Ieri, il Corriere della Sera parlava di Frank Bruni.
1 – «In agosto, dopo 5 anni al New York Times, il critico culinario più potente d’America, Frank Bruni, lascia perché l’imminente pubblicazione della sua autobiografia lo renderebbe riconoscibile dai ristoratori».
44enne, italo-americano, apertamente gay, scrittore squisito, lo avevano chiamato al food-desk più desiderato del mondo da Roma, dov’era corrispondente. Tutto fuorché una scelta ovvia, gli mancava una cultura gastronomica formale, non era un Raspelli per capirci, nemmeno un Vizzari. Si dice che ai fini della chiamata fu decisivo un articolo del 2004 sull’Università di Scienze Gastronomiche a Pollenzo. Chi temeva che avrebbe compromesso i leggendari standard del New York Times si è dovuto ricredere.
2 – «La caccia al successore è ufficialmente iniziata. «Sono sommersa dai curriculum vitae – si lamenta Trish Hall, responsabile della sezione Dining Out del Times».
Fare il critico dei ristoranti per il giornale che assegna al ruolo un budget astronomico, specie se rapportato alle ristrettezze italiane, è considerato il lavoro più bello del mondo, evidentemente. Anche se qualcuno comincia a dire che è più difficile essere Bonilli che un premio Pulitzer.
3 – «Molti si domandano se, nell’era di Internet il suo successore conterà ancora. Chiunque sia, dovrà fare i conti con una proliferazione non stop di seguitissimi blog».
Piccolo il mondo, molti se lo domandano anche in Italia. E ieri, nel commento del direttore guide dell’Espresso, Enzo Vizzari, sulla capacità di distinguere tra la giornata storta e i veri strafalcioni di sintassi culinaria dei cuochi, qualcuno ha notato un filo di insofferenza verso i blog.
4 – «Mentre i blogger accettano pasti e regali dai ristoratori, i nostri esperti sono anonimi e a prova di corruzione. Se osano accettare un dono o un invito qualsiasi, vengono licenziati».
Non è del tutto vero, tra i ristoratori di New York qualche foto segnaletica di Frank Bruni circola. Ma nonostante il Times non ami i blog, nessuno si permette di discutere il suo rigido codice etico. Notava ieri il giornalista Paolo Massobrio: “Già, proprio come in Italia, dove i curatori delle guide sono reduci da una bella festa sulla Costiera, tutti insieme appassionatamente (e poteva mancare l’incorruttibile Michelin?)”. Ogni riferimento agli ospiti della Festa di Vico, organizzata dal cuoco del ristorante Torre del Saracino, Gennaro Esposito, compresi gli ispettori della Guida Michelin che si piccano di non essere riconoscibili dai ristoratori, non è puramente casuale.