Se uno pensa al rock classico, agli anni Settanta, l’immaginario non potrebbe essere più alcolico. Whisky, la vodka che ci portò via John Bonham, il batterista dei Led Zeppelin, birra per i più caciaroni e vino per i bohèmien. Tra gli hipster di oggi, magri, vestiti vintage, la barba e i capelli eccentrici, gente per cui l’ossessione musicale è spesso accompagnata da quella per il cibo bio, sembra che nulla faccia più tendenza del caffè.
Ma non quello di Starbucks, sarete mica rimasti al 2006? In quell’anno uno dei dischi migliori della stagione – The Crane Wife dei Decemberists – uscì con due bonus tracks esclusivamente per i clienti della catena, che raggiunse in quel momento il suo zenit di coolness. La verità è che a Williamsburg, a Wicker Park e in tutti gli altri posti più fighi di quelli dove potremmo mai abitare la gente vuole il caffè biologico, possibilmente in grani.
Ha iniziato David Lynch, del resto il nostro amato regista ha sempre annoverato il caffè tra le sue ossessioni. Tre sono i suoi prodotti, commercializzati tramite Java Distribution e tutti rigorosamente biologici: un monorigine acquistato da una cooperativa posta sulle sperdute Sierra Madres di Oaxaca, Messico, la “signature cup”, perfetta per il caffelatte e costituita da un mix di caffè centroamericani e indonesiani, e un decaffeinato con tostatura in stile francese. Per chi non potesse proprio farne a meno, è possibile ordinarli dal Regno Unito.
Appena prima di Natale è stata la volta di uno dei miei cantautori preferiti in assoluto, Bonnie ‘Prince’ Billy, che vende un blend hawaiano, certificato –manco a dirlo– biologico, direttamente sul sito della Drag City, la sua etichetta discografica. Viene suggerito l’abbinamento con il suo ultimo album, Wolfroy Goes to Town, obiettivamente un discone, oppure con dei meloni freschi. Se i dischi non vendono più e la gente spende solo per il cibo dovranno inventarsi qualcosa pure le etichette, non trovate?
A sigillare il caffè di un certo livello come qualcosa di ubercool al di là di ogni ragionevole dubbio ci ha pensato lui, James Murphy: terminata la gloriosa parabola degli LCD Soundsystem, che, concedetemi l’inciso, con All My Friends —sono d’accordo con Pitchfork— ci hanno regalato la più bella canzone dello scorso decennio, ha annunciato di volersi lanciare anche lui nel business del caffè. Più hip di lui c’è solo la sua fidanzata, che gli ha regalato per il compleanno un corso con il non meglio identificato campione del mondo dell’espresso, che pare si trovi a Londra.
Avete capito, ragazze? Questi sì che sono regali al passo con i tempi! Tutto questo mentre aspettiamo salivando Shut Up and Play the Hits, il documentario che ha furoreggiato all’ultimo Sundance sul concerto di addio degli LCD Soundsystem, l’evento generazionale dello scorso aprile.
E noi italiani, popolo di santi, navigatori, pizzaioli e torrefattori? Non vorremo mica perdere il nostro vantaggio! Tiziano Ferro, tu che forse ci leggi e sei certamente un po’ gastrofanatico, prendi la palla al balzo e seleziona il tuo blend, prima che lo facciano Dente, Vasco Brondi o Colapesce.
[Crediti | Link: Davyd Lynch Coffe, Drag City, Pitchfork, immagine: Prefix Mag]