La notizia è di quelle che ti arrivano come una pugnalata. “La storica pasticceria napoletana Scaturchio chiude per debiti”.
Il nome Scaturchio evoca la storia gastronomica di Napoli, insieme ad altri prestigiosi nomi, come la pasticceria Caflisch, fondata nel 1827, o ancora Pintauro, regina incontrastata della sfogliatella napoletana. Sono antiche attività commerciali profondamente radicate nella cultura partenopea, che hanno servito papi, re d’Italia, e grandi del G7. Intorno a questi nomi sono stati coniati dei modi di dire, a Napoli, se entri in un luogo affollato, capita spesso di sentire qualcuno che dice “Tiene folla Pintauro!”.
Ma è anche una notizia che lascia interdetti. Napoletani o non, vi sarà capitato di passare per piazza San Domenico Maggiore, in pieno centro storico, e vedere la bottega di Scaturchio traboccante di gente. O di doversi accodare all’eterno capannello di persone in fila per prenotare il caffè o la sfogliatella del mattino. Allora mi domando, come può chiudere per debiti un’attività del genere?
Una domanda che trova conforto proprio nell’analisi fatta dal curatore, Pasquale Prisco: “I miei conti indicano un residuo attivo annuale pari a 150 mila euro”. Eppure ci sono debiti per nove milioni di euro.
C’è poi da aggiungere, che l’attività della pasticceria non era limitata alla sola vendita al banco. Da anni forniva i suoi prodotti, soprattutto i famosi “ministeriali” al cioccolato – marchio brevettato – ai vari ministeri romani e addirittura al Vaticano.
La notizia coincide con la morte, avvenuta qualche giorno fa, della novantaduenne Ivanka Scaturchio, che ha portato avanti per tanti anni la pasticceria fondata nel 1905.
I gastrofanatici, quelli napoletani in particolare, si augurano che l’asta prevista per il prossimo 7 maggio, si parte da un milione di euro, porti buone notizie, cioé che la pasticceria, inclusa anche nel primo Dissapore Day, finisca in buone mani.
[Fonti: Corriere del Mezzogiorno, immagine: Flickr/Improbabile]