Dice la Bibisì che secondo certi ricercatori americani il cioccolato non cura, anzi, può favorire gli sbalzi di umore e i sintomi depressivi. Questo perché, tra i mille adulti sani presi a campione, chi ha mangiato più cioccolato (due etti di tavolette in un mese) ha fatto registrare tassi di depressione più elevati: causa o effetto? La risposta ufficiale è che, per capire se esiste una relazione tra il cioccolato e il nostro umore servono altre ricerche.
Quando sciavo e addomesticavo le piste cantando Sciòn Sciòn o Strangers in the night, non poteva mancare nella tasca della giacca a vento un quadratone di Ritter Sport, carrarmato di cioccolato declinato in diversi gusti, più o meno uno per ogni giorno della settimana. Per le giornate difficili il propellente era cioccolato bianco con nocciole e uvetta. Sembra non lo facciano più, d’altra parte, al tempo, non c’era nemmeno l’antidoping.
Il cioccolato era buono anche allora, anche se faceva venire i brufoli, ma i bigliettini sdolcinati e retorici non erano mai abbastanza, come i Baci del resto.
Nulla si sapeva dei cru di cacao del Sud America, nulla della Chocolat Valley toscana e tantomeno che quella bontà potesse avere un qualche ruolo salutistico, sia perché del colesterolo ce ne fregavamo sia perché se parlavi di catechine e antiossidanti, qualcuno, se proprio ti prendeva a benvolere, ti mandava da un bravo ferramenta.
Il cioccolato racconta di noi.
C’è la figura dell’appassionato (come si chiamano gli amanti del cioccolato? Cioccofanatici?), un tipo compulsivo che ucciderebbe il maitre chocolatier della Lindt pur di carezzare con la frusta dorata una scioglievole conca di cioccolato: se avvertite un brivido alla vista del riempimento di un Lindor comincerei a preoccuparmi.
C’é poi l’esotico sensualone, che sogna le labbra scarlatte di Juliette Binoche mentre prepara una ganache al peperoncino o che s’attizza di invidia al pensiero della mano zingara inanellata di Johnny Depp mentre porta alla bocca una pralina ripiena: lui o lei, lei o lui non importa, il cioccolato si fa un baffo, anzi uno sbaffo, dei sessi. E’ sesso, esso stesso, spesso.
Infine c’è l’esperto (come si chiamano gli esperti di cioccolato? Cioccolatisti?) che tra snap e scrocchi, cru a zompo dal Madagascar all’Ecuador, farebbe impallidire Michele e il suo puro malto biondo. Anche perché, sia detto con rispetto, il whisky al contrario di una profumata tavoletta di criollo, non appare tra le tre cose fondamentali della vita.
Il cioccolato è trasgressivo e seducente, allegro e infantile, colto e solidale, ricco e salutare. Tanta roba: sarà l’effetto delle endorfine?
No, sembra proprio di no: adesso abbiamo scoperto che la cioccolata fa male. Deprime.
Fine di un mito? Voi cosa ne pensate? In quale figura vi riconoscete? A proposito di figure: dalle mie parti per sottolineare finemente un passaggio a vuoto, un tratto di ingenuità fantozziana, si dice fare una figura da cioccolataio: appunto. Sapete per caso come si dice in inglese?
[fonti: Newsfood, immagine: Flickr/David G-H]