Vi ricordate Luca Digesù, il piccolo fornaio di Altamura, in Puglia, che nel 2005 costrinse alla chiusura per mancanza di clienti il grande McDonald’s del posto? Una notizia che ha fatto il giro del mondo, catalogata dai giornali come una specie di remake della sfida tra Davide e Golia. Sedetevi e respirate prima di continuare. Golia rimane lo stesso, ma ora abbiamo un altro Davide. Graziano Scaglia, allevatore piemontese di 39 anni, ha appena aperto con il socio Francesco Bianco una “agrihamburgheria” a Rivoli, in provincia di Torino. Se le scarpe sono grosse non sappiamo, di sicuro il cervello è fino. Scaglia precisa che il suo negozio è uno Slow Fastfood, e soprattutto, lo chiama “Mac Bün“, che in vernacolo vuol dire “Solo buono”. Sì, lo sappiamo, non si scriverebbe così, ma la tentazione è forte se il cervello è fino e hai a che fare con gli hamburger. C’è solo un problema, “Mac” suona molto simile al “Mc” che precede Donald’s.
Detto, fatto.
Appena il tempo di registrare il nuovo marchio alla Camera di Commercio di Rivoli, e i due soci ricevono una raccomandata dello studio Sib Legal. L’avvocato Giovanni Antonio Grippiotti, legale rappresentante di McDonald’s in Italia, chiede che il marchio “Mac Bün Slow FastFood” venga immediatamente ritirato. Poche storie, contiene il prefisso “Mac/Mc” quindi per l’avvocato è senza dubbio sinonimo di McDonald’s.
Un momento. In Piemonte, il boccone che ti fa esclamare “mac bün” è quello buono e genuino. E l’esclusiva sull’uso del dialetto ancora non l’ha comprata nessuno. Nemmeno Golia/McDonald’s, che sì, spaventa Davide/Mac Bun, ma non più di tanto. In altre parole, l’avvocato di Scaglia risponde che il marchio non sarà ritirato ma per ora, lo slow fastfood di Rivoli si chiamerà “M** Bün” con gli asterischi. Chiamiamola autocensura preventiva.
Se vi chiedete come stanno andando le cose all’agrihamburgheria di Rivoli, la risposta è benone. Sei persone sfornano 200/300 hamburger al giorno, vanno forte il Chiel, con la fetta di toma fusa sopra, il Gaute mac da suta, con cipolla e pancetta, e il Mac al verd (nome da applauso), con la rucola. Costano 4,5 euro e sono fatti con 160 grammi di ottima carne di vacca Piemontese proveniente dai 50 ettari di allevamento che la famiglia Scaglia possiede a Bruere, frazione di Rivoli. Glorioso esempio di filiera corta. Si accompagnano con vino piemontese (Erbaluce di Caluso e ottimi rossi del Monferrato a 2,5 euro al bicchiere), birra artigianale Soravà che arriva da Vaie, lì vicino, patate piemontesi e pane artigianale sfornato a Alpignano.
Cosa ne pensate di questa storia? Voglio dire, credete che il cibo tradizionale possa trionfare contro la produzione di massa? Local batte global? Davide nella forma di un ghiotto hamburger contro Golia, l’espansionista americano? O è la solita furbata all’italiana?
Immagini: Club Papillon, La Stampa.