso il blog, ho preparato i tortellini emiliani con la brigata dello chef Massimo Bottura. C’erano sua moglie, poi l’anziana razdora emiliana, che Bottura considera una maestra, infine il cuoco giapponese che è l’allievo prediletto. Come dire: passato, presente e futuro. Abbiamo tirato la sfoglia, farcito i tortellini con un ripieno che avrei divorato lì per lì. Dopo li abbiamo chiusi e cucinati per gli altri partecipanti alla festa che chiacchieravano tra loro guardandoci come marziani.
Il DissaporeCamp si è chiuso così. Mi sono divertito, e alla fine, tra saluti e pacche sulle spalle ci siamo ripromessi di farlo di nuovo. Presto. Un lettore di Dissapore.
Comunicazioni di servizio. La spericolata brigata che cucinerà i tortellini con lo staff di Massimo Bottura è sold-out. Dieci velocissimi lettori di Dissapore si sono già prenotati. Ludovica, Marco Farina, Serena, Barbara, Crician, Ivano, Nella Cerino, Gola Gioconda, Scripta, Gabbry. Nel caso qualcuno dovesse rinunciare ve lo faremo sapere.
Link utili per partecipare al DissaporeCamp 1) Come arrivare alla Fortezza da Basso di Firenze. 2) Il Padiglione Spadolini che ci ospita.
Precisazione: queste righe non sono state scritte sotto l’effetto di sostanze.