3 sessioni all’Osteria Francescana – 12:30, 15:30, 20:30 – per ripercorre la storia di Massimo Bottura, dal “Croccantino di foie gras” del 2001 all’inedito “Vacca che vacca”. In diretta dal ristorante di via Stella, Dissapore segue la festa dello chef modenese.
Ore 15:30 – Dopo le gioie del parcheggio, avanzo sotto la pioggia in direzione via Stella.
Ore 15:31 – Come farebbe ogni ristofanatico del mondo umano e disumano, entro trionfalmente all’Osteria Francescana.
Ore 15:33 – Dandini Arcangelo (ristorante L’Arcangelo di Roma) guida le legioni romane con piglio sicuro e mascella volitiva.
Ore: 16:03 – Un franciacorta Ca del Bosco in tavola per sciogliere il ghiaccio.
L’impressionante stereo valvolare di Massimo Bottura.
Ore 16:16 – Il primo piatto è una spugna al sapore di mitili: ricostruzione di uno scoglio (“Lo scoglio” è in carta all’Osteria Francescana dal 2008). Curiosa la consistenza.
Ore 16:20 – Paolo Marchi, giornalista e factotum dell’evento, è permanentemente al tavolo di degustazione. Massimo Bottura passa al tavolo e racconta velocemente l’architettura ardita del piatto. L’uovo maltrattato e sifonato per conferire spugnosita.
Ore 16:32 – Ecco “Riso grigio e nero” del 2007, egregia convivenza tra ostriche e caviale. Cottura profonda e calma, come mi piace. Salmastro e delicato.
Ore 16:47 – Omaggio a Monk. Parrebbe solo merluzzo ma è il merluzzo del monte olimpo. Sublime. Nero, bianco, nero. Delizia salina e dolce.
Ore 16:56 – A suon di capolavori. La vibrante “Compressione di pasta e fagioli” è un blend di emilianità con un difetto: ne vorresti un mastello.
Ore 17:07 – Lo chef passa elettrizzato. Smania per condividere le sue invenzioni con i tavoli. Qualche notizia sulle tecniche e via.
Ore 17: 14 – Ritorna lo chef e aggiusta la spettacolare “Vacca che vacca”, una delle primizie in programma. E’ un velo di manzo Kobe insaporito da olii e ssenziali e salsa in stile giapponese. Esotismo modenese.
Ore 17:32 – Dal pianeta urano precipita sul tavolo il Magnum di fuagra e cuore di aceto balsamico, e si finiscono gli aggettivi (per fortuna, dite voi, eh). Stringo la mano a Marchi, Paolo, e non la laverò mai più.
Ore 17:39 – Al mio tavolo due compagni di viaggio conosciuti oggi: entusiasti, dicono, di almeno 4 piatti su 6. Miglioratissimo, secondo loro.
Ore 17:43 – Voglio parlare ancora del “Magnum”. Per dire che non ho parole.
Ore 17:52 – Appena finito di parlare con Massimo Bottura della Patata che spera di essere tartufo. Per superare la soglia tra dolce e salato. Un viaggio di confine.
Ore 18:08 – Arriva il sorbetto, invece sono tortellini. E’ la sorpresa dello chef: veri tortellini di Modena con fonduta di parmigiano millemesi.
Ore 18:25 – Okay, il voto. Diciamo: [9.7] Siamo ai vertici dell’arte culinaria umana (e anche disumana).
Ore 18:40 – Esce Massimo Bottura e chiede: “Chi vuole la piadina?”. Tutti dicono: “Tutti!” E lo chef: “Col ca**o”. Risate di cuore. Bello, adesso Bottura condivide l’ovazione con i suoi assistenti del sol levante.
Ore 19:30 – Si spengono le luci, gli amici se ne vanno, tra l’altro la piadina è arrivata per davvero. E’ stato bello, ciao chef.