Dopo aver raccolto le cose che la giornalista Ilaria Bellantoni voleva dire ai lettori di Dissapore, abbiamo pensato di rivolgere qualche domanda al grande accusato del suo libro “Lo Chef è un Dio”, presumibilmente Carlo Cracco. Ecco cosa ci ha risposto.
Parlare al telefono con Carlo Cracco è una specie di impresa. Hai l’impressione che dall’altro capo del filo qualcuno cerchi di infilarti un foglio di carta vetrata nell’orecchio, però, conclusi i maschi convenevoli (“mi chiamate solo per le beghe”), Carlo “Testa di sugo” Cracco si ammorbidisce come cachemire.
Non ci giro intorno, la prima domanda che gli rivolgo è quella che si aspetta.
Dissapore: Sei tu il Vito Frolla protagonista del libro “Lo chef è un dio” della giornalista Ilaria Bellantoni?
Carlo Cracco: Guarda, il libro non l’ho nemmeno letto, e da quel che sento in giro posso assicurarti una cosa: non sono io il personaggio che la giornalista descrive.
D: Come sarebbe? Ma se lei dice di aver passato un mese nella tua cucina.
CC: Figurati, nemmeno la conosco. Per capirci qualcosa ho dato un’occhiata al libro in cui annoto la gente che lavora nella cucina del ristorante, e… non ho trovato nessuno che corrisponda a Ilaria Bellantoni
D: Mi stai dicendo che non è mai stata nella tua cucina, che non ha mai lavorato con te?
CC: Guarda, qui ogni anno passa tanta gente, ma se per caso lo ha fatto anche lei, deve essere stato per poche ore, al massimo una giornata. Ho controllato l’elenco degli ultimi due anni e non mi risulta. D’altra parte poteva tranquillamente fare nomi e cognomi, mi dicono che nel libro non si parli di reati punibili con la gogna.
D: Secondo te cos’è successo, allora?
CC: Me lo sono chiesto anch’io e l’unica risposta che riesco a darmi è questa: la signorina ha girato un po’ per ristoranti (ma neanche tanto), raccogliendo qua e là i “5 minuti trucidi” che capitano tutti i giorni in qualunque ristorante italiano. Poi non ha fatto altro che cucire il tutto, sceneggiandolo e scegliendo me come interprete. L’accostamento con il Gavroche dei Miserabili di Victor Hugo, le ha dato lo spunto per dire/non dire chi ero.
D: Ti sei chiesto perchè mai proprio Carlo Cracco?
CC: Mah, forse perchè a qualcuno risulto antipatico e sono meno difendibile di altri. Avesse usato come copertura non so, Massimo Bottura o Davide Scabin, sarebbe scattata la contraerea dei giornalisti.
D: Mi sfugge qualcosa. Se fosse come dici tu, perchè mettere in mezzo personaggi tipo Gualtiero Marchesi, che su di te nel libro non dice esattamente cose carine.
CC: Ma non è vero niente!
D: Cosa? Vuoi dire che Ilaria Bellantoni se le è inventate di sana pianta?
CC: Pensa che Marchesi (con una delicata forma di rispetto, Cracco chiama il suo maestro per cognome) mi ha chiamato appena saputo del libro e ha smentito o-g-n-i p-a-r-o-l-a a lui attribuita. Pare che la giornalista fosse a caccia di dichiarazioni piccanti, ma Marchesi non c’è cascato. Le frasi attribuite a Marchesi nel libro sono cose vecchie, che risalgono al ’93, e già allora erano state mal riportate dai giornalisti. Con Marchesi ho un ottimo rapporto e, d’altronde, resta sempre il mio maestro.
D: Vuoi aggiungere qualcosa su questa vicenda?
CC: Direi di no. Piuttosto, voi di Dissapore quando venite a cena da me? Dai, così ci conosciamo. Finalmente.
[Immagine: L’Espresso Food & Wine]