Dei politici italiani che partecipano ai talk-show sappiamo tutto, perfino le preferenze in fatto di cibo. La pasta alla Norma (con un pizzico di zucchero) per Ignazio La Russa. I tortellini di nonna Elda per Pier Ferdinando Casini. La marmellata della crostata—niente pasta frolla, fa ingrassare—per il premier. E via sgofanando fino alla mozzarella di Mastella. Un amore non disinteressato, narra la leggenda. A chi chiede se i politici italiani si occupano di cibo anche fuori dalla terza camera del Parlamento (leggi: Porta a Porta), rispondiamo di sì. Senza risparmio. Assolutamente degne di nota le papille gustative del presidente del Senato Renato Schifani. Che malgrado le polemiche sui costi della politica, tra le spese del suo dicastero ne ha inclusa una assolutamente in-dis-pen-sa-bi-le.
“Un costoso corso di perfezionamento fatto seguire presso la scuola culinaria del Gambero Rosso ai 9 (nove) cuochi interni. Così che possano poi scodellare sui prestigiosi deschi quei piatti griffati che, con innata modestia, vengono definiti «divine creazioni»: bauletti con ricotta e pistacchi con bottarga di tonno e sedano, intrighi con stracotto d’oca e burro al ginepro, quadrelli di cacao con scorzette d’arancia ai due ori”
Affinché il ministro Scajola non accusi pure Dissapore di mancanza del contraddittorio, ricordiamo un altro simil-gastrofanatico: Antonio Bassolino. Lui sì che ci crede nella specializzazione. Per esempio, tra i consulenti ben pagati dell’ente che guida, la Regione Campania, ha voluto un esperto di olio di oliva e un assaggiatore di formaggi e miele.
Sempre snobbati noi i corsi di cucina, chissà perché. Ma il momento di rimediare è arrivato. Chiederemo lumi all’amico Roberto Granatiero.